PREFAZIONE

Karl Marx

Karl Marx


La teoria economica classica si chiama anche teoria del valore-lavoro in quanto considera il lavoro come la sola essenza del valore economico. Più precisamente,
Karl Marx, anche se molti per altre ragioni non lo collocano fra gli economisti classici, considera il valore come una quantità di lavoro incorporato, o cristallizzato nelle merci corrispondentemente prodotte.
Secondo questa formulazione, se una merce viene prodotta a partire dalle risorse liberamente disponibili in natura il suo valore oggettivo è pari alla quantità di tempo di lavoro impiegato a produrla e si scambia con le merci che mediamente contengono la stessa quantità di lavoro incorporato. Se una merce invece viene prodotta utilizzando altre merci, o mezzi di produzione, il suo valore deve essere calcolato come somma della quantità di tempo di lavoro vivo, o nuovo, che direttamente la produce, più il valore trasferito dai mezzi di produzione usati e consumati, ossia la quantità di lavoro precedentemente impiegato per produrre quei mezzi di produzione, che, a sua volta, è considerato lavoro indiretto, o lavoro morto.

Da quanto detto deriva immediatamente che il tempo di lavoro applicato nel sistema durante il periodo considerato coincide col valore del prodotto netto (composto per lo più da beni di consumo).

Il lavoro incorporato nel prodotto netto è il totale del lavoro nuovo erogato. Infatti: lavoro incorporato (diretto e indiretto) nel prodotto = lavoro incorporato nei mezzi di produzione + lavoro nuovo. Inoltre: lavoro incorporato nel prodotto = lavoro incorporato nei mezzi di produzione + lavoro incorporato nel prodotto netto. Quindi: lavoro nuovo = lavoro incorporato nel prodotto netto. (Marco Lippi Problemi del socialismo n.21-22 1974 p. 348 Marsilio)

Il totale del lavoro vivo (somma dei lavoratori-anno) è uguale al prodotto netto del sistema; o, in altri termini, il valore delle merci costituenti il prodotto netto non è altro che il tempo totale di lavoro diretto impiegato nel sistema stesso. (G. Somogyi Problemi del socialismo n.1 1976 p. 154 Marsilio)

L'identità fra il valore del prodotto netto e la totalità del lavoro applicato è in accordo con la conzione di econmia come l'insieme delle relazioni che hanno come scopo la soddisfazione dei bisogni e la realizzazione del benessere (vedi: La Grande Mistificazione). I mezzi di produzione cioè non sono usati per il piacere che si prova usandoli (il lavoro è fatica), ma solamente come momento intermedio dell'intero processo produttivo; come mezzi il cui scopo è quello di rendere in seguito disponibili i beni di consumo, il cui uso e consumo è appunto il fine di tutta l'attività economica, di tutto il lavoro.
Il valore del prodotto netto allora si chiama anche valore aggiunto, e coincide con la grandezza del reddito. Dice Vianello:

Il sistema economico dispone all'inizio dell'anno di un certo aggregato di mezzi di produzione. Alla fine dell'anno vi è un identico aggregato di mezzi di produzione più un nuovo aggregato di merci, il prodotto netto. Ciò che è intervenuto fra le due situazioni è l'applicazione del lavoro, cui è possibile riferire l'aumento della disponibilità di merci, vale a dire la produzione delle merci che compongono il prodotto netto. La parte della produzione complessiva che è necessaria per reintegrare la dotazione iniziale di mezzi di produzione né fa parte del prodotto netto, e cioè del reddito corrente del sistema, né è riferibile al lavoro correntemente impiegato. (Ferdinando Vianello Valore, Prezzi e Distribuzione del Reddito Ateneo p. 2)


Se si suppone che i beni di consumo, o i redditi, siano distribuiti solo in proporzione al tempo di lavoro prestato, senza profitto sul capitale impiegato, in una distribuzione di tipo socialista, ogni lavoratore riceve una quantità di merci il cui valore è pari alla quantità di lavoro che egli eroga, e il prezzo delle merci coincide esattamente alla quantità di lavoro in esse "oggettivamente" incorporato (come in un sistema nel quale non esistono mezzi di produzione), e questa impostazione pare impeccabile.
Ma nella reale distribuzione di tipo capitalista i prezzi devono essere diversi dal loro valore "oggettivo", in modo tale da assicurare l'equilibrio degli scambi, ossia non solo un salario proporzionale al lavoro impiegato, ma anche un profitto proporzionale al capitale investito, e sul piano formale sorge quello che è conosciuto come il problema della trasformazione dai valori ai prezzi di mercato, ossia l'incapacita' di definire la relazione esistente fra i prezzi e le quantita' di lavoro applicate.
Marx giustamente, come si vedra', attribuisce tale differenza alla redistribuzione fra le imprese del plus-valore complessivo del sistema, ma il problema resta in quanto la variazione dei prezzi è tale per cui anche il prezzo della totalità delle merci cambia, diventando ingiustificatamente inferiore o superiore alla quantità di lavoro vivo più il lavoro oggettivamente cristallizzato nei mezzi di produzione usati, che sono dati della produzione indipendenti dalla possibile susseguente distribuzione.
Per questo motivo, nonostante l'enorme importanza dell'economia per le sorti del pianeta, la teoria del valore-lavoro rimane solamente una fra le varie teorie esistenti; la natura del valore rimane un mistero, una questione di opinione, e il valore reale, assoluto, delle unità monetarie non può essere calcolato. 

Chi vuole saperne di più sullo stato attuale della teoria del valore-lavoro può visitare  l'archivio di

OPE-L Online (or Outline) Political Economy List

oppure:

IWGTV International working group on theory of value

Le Contraddizioni dell'impostazione di Marx

Lavoro, merce e prezzo, pur essendo entità inseparabilmente unite, sono e rimangono distinte, per cui operazioni di somma e sottrazione fra esse sono inammissibili. Infatti il lavoro non si incorpora nelle merci, e nessun trasferimento di lavoro morto dai mezzi di produzione consumati alle merci prodotte può avere luogo. Fra lavoro, merce e prezzo, solo il prezzo, la cui grandezza è in ultimo determinata dalla distribuzione - di qualunque tipo essa sia - e non dalla produzione, deve essere considerato il valore economico oggettivo delle merci.

Nella ininterrotta catena delle trasformazioni, mezzi di produzione e beni di consumo sono diversamente ma comunque necessari alla produzione e riproduzione di entrambi. Non è vero quindi che all'"inizio" dell'anno vi siano solo mezzi di produzione e alla "fine" un identico aggregato di mezzi di produzione più il prodotto netto. Se consideriamo un periodo di tempo di lunghezza qualsiasi, vediamo che all'inizio vi sono mezzi di produzione e beni di consumo, e alla fine vi sono ancora mezzi di produzione e beni di consumo, ma entrambi nuovi, altri da quelli consumati. Se ciò che sostengono i classici fosse vero, quindi, in ogni periodo si avrebbe costantemente una quantità di lavoro incorporato nelle merci complessivamente consumate superiore alla quantità di tempo di lavoro impiegato a produrle.
La distinzione fra mezzi di produzione e beni di consumo è una distinzione di tipo funzionale, ossia qualitativo, che non ha nulla a che fare con la determinazione del significato di valore economico, per la quale le merci sono semplicemente tutti gli oggetti che hanno un prezzo. Benché sia essenzialmente vero che il lavoro non è l'attività diretta al godimento della vita, infatti, è tuttavia possibile provare piacere lavorando e usando i mezzi di produzione e non ottenere nulla di positivo o di piacevole usando merci acquistate col reddito: dipende dal lavoro che si fa e da ciò che si acquista col reddito, dai gusti personali, e da altre considerazioni ancora.

In realtà, lo scambio di merci non è che l'aspetto materiale dello scambio di lavoro, per cui il valore indicato dalla somma del prezzo di tutte le merci e servizi venduti in un qualsiasi determinato periodo all'interno di un sistema economico, comunque possano essere distinte, raggruppate e distribuite, il prezzo del prodotto lordo, è sempre e soltanto la rappresentazione quantitativa della totalità di tempo di lavoro che le produce, del lavoro di ognuno per gli altri, e ciò determina il valore assoluto delle unità monetarie usate per gli scambi come il comando su precise quantità di lavoro sociale:
il prezzo delle merci esprime sempre ed immediatamente una precisa frazione del lavoro totale del sistema economico, di esistenza umana quantificata, di esistenza umana rivolta alla produzione di merci.
Per questa sua natura il denaro può essere usato come mezzo universale di scambio, con lo stesso significato e implicazioni per tutti, indipendentemente dalle varie distinzioni particolari fra i singoli. In tal modo esso rappresenta, e il suo uso mantiene in modo meccanico e materiale, oggettivo ed esterno, l'unità sociale di tutti coloro che usano la stessa unità monetaria, indipendentemente dalla consapevolezza interiore di tale unità e dalla conoscenza della stessa natura del valore economico.

Le pagine che seguono riguardano la definizione degli aggregati e delle categorie economiche e delle relazioni formali fra esse utilizzando l'impostazione adottata da Sraffa in Produzione di Merci a Mezzo di Merci, astraendo da qualsiasi considerazione di tipo qualitativo riguardante la relazione fra economia e benessere.