Inflazione

Bambini che giocano con mazzi di
banconote durante il periodo di iperinflazione
in Germania, 1923. (Photo: Hulton Deutsch)





LA GRANDE MISTIFICAZIONE




Indice
Concezione Corrente di Economia
Economia e Valore Economico
Armonia e Benessere
Paleolitico
Negatività Assoluta della Quantificazione dell'Esistenza
Disordine
Rottura dell’Equilibrio. Avvento dell’Agricoltura
Transizione Neolitica
Fase Mercantile
Fase Industriale
Fine dell'Era Quantitativa
Il Mutamento





La Grande Mistificazione




Concezione Corrente di Economia


La cultura dominante (ogni cultura in cui esiste l'economia), ossia tutti quanti: gli economisti di destra e di sinistra, gli antropologi, gli ecologisti, i sociologi, i mistici, ecc., per quanto in disaccordo su miriadi di cose, sono paradossalmente concordi nell'usare la parola economia per indicare l'insieme delle relazioni indirizzate alla soddisfazione dei bisogni e alla realizzazione del benessere.


Marina Bianchi

Marina Bianchi
Fin dai primi economisti, il problema della soddisfazione dei bisogni e la ricerca dei mezzi adatti a renderla il più grande possibile ha sempre rappresentato il fine e la destinazione dell'economia: soddisfazione, utilità, benessere, rappresentano costantemente l'oggetto e lo scopo della scienza economica.

Adam Smith

Alfred Marshall



Adam Smith

Alfred Marshall

Per Smith, infatti, l'economia è lo studio della natura e delle cause della ricchezza delle nazioni; e per ricchezza devono intendersi tutte le cose necessarie e comode alla vita, le cose utili che rendono piacevole e soddisfacente l'esistenza.
L'economia, dice Marshall, è lo studio dell'uomo negli affari ordinari della vita: quelli destinati al conseguimento e all'uso del benessere materiale; e poiché occuparsi del proprio benessere materiale e della propria esistenza fisica è per l'uomo uno dei bisogni più urgenti, l'economia è uno dei più grandi moventi dell'azione umana. Tra queste due definizioni di economia corre più di un secolo di distanza (Smith, come è noto, pubblica la sua La ricchezza delle nazioni nel 1776, Marshall i suoi Principi di economia nel 1890) eppure per entrambe la scienza economica ha come fine naturale e indiscusso lo studio della ricchezza, dell'utilità, delle cose necessarie alla soddisfazione dei bisogni. Già molto prima di Smith, con Boisguillebert e Cantillon, la ricchezza è il godimento di tutto ciò che può dare soddisfazione (plaisir); essa non rappresenta altro che gli agi e i piaceri (les commodités et les agréments) della vita. Generare e sviluppare la ricchezza - il godimento, il piacere - è lo scopo dell'economia. (M. Bianchi I Bisogni e la Teoria Economica pp. 9-10)
Questa concezione è condivisa dai marxisti, che pure sono contro il capitalismo, e dai polanyiani, che condannano l'economia di mercato.


Paul M. Sweezy

Paul M. Sweezy

Paul Sweezy si esprime nei seguenti termini: 
La materia di studi dell'economia è tratta dal campo della produzione e della distribuzione dei beni e dei servizi di cui gli individui hanno bisogno e desiderio. Ciò, si dirà, è a tal punto ovvio da esser banale. Così è infatti. Ma è bene ricordare che le cose più ovvie sono spesso le più importanti. Coloro che trascurano l'ovvio lo fanno a loro proprio rischio. La moderna scienza economica offre al riguardo un caso interessante. (P. Sweezy La Teoria dello Sviluppo Capitalistico Boringhieri p. 3)


Karl Polanyi

Karl Polanyi


Similmente, Karl Polanyi parla di:
… economia umana in quanto processo istituzionalizzato di interazione che ha la funzione di provvedere ai mezzi materiali della società. (K. Polanyi La Sussistenza dell'Uomo Einaudi p. 60)

Il significato sostanziale di economia rinvia al fatto elementare che gli esseri umani, come tutti gli altri esseri viventi, non possono mantenersi in vita senza un ambiente materiale che li sostenga... Esso deriva, in breve, dal fatto che l'uomo dipende palesemente per la sua sussistenza dalla natura e dai suoi simili. Egli sopravvive in virtù di un'interazione istituzionalizzata fra sé stesso e il suo ambiente naturale. Quel processo costituisce l'economia, che gli fornisce i mezzi per soddisfare i bisogni materiali. Studiare la sussistenza umana significa studiare l'economia in questo senso sostanziale del termine, ed è in questo senso che 'economico' è impiegato in tutta quest'opera.
(K. Polanyi La Sussistenza dell'Uomo Einaudi p. 43)
Gli antropologi pure si riferiscono all'economia con questo significato; lo si vede, per esempio, dal titolo stesso del libro di Marshall Sahlins': Stone-Age Economics.

Ma l’intrinseca inconsistenza di questa concezione appare evidente considerando che gli esseri umani tendono sempre a soddisfare i bisogni e i desideri, con le relazioni economiche e con quelle non economiche, comunque si debbano distinguere. Se fosse corretta, bisognerebbe anche dire che le relazioni non economiche, ammettendo che esistano e siano diverse da quelle economiche, non sono finalizzate alla realizzazione del benessere.  Lo scopo di ognuno è vivere la vita nel modo migliore di cui è capace, di soddisfare i bisogni materiali fondamentali innanzitutto, e realizzare i propri ideali, ciò a cui, secondo i gusti e le convinzioni personali, attribuisce gli aspetti positivi dell'esistenza. Data la realtà, con ogni atto e in ogni relazione con la natura e gli altri, nessuno può fare a meno di cercare di soddisfare i bisogni e realizzare i desideri, perciò questo fine non può essere utilizzato come criterio per distinguere le relazioni economiche da quelle economiche.

Economia e benessere appartengono infatti a piani concettuali diversi, per cui, per capire la natura della relazione fra essi, bisogna innanzitutto individuare, da una parte, il criterio che permette di distinguere le relazioni economiche da quelle non economiche e, dall'altra, quello che permette di distinguere il benessere dal malessere. Imponendo una relazione di immediata implicazione reciproca fra i due termini gli economisti riescono a non definire nulla: né il campo dell'economia, né il significato di benessere. Non ci si può stupire se l'economia è chiamata dismay science.


Economia e Valore Economico


Il campo dell'economia si definisce sul piano quantitativo, essendo formato dall'insieme di quelle relazioni nelle quali la quantità assume la posizione primaria rispetto la qualità. Ciò che distingue le merci dagli oggetti comuni, infatti, è che, indipendentemente dalla funzione o utilità, e quindi dal benessere o malessere che il loro uso comporta, hanno un prezzo, o ragione di scambio, risultato di un rapporto di contrattazione, che indica l'esatto rapporto quantitativo fra esse. Se una cosa che soddisfa i bisogni esiste in natura liberamente disponibile, quella cosa non ha prezzo e non può essere considerata merce.
Anche ciò che, pur prodotto dall'attività umana, non è venduto perché usato da chi lo produce, o perché abbandonato, o regalato, o usato con altri secondo criteri qualitativi (morali o funzionali), non ha prezzo e non può essere considerato merce. Da ciò deriva la definizione di lavoro: se un'attività umana è rivolta alla produzione di merci e servizi è lavoro, mentre se piacevole o tediosa, utile o dannosa, non produce oggetti scambiati per mezzo di una contrattazione, non lo è. Questo vale per ogni e qualsiasi attività: tanto parlare, cantare e fare l'amore, quanto coltivare il cibo o costruire una casa, che sono sempre attività rivolte alla realizzazione di bisogni o desideri e il cui risultato può avere o non avere un prezzo.

Poiché lavoro e merce sono una identità nella medesima trasformazione fisica nei rapporti con la natura, lo scambio di merci, nelle traformazioni sociali, ossia nei rapporti fra le persone, non è che l'aspetto materiale dello scambio di lavoro, per cui il valore indicato dal prezzo di tutte le merci vendute in un qualsiasi determinato periodo all'interno di un sistema economico, comunque possano essere distinte, raggruppate e distribuite -il prezzo del prodotto lordo- è sempre e soltanto la rappresentazione quantitativa della totalità di tempo di lavoro che le produce (vedi Prezzi Assoluti). Ciò determina il valore assoluto delle unità monetarie come precise quantità del tempo di lavoro di ognuno per gli altri, e il prezzo delle merci esprime sempre ed immediatamente una frazione di lavoro sociale, di esistenza umana indifferenziata perché considerata in puri termini quantitativi.
Il valore economico è quindi la rappresentazione dell'esistenza umana quantificata, e l'economia è la quantificazione dell'esistenza.

Dal momento che sia le relazioni economiche sia quelle non economiche sono rivolte allo stesso fine, la natura della relazione fra economia (e non economia) e benessere (e malessere) deve essere considerata in due distinti modi: particolare, o relativo, e generale, o assoluto.
Il giudizio di tipo relativo si riferisce appunto al fatto che tutte le relazioni, le attività e gli oggetti, economici e non economici, essendo diretti alla realizzazione del benessere, possono essere adatti o inadatti allo scopo specifico per i quali sono destinati. Il valore materiale, l'uso che si può fare di una mela, per esempio, acquistata al mercato o raccolta durante una passeggiata, è il medesimo.
Nello stesso tempo però fra relazioni economiche e non economiche vi è una differenza dovuta proprio all'inversione di posizione di qualità e quantità. Se non ci fosse differenza, infatti, non ci sarebbe motivo per cui alcune debbano essere quantificate e altre no. Il giudizio qualitativo di tipo assoluto riguarda la natura della relazione fra le attività, le cose e le relazioni economiche e non economiche in quanto tali, e stato sociale di benessere o malessere corrispondente, qualunque sia l'utilità di ognuna di esse considerata singolarmente. Questo è il tipo di giudizio a cui ci si riferisce specificamente quando si considera la natura della relazione fra i due termini.


Armonia e Benessere


Il termine "economia" per riferirsi alle relazioni quantificate è il risultato della riduzione al solo piano quantitativo del concetto di Economia nella sua accezione qualitativa del moto secondo la linea della minor resistenza, o del massimo risultato col minimo sforzo, sempre nella direzione della realizzazione degli attributi positivi dell'esistenza. Nelle relazioni economiche al bene si sostituisce il tanto e il poco al male, perché il tanto, quando le relazioni sono quantificate, permette di ottenere il meglio; a parità di altre condizioni, in ogni momento e luogo, per qualsiasi fine e desiderio, è infatti certamente meglio essere ricchi anziché poveri.
Ciò implica la convinzione che la quantificazione della qualità non abbia nessuna influenza sulla qualità stessa; che sia solo un modo razionale e più consapevole di gestirla, anzi, proprio ciò che ci distingue dagli animali e dai selvaggi. In difesa di questa convinzione, si osserva che la quantità riguarda ogni cosa ed esiste comunque, e che il denaro può ed è anche e soprattutto usato per buoni fini, per nutrirsi, vestirsi, ecc... Inoltre, se alcune relazioni, merci e attività economiche sono dannose o di pessima qualità, anche ciò che non è quantificato lo può essere. Infine, ognuno teoricamente ha sempre delle scelte, sia nelle relazioni economiche sia in quelle non economiche.
Siccome oggi le relazioni economiche sono di fatto indispensabili per la quasi totalità degli esseri umani, quindi, la concezione corrente sembra più significativa della definizione per la quale essa e' semplicemente l'insieme delle relazioni quantificate.

Secondo l'I Ching, però, l’armonia, come aspetto dinamico dell’ordine, è la condizione in cui ogni cosa assume la funzione, la posizione e la dimensione che gli è adatta; è la condizione in cui ogni cosa realizza la sua natura intrinseca, la propria intima essenza, ciò per cui è destinata, ciò che la fa essere ciò che è e non un'altra cosa.
La via del creativo opera per mutamento e trasformazione, sì che ogni cosa acquista la sua vera natura e destinazione e giunge a durevole concordanza con la grande armonia. (I CHING p. 271)

Così ogni cosa acquista la natura che le spetta, la quale, dal punto di vista divino, è chiamata destinazione. Quest'è la spiegazione del concetto 'propizio'. Trovando ogni cosa il suo genere, nasce quella grande e durevole armonia dell'universo che è espressa dal concetto del 'perseverante' (durata e rettitudine).
(R. Wilhelm. I CHING p. 271)

L'azione propizia e perseverante del creativo, l'istinto che spinge a vivere e le leggi naturali fisse, è ciò che mostra la causalità del creativo nella modalità della sua effettuazione. L'istinto vitale, ciò che è propizio, equo per ogni essere, costituisce la sua natura, e questa natura si manifesta secondo leggi fisse; ciò è il genere di ogni essere.
(R. Wilhelm. I CHING p. 275)
Più precisamente, dal momento che l'esistenza si presenta e si descrive con tutti gli attributi opposti delle dualità, il carattere di una situazione è determinato dalla posizione che tali attributi assumono rispetto la loro propria natura e rispetto il loro opposto complementare, e la situazione di armonia è quella in cui gli aspetti positivi delle dualità mantengono la posizione principale e determinante rispetto quelli negativi.
La relazione fra quantità e qualità è dello stesso tipo della relazione fra spirito e materia o, più in generale, fra yin e yang, dove la qualità possiede gli attributi del Creativo, e la quantità quella dipendente del Ricettivo. L’innaturale inversione di posizione di qualità e quantità è la ragione metafisica del carattere intrinsecamente negativo dell’economia.

Non si può parlare di un vero dualismo, poiché fra i due esiste un chiaro rapporto di ordinamento per rango. Di per sé il ricettivo è naturalmente altrettanto importante quanto il creativo. Ma la sua qualità di dedizione caratterizza la posizione di questa forza primaria di fronte al creativo. Essa deve stare sotto la guida e lo stimolo del creativo; allora la sua opera è salutare. Diventa malvagia solo se essa esce da questa posizione e vuole affiancarglisi da pari. Risultano, allora, da ciò conflitto e lotta contro il creativo, che sono sciagura per ambo le parti. (R. Whilhelm I KING p. 74)

Alterazioni e moti sono giudicati secondo il favore che recano. Salute e sciagura cambiano secondo le circostanze. Per questo: amore e odio si combattono, e salute e sciagura ne nascono. Le cose lontane e quelle vicine si arrecano vicendevole pregiudizio. Vero e falso si influenzano l'un l'altro, e ne nascono utile e danno. In tutte le situazioni del Libro dei Mutamenti le cose stanno così che, quando quelle cose che stanno in intimo rapporto vicendevole non concordano fra loro, ne consegue sciagura, dalla quale nasce danneggiamento, pentimento e svergognamento. (I CHING p. 611) 
In pratica, che l'aspetto qualitativo possegga l'importanza intrinsecamente principale è dimostrato appunto dal fatto che il benessere è il fine sia delle relazioni economiche sia di quelle non economiche. Inoltre, mentre è possibilissimo perseguire il benessere e la soddisfazione dei desideri senza quantificare nulla, è invece impossibile immaginare un mondo senza relazioni non quantificate. Le azioni e le relazioni del tempo libero e, soprattutto, le relazioni pre-economiche, sono quindi le relazioni naturali e fondamentali, quelle che soddisfano la condizione naturale di armonia e che fanno da sfondo alle relazioni economiche.

In realtà, quindi, per mezzo di questa sostituzione, o "riduzione" della qualità alla quantità, si arriva ad usare un termine per indicare ciò che nell'essenza è l'esatto contrario di ciò che la parola intende,  in quanto l'economia porta ad ottenere, sempre più, il minimo risultato col massimo sforzo.



Rene' Guenon

René Guenon
La falsificazione di tutte le cose è, come abbiamo detto, uno dei tratti caratteristici della nostra epoca. Ciò che meglio la mette in evidenza è forse quella che possiamo chiamare la falsificazione del linguaggio, vale a dire l'impiego abusivo di alcuni termini distolti dal loro significato vero, impiego che è in qualche modo imposto attraverso una costante suggestione da parte di tutti coloro che, in un modo o nell'altro, esercitano un'influenza di qualche genere sulla mentalità pubblica. Né si tratta solamente di quella degenerazione a cui facemmo in precedenza allusione, in conseguenza della quale molte parole hanno finito col perdere il loro senso qualitativo che avevano in origine, per conservarne soltanto uno completamente quantitativo; è piuttosto un 'deviamento', in virtù del quale certe parole sono applicate a cose che non vi si addicono assolutamente, e che talvolta sono anzi opposte a quelle che tali parole normalmente significano. Si tratta innanzitutto di un sintomo evidente della confusione intellettuale che regna dappertutto nel mondo attuale. (R. Guenon Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi p. 205)


Paleolitico


Who cares what they say?
It's a nice way to live,
Just taking what Nature is willing to give,
Not forcing her hand with harrow and plow.

Robert Frost from: Blueberries

Lo stato di armonia e benessere perfetto è possibile solo in uno stato di assenza di scarsità, ossia in una situazione sociale ed ambientale tale per cui i bisogni materiali e spirituali sono soddisfatti senza sforzo.
L’assenza di scarsità è implicita al sostentamento basato sulla caccia e la raccolta, su ciò che la natura offre spontaneamente, quando ogni bisogno materiale e spirituale viene soddisfatto senza produrre merci, senza lavorare e senza contrattare. Dal momento infatti che ogni essere nasce come parte e prodotto del proprio ambiente, l’ambiente fornisce abbondantemente tutto ciò che  è necessario per mantenere quell’essere nella sua completa perfezione. Nel Paleolitico tutto il tempo era tempo libero. L'economia come insieme di relazioni regolate in termini quantitativi (l'unica economia considerabile se si vuole capire il significato di valore economico) non esisteva. Per questo l'espressione comune: economia di caccia e raccolta deve essere considerata errata e fuorviante. Intendendo però il termine Economia nel suo significato universale, l'uomo ha sempre vissuto in modo massimamente Economico, soddisfacendo ogni suo bisogno non solo con poco sforzo ma con grande piacere. La Terra è sempre stata un luogo meraviglioso in cui passare una meravigliosa esistenza. Da quando esistono (ossia da almeno due milioni di anni, Homo Habilis, o sei, Australopitecus) gli esseri umani hanno sempre vissuto in uno stato di perfetto benessere, di salute fisica e mentale, in armonia con l'Universo, la natura, le piante, gli altri animali, gli dei e gli spiriti, adattandosi ai ritmi delle stagioni e ai cambiamenti climatici. Questa è la condizione originaria, ossia la condizione naturale e normale.  


Luca Cavalli-Sforza

Luca Cavalli-Sforza
Le testimonianze lasciate dai nostri antenati che abitavano l'Europa 15.000-20.000 anni fa suggeriscono una elevata qualità di vita. Attraverso la caccia, la pesca e la raccolta di piante, frutta, radici, gli uomini si procuravano il necessario per il sostentamento di comunità di piccole dimensioni e vivevano bene: lo testimoniano strumenti perfezionati, oggetti ornamentali e opere d'arte che ci lasciano ammirati ancor oggi. (Luca Cavalli-Sforza Chi Siamo? Mondadori)

Eric Fromm

Erich Fromm
Per le diverse ragioni che dipendono dalle condizioni rudimentali della tecnologia e dall'assenza di controllo sull'ambiente, molti popoli di cacciatori raccoglitori di cibo sono letteralmente i più agiati del mondo. (E. R. Service, Englewood Cliffs 1966) (Eric Fromm Anatomia della Distruttività Umana Mondadori p. 182)
Tutte le piante erano impegnate nella dura competizione per assicurarsi i favori degli uccelli e delle api; tra fiori e frutti, le mode si avvicendavano con velocità sbalorditiva. Ogni specie si sforzava di vincere sulle altre per ricchezza e ingegnosità dei meccanismi riproduttivi. L'egoismo illuminato dei singoli individui si armonizzava con il risultato di produrre la quantità massima di cibo per il più grande numero di esseri. O, dolce lunedì mattina del mondo! (R. Lewis Il Più Grande Uomo Scimmia del Pleistocene Adelphi p. 71)


Negatività Assoluta della Quantificazione dell'Esistenza


Che la quantificazione dell'esistenza sia intrinsecamente negativa lo si capisce immediatamente considerando che quando tutto ciò di cui si ha bisogno e si desidera è abbondantemente disponibile gli scambi contrattati non sono possibili.
A questo riguardo sembrano avvicinarsi maggiormente alla corretta definizione di economia coloro che, come Paul Samuelson e William Nordhaus in Economics, la intendono come lo studio del modo in cui le società utilizzano risorse scarse per produrre e distribuire merci utili fra le diverse persone. La scarsità infatti è necessaria perché l'economia possa esistere, ma produzione e distribuzione possono essere decisi in termini qualitativi e con migliori risultati anche e soprattutto in una situazione di scarsità.

Lo stato di scarsità, e quindi di malessere, che la stessa esistenza dell'economia denuncia, si manifesta sia nei rapporti con la natura, nell'attività lavorativa, sia nelle relazioni sociali, nello scambio contrattato.

Per quanto riguarda le relazioni con l'ambiente, affermando che il lavoro è l'attività umana che produce merci non si esplicita nessun giudizio di tipo qualitativo, quindi non solo possono esistere attività lavorative piacevoli, ma anche attività lavorative più piacevoli di tante attività del tempo libero.
Dal punto di vista assoluto però, poiché le merci sono tali in quanto vendute, l'attività lavorativa è per definizione quella dal cui risultato ci si aliena. Con le attività economiche si produce una cosa non per la cosa in sé ma per ottenere altre cose, sicché per soddisfare i bisogni e i desideri bisogna innanzi tutto negarsi la soddisfazione dei bisogni e dei desideri. Il lavoro è tempo di esistenza sottratto al godimento diretto della vita e, per questo, sinonimo di fatica fisica e/o emotiva. 
In Smith e nell'economia classica il lavoro in quanto tale è un'attività negativa, è sacrificio (è il disturbo che uno può evitare affidandolo ad altri), è il costo, la fatica di cui occorre sobbarcarsi per soddisfare i propri bisogni. L'umanità, la felicità e la realizzazione dell'uomo non stanno nel lavoro, ma solo fuori di esso, nel riposo e nel godimento, nella contemplazione e nel pensiero. (Marina Bianchi I Bisogni e la Teoria Economica Loesher p. 25)

La soddisfazione dei bisogni è sostanzialmente attività consumatrice. È nel consumo e non nel lavoro che sta la soddisfazione e il godimento. Il lavoro è al contrario il disturbo, la pena, il sacrificio che bisogna sopportare per ottenere un certo benessere. Il consumo è dunque il fine dell'attività economica.... Se, infatti, produzione, distribuzione, scambio e consumo sono i capitoli nei quali l'economia si divide, il consumo soltanto costituisce lo scopo principale e il fine naturale di tutte le altre attività.
(M. Bianchi I Bisogni... p. 10)

Smith considera il lavoro come una maledizione, come l'espiazione della colpa di aver assaggiato il frutto divino, e pone le condizioni della felicità nel riposo e nella libertà dal lavoro. (M Bianchi I Bisogni p. 160)
 
Il lavoro è fatica, costrizione, dolore. La ricchezza il risultato della non libertà, della non felicità. Il progresso il frutto del dolore. (M Bianchi I Bisogni... p. 58)
(Smith non si rende conto che, secondo questo modo di intendere il lavoro, per relazioni economiche egli stesso dovrebbe intendere quelle del tempo libero, ossia quelle propriamente non economiche.)

Per quanto riguarda le relazioni sociali, il carattere relativamente positivo insieme a quello negativo in assoluto della preminenza della quantità è evidente nella stessa definizione di prezzo come punto d'incontro fra domanda e offerta.
Da un lato, che gli scambi contrattati siano finalizzati alla soddisfazione di bisogni o desideri è dimostrato dal fatto che coloro che acquistano le merci sono disposti, rinunciando ad altre possibilità, a dare in cambio qualcosa che richiede altrettanta fatica ed impegno per essere reso disponibile. Si è "liberi" di vendere o di non vendere, di comprare o non comprare, perciò nel punto di equilibrio, dove lo scambio effettivamente avviene, proprio perché avviene, entrambe le parti mostrano di essere soddisfatte della qualità e del prezzo delle cose scambiate.
Dal punto di vista assoluto, però, lo scambio contrattato è per definizione una relazione conflittuale, in quanto l'intenzione dichiarata di entrambe le parti è di ottenere la maggiore quantità, in cambio della minore, di qualsiasi cosa si tratti; di vendere al più alto e di comperare al più basso prezzo possibile. Se così non fosse, i prezzi, e quindi l'economia, non potrebbero esistere. Nelle relazioni economiche quindi non solo non si cerca di capire, dato ciò di cui si ha bisogno ed è disponibile, cosa sia meglio per ottenere il benessere di entrambe le parti; si spera anzi, e si fa in modo qundo possibile, che il bisogno dell'altro sia grande, in modo da ottenere per la propria merce un prezzo maggiore.
Inoltre, infatti, dal momento che il valore economico complessivo è la rappresentazione del tempo totale di lavoro, una quantità definita di tempo di esistenza umana, l'arricchimento di qualcuno significa l'immediato impoverimento essenziale degli altri.

Il denaro quindi rappresenta, e la sua circolazione oggettivamente mantiene, l'unità della società, all'interno della quale uno spirito competitivo e conflittuale sostituisce la mancanza della consapevolezza di questo suo significato. La mancanza di consapevolezza dell'unità sociale è formalmente dimostrata dall'incapacità della teoria economica di definire il significato di valore economico, che appunto rappresenta la totalità del lavoro sociale, del lavoro di ognuno per tutti gli altri. Come dice Marx nei Quaderni Economico-Filosofici, il denaro è il potere alienato dell'umanità.

Il denaro comporta quindi la presenza di due forze antagoniste: una coesiva, che fissa in modo meccanico e materiale l'unità e il fronte comune verso l'esterno di coloro che usano la stessa unità monetaria, e una disgregante, interiore, consapevole e sistematica. In altre parole, le relazioni economiche sono relazioni essenzialmente conflittuali che si presentano come di relazioni di accordo nel punto di formazione del prezzo.
Nella società moderna, quella capitalistica, ognuno effettivamente, come dicono gli economisti, non ha altro fine che il proprio interesse privato, egoistico, ma il risultato secondo Marx non è l'armonia, ma la concorrenza, l'antagonismo. La ricomposizione sociale, quando c'è, avviene alle spalle degli uomini, è indipendente dalla loro volontà; la realtà dei loro rapporti è invece il contrasto e il conflitto di interessi e bisogni... La nuova forza che tiene unite queste disiecta membra è il mercato, lo scambio, e una nuova potenza: il denaro. (M. Bianchi I Bisogni... p. 19)

Colin Turnbull

Colin Turnbull
Nelle società a larga scala siamo abituati alle diversità di credi, applaudiamo perfino a noi stessi per la nostra tolleranza, senza renderci conto che una società che non è tenuta insieme da un singolo potente credo non è affatto una società, ma una associazione politica di individui tenuta assieme solamente dalla presenza della legge e della forza, la cui stessa esistenza è violenza. (C. Turnbull The Mountain People Touchstone p. 209)
Se si fosse consapevoli dell'unità sociale, infatti, quale bisogno ci sarebbe di rappresentarla e di usare tale rappresentazione?

Dire che l'economia è l'insieme delle relazioni che hanno come scopo la soddisfazione dei bisogni e la realizzazione del benessere, quindi, è relativamente, limitatamente vero, ma anche e soprattutto assolutamente falso. Questa doppia verità, insieme all'incapacità di determinare la loro gerarchia, è la radice della grande, enorme mistificazione alla quale la nostra cultura è soggetta.


Disordine


Il disordine, ovviamente, si descrive con gli attributi negativi delle dualità ed e’ la situazione in cui non vi è corrispondenza fra l'essenza di una cosa e la posizione che assume di fatto. Quando yin e yang muatano posizione, senza poter cambiare la loro natura, gli aspetti negativi dell'esistenza prevalgono. Vi è cioè una relazione di tipo yin fra yin e yang che, nella misura in cui una situazione si allontana dallo stato naturale, si descrive come aumento di separazione, fissione, repulsione, opposizione, contrasto, conflitto, antagonismo e sciagura. 
Rimuovendosi l'un l'altro i solidi e i teneri, è contenuto in questo l'alterazione. Aggiungendovi le sentenze con le loro istruzioni, è contenuto in questo il moto. Salute e sciagura, pentimento e svergognamento nascono dal moto. I solidi e teneri stanno saldi quando si trovano nel loro posto originario. Le loro alterazioni e connessioni devono corrispondere al tempo. (I CHING p. 588) 
La vita diventa penosa quando è difficile o impossibile soddisfare i bisogni materiali e spirituali naturali, quando si è impediti a disporre di sé come si vuole, quando si è separati dagli altri e si è incapaci di capirsi ed aiutarsi per risolvere i problemi comuni, e un pugno di incoscienti può imporre la propria volontà a miliardi di individui. Per quanto riguarda lo stato di consapevolezza, nello stato di disordine si attribuiscono o s'impongono alle forze le caratteristiche o la posizione che sono proprie del loro opposto polare: si chiama benessere il malessere; si chiama progresso la corsa allo sfacelo; ci si chiede come fermare la distruzione mentre si continua a distruggere. Il trionfo del falso sul vero è ciò che determina e in cui consiste la situazione di disordine.
Poiché l'esistenza si descrive sempre con tutti gli attributi opposti delle dualità, anche in un periodo di benessere generale il male esiste e si manifesta, ma in una situazione di armonia gli attributi delle dualità sono complementari: gli aspetti in sé negativi, assumendo la posizione che è loro propria, colpiscono ciò che attenta alla stabilità del sistema, mantenendo così il benessere generale e limitando lo stesso malessere relativo. Questo è il senso della selezione naturale, che fa sì che i soggetti appartenenti ad una specie siano costantemente i più adatti all'ambiente in cui vivono, in accordo e in dipendenza delle trasformazioni dell'ambiente stesso. In una situazione di disordine, al contrario, gli attributi polari sono antagonisti: le qualità in sé positive hanno effetti negativi, e il malessere è proprio la risulante degli sforzi di ognuno di soddisfare i propri bisogni.

Potrebbe sembrare impossibile che una situazione di perfetta armonia possa degenerare nel caos (o una situazione massimamente distruttiva sfociare nell'ordine). Il motivo è che se così non fosse, non ci sarebbe nessun mutamento, e questo è impossibile.
Il creativo e il ricettivo sono il vero segreto dei mutamenti. Il creativo e il ricettivo si presentano compiuti, sono posti assieme ad essi anche i mutamenti che fra essi avvengono. Se il creativo e il ricettivo venissero annientati non vi sarebbe nulla in cui i mutamenti si potrebbero scorgere. Se non si potesse vedere più alcun mutamento anche gli effetti del creativo e del ricettivo cesserebbero gradatamente. (I CHING p. 586) 
I mutamenti sono qui pensati quali processi naturali, quasi identici con vita. La vita poggia sugli opposti polari di attività e ricettività. Questi mantengono la tensione, la cui compensazione compare volta per volta come mutamento, come processo vitale. Se questo stato di tensione, questo 'dislivello' cessasse, non esisterebbe più alcun criterio di vita; essa non potrebbe più manifestarsi. Ma d'altro canto questi contrasti polari, queste tensioni, sono costantemente rigenerati dai mutamenti della vita. Se la vita cessasse di manifestarsi anche i contrasti si cancellerebbero per graduale entropia, e la morte dell'universo ne sarebbe la conseguenza. (Richard Wilhelm. I CHING p. 586) 
Nei diversi mutamenti, proprio perché si tratta di mutamenti, a volte prevalgono gli aspetti chiari, a volte quelli oscuri. Il caos nasce quindi dall'ordine e l'ordine si forma dal caos, e dopo che uno dei due ha raggiunto il culmine, può solo calare. È quindi inevitabile, ossia "normale", anche nei millenni, che a situazioni di benessere generale si alternino situazioni di malessere, anche se queste ultime, per loro natura, come una malattia, devono essere intese come eccezioni.
Il senso dell'evoluzione si spiega proprio per la variazione della posizione e del peso di un termine rispetto l'altro, e ciò dipende dal fatto che il malessere può essere fortissimo anche se lo si prova in una situazione positiva in generale, mentre sul piano relativo il benessere può essere grande anche se la situazione complessiva è disastrosa, e come la realizzazione del benessere e la soddisfazione dei desideri è lo scopo costante, il male è sempre indesiderabile.



Rottura dell'Equilibrio. Avvento dell'Agricoltura


La rottura dell'equilibrio è avvenuta nel Neolitico, con l'apparire dei primi pastori, degli agricoltori e dei villaggi. La produzione di cibo, l'addomesticamento dei vegetali e degli animali (e delle culture), per l'atteggiamento che richiede e gli effetti devastanti che produce, è stato il nefasto evento che ha segnato l'inizio del periodo oscuro dell’umanità. Da quel momento, un numero sempre crescente di persone per vivere deve faticare, e il benessere che ottiene lo ottiene a scapito di tutto: della natura, degli altri, di sé stessi, e anche dei propri discendenti; fino al momento della resa dei conti.

La produzione di cibo implica infatti una vita di qualità inferiore, in quanto occorre impiegare il proprio tempo a disboscare, arare, seminare, proteggere il campo, raccogliere, trattare e conservare il raccolto, costruire strumenti e strutture per svolgere queste attività, quando vivendo di caccia e raccolta basta semplicemente allungare una mano per ottenere lo stesso, anzi un migliore risultato. Essendo innaturali, queste attività sono faticose e noiose, l'ambiente risulta impoverito, la qualità e la varietà del cibo diminuisce (gli animali selvaggi tendono ad allontanarsi dagli insediamenti umani in proporzione alla quantità degli abitanti) e bisogna difendere i campi e il bestiame, la proprietà privata, dagli altri uomini, animali e vegetali.
Un campo coltivato non è un habitat naturale e per mantenere questo ambiente occorre l'opera dell'uomo che coltivi, semini, sarchi, e così via; qualcuno ha affermato che con un tale dispendio di tempo ed energie per la prosperità delle piante l'uomo ha, in un certo senso, domesticato sé stesso. (Ammerman Cavalli-Sforza La Transizione Neolitica... p. 30)
L'idea di produrre cibo si può quindi spiegare solo come risposta ad uno stato di scarsità naturale dovuto ai cambiamenti climatici che, insieme alla pressione demografica del Mesolitico, in alcune zone ha reso insufficiente la pratica di caccia e raccolta per il sostentamento e le necessità della popolazione umana esistente in quel momento.
L'invenzione dell'agricoltura è probabilmente stata una pura questione di necessità: nelle zone in cui ha avuto origine caccia e raccolta ormai non erano più sufficienti, per il depauperamento ambientale dovuto alla pressione di una comunità umana numerosa e ai cambiamenti climatici dell'epoca. (L. Cavalli-Sforza Chi Siamo? p. 213)

Marvin Harris

Marvin Harris
Pressioni demografiche hanno predisposto i nostri antenati dell'età della pietra a intensificare la produzione in risposta al ridursi di numero di animali da caccia grossa provocato dai mutamenti climatici alla fine dell'ultima era glaciale. L'intensificazione del modo di produzione basato sulla caccia e la raccolta ha aperto a sua volta la strada verso l'agricoltura, che ha quindi intensificato la competizione fra i gruppi, la guerra e lo sviluppo dello Stato - ma non spingiamoci troppo oltre. (M. Harris Cannibali e Re p. 18) 
La venuta in esistenza dell'agricoltura pare quindi giustificata dal mutare delle condizioni esterne, ed implicando una serie di nuove attività, l'invenzione di strumenti nuovi, è considerata una risposta intelligente ad una situazione di emergenza, una dimostrazione della potenza della capacità di adattamento, la particolarità che distingue l'uomo dagli altri animali. L'agricoltura ci pare naturale, anzi, il fondamento della civiltà, una cosa bellissima che solo gli umani possono concepire e attuare: il dominio dell'uomo sulla natura, sempre più vasto e profondo. Certo.
La spiegazione comune del passaggio dalle bande ai villaggi dediti all'agricoltura di solito è questa:
I cacciatori-raccoglitori dovevano passare tutto il loro tempo a procurarsi cibo a sufficienza. Non potevano produrre un "surplus", per cui vivevano sull'orlo della sopravvivenza in uno stato di malattia e di fame endemiche. Era perciò naturale che volessero insediarsi e vivere in permanenza in villaggi, ma non ebbero mai l'idea di piantare dei semi. Un giorno, un genio sconosciuto decise di versare alcuni semi in un buco, e così si cominciò a seminare in modo regolare. Non c'era più bisogno di spostarsi in continuazione alla ricerca di cibo, e le ore libere che rimanevano a disposizione, diedero tempo agli uomini di pensare. Ciò portò ad altri e più rapidi progressi tecnologici e quindi a una maggiore quantità di cibo, un surplus al di sopra del livello di sussistenza, che alla fine consentì ad alcuni di abbandonare l'agricoltura per divenire artigiani, preti e governanti.
(M. Harris Cannibali e Re p. 19) 
Un bell'esempio di questo modo di pensare lo fornisce Carlo Cipolla che, significativamente autore anche di Le Leggi Fondamentali Della Stupidità Umana, si esprime come segue:
Per molte migliaia di anni, l'uomo visse alla stregua di un animale da preda. La caccia, la pesca, la raccolta di frutti selvatici e il cannibalismo costituirono per lungo tempo le sue sole fonti di sostentamento... Nel corso del tempo l'uomo scoprì particolari tecniche e sviluppò certe capacità, come la lavorazione della pietra, la fabbricazione delle armi e la costruzione di rudimentali mezzi di trasporto. Ma tutto ciò rimase nel quadro generale di un'economia di tipo predatorio. Le nuove tecniche servivano all'uomo semplicemente per aumentare la sua efficienza nella caccia, nella pesca e nell'omicidio. L'uomo visse in maniera brutalmente primitiva, cacciando e raccogliendo frutti ed erbe selvatiche, per ben il novantanove per cento dell'intera sua presumibile esistenza. (Carlo Cipolla Uomini, Tecniche, Economie Feltrinelli p. 10)

L'uomo impiegava tutto il suo tempo e tutta la sua energia cercando cibo, e faceva affidamento sulla buona sorte e sulla sua abilità nell'uccidere animali feroci od altri uomini. La fame costituiva una costante minaccia e costringeva gli uomini all'infanticidio e al cannibalismo. (C. Cipolla Uomini... p. 37)

Matgioi

Matgioi (Guenon's Teacher)
Il YICHING, il nostro Maestro, l'ha detto: Calpestando la brina della cattiva abitudine, il ghiaccio del male e della disgrazia sopraggiunge; ora, sono secoli che quelli dell'Occidente calpestano la brina, ed hanno costruito un tale muro di ghiaccio che il calore della verità non arriverà mai a fonderlo.
Avete bruciato i templi, rovinato i bambini, disperse le ossa degli avi. Così fecero un tempo i mongoli nel nord dell'impero... Ma ecco il vostro maggior crimine: mentre noi abbiamo devotamente conservato, voi avete dimenticato la vostra origine e il vostro destino; ignorate addirittura ciò che siete, e i vostri sapienti, con i vostri applausi, vi pretendono figli di scimmie; quando, per caso, vi ricordate il nome dell'Assoluto, è per trascinarlo nel fango del vostro ignorante disprezzo. Avete spento, a vantaggio del corpo imbecille, ogni chiarezza dello spirito; per la perfezione degli ingranaggi dei vostri orologi e delle vostre macchine, avete perso la conoscenza del movimento dell'universo. E vagate orgogliosamente nelle tenebre più cupe, a tal punto che tu - che credo essere un mandarino della tua razza - sei accecato dalla fiamma vacillante che ti ho messo in mano, come da un sole.
(Matgioi La Via del Taoismo Melita Ed. p. 237)
Vero che la produzione di cibo implica un radicale cambiamento culturale, dell'atteggiamento verso l'esistenza, ma di segno opposto a quello che la nostra cultura gli attribuisce. Produrre cibo significa ritenere che la natura non offra ciò di cui si sente il bisogno, che sia un'entità avara e ostile, che non dà nulla per nulla, per cui si ritiene "naturale" concedersi il diritto di costringerla, diversamente da quanto essa sia disposta, a produrre una maggiore quantità di ciò che si considera utile, a scapito delle specie animali e vegetali ritenute inutili o dannose. La violenza sulla la natura si riflette poi nella violenza fra le persone e si manifesta nelle guerre, nel colonialismo, nella schiavitù, nella quotidiana ingiustizia del lavoro, ed è infine fatale per chi la pratica.
La produzione di cibo, implicando alienazione dalla natura, è il fondamento materiale del pensiero materialistico, o dualistico, o relativo, con le stregonerie, le religioni e le ideologie conseguenti.
Le nostre attuali istituzioni economiche, sociali e internazionali sono basate, in larga parte, su una organizzata assenza d'amore. Noi cominciamo col mancare di carità verso la natura, cosicché invece di cercare di collaborare col Tao o col Logos nei confronti del mondo inanimato o degli esseri inferiori, cerchiamo invece di dominare e sfruttare, sprechiamo le risorse minerali della Terra, ne roviniamo il suolo, ne distruggiamo le foreste, versiamo sporcizia nei suoi fiumi e ne ammorbiamo l'aria con fumi venefici. Dalla mancanza d'amore verso la natura progrediamo alla mancanza d'amore verso l'arte,... e ovviamente questa mancanza d'amore verso l'arte è, al contempo, una mancanza d'amore per gli esseri umani....E la sovrastruttura culminante di non-carità è la mancanza d'amore organizzata che caratterizza i rapporti tra uno Stato sovrano e un altro, una mancanza d'amore che si esprime nella presunzione assiomatica che è giusto e naturale per le organizzazioni nazionali comportarsi come ladri e assassini, armati fino ai denti e pronti a rubare e a uccidere, alla prima occasione.... Perché? Perché, per definizione, uno Stato nazionale sovrano è un'organizzazione che ha il diritto e il dovere di costringere i suoi membri a uccidere e rubare sulla scala più vasta possibile. (Aldous Huxley La Filosofia Perenne pp. 136-138)
La produzione di cibo, contrastando la legge universale di Economia, è la causa della quantificazione dell'esistenza, della venuta in esistenza dell'economia. L'economia cioè è l'espressione compiuta di una cultura distorta che ha perso di vista gli aspetti spirituali dell'esistenza, che non riconosce l'unità della specie umana, l'unità della natura e di tutto, diventando a sua volta strumento di imposizione di quella cultura. L'autodistruzione infatti non può essere che la conseguenza di una concezione molto sbagliata del Senso dell'esistenza.


Richard Wilhelm

Richard Wilhelm
La sciagura è fondata intrinsecamente sulla falsa posizione di fronte alla struttura dell'universo. (R. Wilhelm I CHING p. 145) 
Oltre al fatto di implicare una qualità di vita inferiore, il problema è che, una volta che l'agricoltura ha preso piede, non solo è difficile abbandonarla, ma diventa persino impossibile evitare la sua espansione.
Ciò è dovuto innanzitutto al fatto che in pochissimo tempo si perdono le conoscenze necessarie per vivere di caccia e raccolta, e soprattutto al fatto che, grazie alla generosità della natura, il risultato di un po' di fatica è un notevole surplus alimentare che permette di soddisfare nella stessa area i bisogni vitali di un numero elevato di persone. La vita stanziale non richiede il controllo della popolazione, la limitazione delle nascite, imposta invece dai ricorrenti spostamenti richiesti dalla vita seminomade di caccia e raccolta. Anzi, a sua volta, in un circolo vizioso, la collaborazione di un maggior numero di persone permette di alleviare le fatiche delle attività agricole. Viene quindi in esistenza il villaggio, a volte formato da migliaia di persone, con l'effetto di restringere l'orizzonte culturale e spaziale insieme. 
Il fattore determinante per spiegare l'aumento della popolazione intervenuto nel periodo Neolitico sembrerebbe essere un aumento dei tassi di fertilità dovuto alla comparsa di un modo di vita stabile, unito forse al valore economico positivo rappresentato da un maggior numero di figli. Come si può inferire dallo studio di popolazioni a noi contemporanee di cacciatori e raccoglitori, una bassa fertilità e un intervallo relativamente lungo fra nascite successive sarebbero elementi caratteristici di popolazioni preagricole. (Ammerman Cavalli-Sforza La Transizione Neolitica... p. 169)

Il primo effetto dell'agricoltura è stato quindi la possibilità di nutrire molte più persone nella stessa regione e di consentire un aumento della densità di popolazione. Le abitudini, i costumi, che determinano la natalità, sono sempre molto radicati. Prima dell'agricoltura questi costumi permettevano una crescita lentissima della popolazione. L'agricoltura ha reso possibile, e utile, un aumento della natalità. Una volta che essa è salita diventa difficile arrestarla. Il contadino non ha più motivo di limitare il numero dei figli come il cacciatore raccoglitore. È diventato sedentario, non ha il problema di spostarsi con figli troppo piccoli né quello di averne troppi e di non riuscire a nutrirli tutti, anzi ha bisogno di averne molti per potere coltivare la terra. Se diventano troppo numerosi per restare sul luogo, possono sempre andare altrove e occupare nuove terre. All'inizio della rivoluzione agricola, quando i contadini erano pochi, non c'era limite alla possibilità di emigrazione. C'era tutto il mondo da occupare. (L. Cavalli-Sforza Chi Siamo? p. 199)
La produzione di cibo sottrae quindi la specie umana alle leggi naturali che regolano l'equilibrio demografico. L'unico limite alla crescita della popolazione diventa quello fissato dalla possibilità di aumentare la quantità di cibo prodotto, ossia di aumentare l'estensione di terra coltivata e di intensificare il suo sfruttamento. Con una terra vergine, apparentemente illimitata, il villaggio si espande e si replica.

L'intero periodo quantitativo può essere considerato come un'unica impressionante esplosione demografica, che in soli 10.000 anni, in un duecentesimo del tempo da cui esiste, ha portato la specie umana da 5-10 milioni ai sei miliardi e duecento cinquanta milioni attuali (300 milioni nell'anno zero, 2 miliardi nel 1930, 3 nel 1960 e 4 nel 1975). 


Esplosione demografica


per conoscere la dimensione della popolazione mondiale in questo momento, vedi: POPclock:
Prima dell'agricoltura il numero di abitanti della terra difficilmente superava i 5-10 milioni. È stato calcolato che in Inghilterra, ad esempio, vi erano probabilmente 5.000, forse 10.000 abitanti. Il passaggio all'agricoltura ha determinato un'esplosione demografica. La popolazione mondiale è aumentata di mille volte negli ultimi 10.000 anni. (L. Cavalli Sforza Chi Siamo? p. 31)

Gli uomini di una volta non coltivavano il campo, ma i frutti di piante e alberi erano cibo sufficiente. Senza lavorare, c'era abbastanza di che vivere, c'erano poche persone e abbondanza di provviste e pertanto il popolo non litigava. Così non si usavano né grandi ricompense né punizioni severe, ma il popolo si governava da solo. Oggi invece la gente non considera grande una famiglia con cinque figli e poiché ogni figlio ha a sua volta cinque figli, prima della morte del nonno vi saranno venticinque nipoti. Il risultato è che le persone sono molte e le provviste poche e si deve lavorare duramente per un magro ricavo. Così la gente si dà al litigio e, per quanto si raddoppino le ricompense e si accumulino le punizioni, non si sfugge al disordine.
(Han Fei-tzu, 3-400 a.C. da Il Libro del Signore di Shang p. 116)
L'agricoltura implica quindi un processo di aumento costante della sproporzione fra il numero di persone e la capacità naturale dell'ambiente di sostenerle, ossia della scarsità assoluta, e questo è reso possibile, celato, dal controllo della scarsità relativa, dalla soddisfazione dei bisogni fondamentali immediati. L'aumento essenziale del malessere generale è costantemente velato da un temporaneo aumento del benessere relativo.
Dal momento in cui si è iniziato a produrre il cibo, gli interventi umani sembrano sempre soluzioni ai problemi esistenti o miglioramenti della situazione precedente. In realtà, senza mai agire sulle cause, le "soluzioni" diventano esse stesse causa del peggioramento, e la produzione di cibo è stata la prima e la più grande.
In passato, spinte demografiche irresistibili portavano a ricorrenti intensificazioni della produzione. Queste si risolvevano sempre in un esaurimento delle risorse ambientali, che generalmente dava luogo a nuovi sistemi di produzione ciascuno con una forma caratteristica di violenza istituzionalizzata, di lavoro penoso, di sfruttamento o di crudeltà. Pressione demografica, intensificazione della produzione ed esaurimento delle risorse sembrano pertanto costituire la chiave per comprendere l'evoluzione della organizzazione famigliare, dei rapporti di proprietà, dell'economia e delle credenze religiose, compresi le preferenze e i tabù alimentari. (M. Harris Cannibals and Kings p. xii)


Transizion
e Neolitica

L'agricoltura non può essere considerata un'invenzione anche perché la profonda conoscenza della natura e dei processi vitali è una caratteristica fondamentale della vita di caccia e raccolta, ed è impensabile che non si sapesse che seminando sarebbero nate le piante corrispondenti. L'agricoltura non si è estesa su tutto il pianeta per la sua bontà e utilità, non è stata comunicata per mezzo delle parole, dei segni e dell'esempio, e volontariamente accettata, come può essere stato per la scoperta del fuoco. 
Le sua capacità di cacciatore e la sua conoscenza dell'ambiente si erano sviluppate in misura straordinaria nel corso di milioni di anni. Il cacciatore preferisce restare cacciatore-raccoglitore perché è un modo di vivere molto gradevole.  (L. Cavalli-Sforza Chi Siamo? p. 213)

Hunting was fun! I thought of the contrasts between hunting and agriculture. Who in his right mind would want to trade such an invigorating day's work for the drudgery of life in the fields? And for what? Manioc? Bananas? Hunting gave you meat. And as for gathering - it was sheer delight. The women strolled through the forest as though they were in a vast grocery store - only here everything was free. And each day's hunt was ful of little adventures, excitement, moments of idyllic contemplation or laughter. No two days were the same. (Louis Sarno Song from the forest p. 70 Penguin)
Le ricerche di Albert J. Ammerman e Luca Cavalli-Sforza sul patrimonio genetico delle popolazioni: (The Neolithic Transition and the Genetics of Populations in Europe), parallelamente ai confronti fra le lingue e alle datazioni dei reperti archeologici per mezzo del carbonio C-14, dimostrano che l'agricoltura ha avuto inizio solo in un'area limitata e ben specifica del mondo per poi espandersi, lentamente rispetto i tempi moderni ma rapidissimamente rispetto i tempi naturali, su tutto il pianeta. La globalizzazione della produzione di cibo è il risultato di una scelta che solo alcuni hanno compiuto e imposto con la violenza a tutto e a tutti.
In Europa questa trasformazione non si produsse come evento improvviso, ma attraverso processi che per compiersi richiesero molte generazioni. È questa la ragione per cui preferiamo parlare di transizione neolitica piuttosto che riferirci a tale fenomeno in termini di rivoluzione neolitica. (Ammerman Cavalli-Sforza La Transizione Neolitica... p. 13)
La transizione neolitica è il tempo impiegato dall'agricoltura e dalla pastorizia per soppiantare le precedenti culture basate sul sostentamento di caccia e raccolta in tutte le zone facilmente convertibili alla produzione di cibo. Tale espansione, rappresentabile dal modello dell'onda di avanzamento, è demica, ossia è dovuta all'attività migratoria degli agricoltori, dei loro figli e dei loro nipoti, che in Europa ha richiesto circa 2.500 anni per giungere dal Medio Oriente, dove si sono inizialmente domesticate le prime varietà di cereali, all'Inghilterra, avanzando ad una velocità radiale media di circa un chilometro l'anno.

Vedi:          How Was Agriculture disseminated? The Case of Europe
e anche:     The Neolithic Mosaic on the North European Plain


Si è trattato cioè di un processo di colonizzazione che ha progressivamente ridotto l'estensione dell'ambiente dei cacciatori, ai quali è stato sottratto l'uso naturale dello spazio, e per i quali il problema della scarsità, già grave, si aggrava ulteriormente. Sorgendo la civiltà vengono in esistenza anche gli incivili, i selvaggi, che, materialmente più deboli, vengono distrutti, relegati agli ambienti marginali o assorbiti dalla nuova cultura. In quanto esplosione, infatti, l'esplosione demografica avviene in modo violento, con l'estinzione di migliaia di specie animali e vegetali e di culture più vicine allo stato di natura. Il periodo a cui la produzione di cibo ha dato inizio è un periodo di accrescimento costante di sfruttamento, guerre, devastazione e confusione.

" ... There were no alders, no deer, no bunch grass, no pairie chickens. Civilization in any country meant shifting the balance in favor of people. That was its business. Where people had to live, other things had to die. Someday all other forms would be exterminated, and there would be nothing left anywhere but people. Then humanity could settle down with a happy sigh to revel in its triumph. There wouldn't be much of anything else to do." (H.L.Davis "Winds of Morning" 1952)


Fase Mercantile


Benché la scarsità che produzione di cibo implica sia il fondamento materiale dell'economia, durante la transizione neolitica la divisione del lavoro era ancora basata sulle differenze sessuali e attitudinali; non vi erano classi sociali e la vita del villaggio era di tipo comunista. Vi era una notevole abbondanza di cibo e una forte solidarietà fra i suoi membri. Lo scambio contrattato all'interno del villaggio non esisteva; le prime relazioni di baratto avvenivano fra i villaggi, o coi cacciatori e i pastori, e il rapporto conflittuale era rivolto all'esterno (vedi: Lewis Mumford The City in History). L'economia aveva un piccolo ruolo, e la vita dei primi agricoltori (e se è per questo, anche nel Medioevo, ma anche solo quella di 100 anni fa, quando in tutti i fiumi e torrenti c'erano i pesci e si poteva fare il bagno e le automobili e la TV non esistevano) era certamente di gran lunga più piacevole della nostra.


Lewis Mumford

Lewis Mumford
Il villaggio si presenta ovunque come un piccolo gruppo di famiglie, da sei a sessanta, ciascuna delle quali ha il proprio focolare, le proprie divinità famigliari, il proprio reliquiario e il proprio sepolcreto. Tutte le famiglie parlano la stessa lingua, si riuniscono sotto lo stesso albero o all'ombra della stessa pietra, camminano per lo stesso sentiero percorso dai loro armenti: ognuno insomma segue lo stesso sistema di vita e partecipa agli stessi lavori. Se esiste una divisione del lavoro, essa è del tipo più rudimentale, determinata più dall'età e dalla forza che dalle attitudini professionali del singolo: in genere chiunque guardi il volto del suo vicino vede in esso la propria immagine. Questi villaggi erano in grado di riprodursi e moltiplicarsi senza sentire la necessità di mutare il loro sistema di vita. Sin quando la nutrizione e la riproduzione, cioè il piacere del ventre e dei genitali, furono i fini principali della vita, la cultura del villaggio Neolitico sopperiva ad ogni bisogno.  (Lewis Mumford La Città nella Storia Bompiani p. 30)
In questa vita eroticamente esuberante si erano instaurati un nuovo ordine, una nuova regolarità e una nuova sicurezza: la disponibilità di viveri era più abbondante di quanto mai lo fosse stata, i bambini nascevano e sopravvivevano in quantità superiori a quella che era in grado di mantenere qualsiasi cultura precedente se non in circostanze eccezionalmente favorevoli. Il terreno e gli utensili levigati, considerati un tempo i caratteri principali della cultura neolitica, implicano uno sforzo sistematico e paziente ben diverso da quello che occorreva per spaccar le selci o per cacciare. (L. Mumford La Città nella Storia pp. 25)
Già durante la prima fase di pura espansione dei terreni coltivati, in alcuni luoghi la stessa pressione demografica ha generato situazioni di collaborazione su vasta scala per intensificare lo sfruttamento del territorio (opere di bonifica, canalizzazione, irrigazione, strade, ecc.).
Nessun progetto sembrava più irrealizzabile. I sogni concepiti, col favore degli dei, dall'audacia di un solo uomo straordinariamente sicuro di sé, potevano essere attuati da una intera città obbediente al suo comando. Non si soggiogavano più soltanto gli animali, ma si assalivano collettivamente, a un cenno del re, fiumi, montagne, paludi, masse di uomini, e si imponeva loro un nuovo ordine. Sforzi estenuanti che nessuna piccola comunità si sarebbe mai imposta, fin quando la natura veniva incontro alle sue necessità abituali, erano adesso compiuti con una certa frequenza. (L. Mumford La Città nella Storia p. 50)

I tre secoli che precedettero la fondazione dell'Impero (V-III secolo a.C.) sono un'epoca di trasformazione rapida e completa del paesaggio della Cina e delle sue condizioni naturali: immense foreste vengono dissodate, prosciugate, messe a coltura e spesso irrigate, così che le terre coltivate si estendono fino ai confini dei regni. La popolazione del territorio cinese, fino al bacino dello Yang-tze, aumenta rapidamente. Alla fine del primo periodo Han, in un paese in cui l'economia non ha registrato uno sviluppo notevole dopo il III secolo, la popolazione raggiungerà i 57 milioni di abitanti (censimento dell'anno 2 d.C.). (Più esattamente: 12.366.470 famiglie e 57.671.400 individui. Cfr. H. Bielenstein, The Census of China, in Bulletin of the Museum of Far Eastern Antiquities n. 19, Stockholm 1947, p. 135). Le città ampliano le loro mura, accrescono la loro popolazione e spesso costruiscono una seconda cinta fortificata. (J. Gernet La Cina Antica Il Saggiatore p. 93)
Aumenta la varietà delle attività e degli strumenti ad esse connessi ed ha inizio il processo di divisione e specializzazione del lavoro. A causa della conflittualità con l'esterno, i villaggi si trasformano in città fortificate da mura, o Città-Stato, al cui interno si formano le classi: contadini, artigiani, guerrieri, preti e governanti, fra i quali gli scambi avvengono su base quantitativa. 
La città sorse come una precisa emergente nella comunità paleoneolitica, usando il termine emergente nella particolare accezione datagli da Lloyd Morgan e William Morton Wheeler. Nell'evoluzione emergente, l'introduzione di un fattore nuovo non aumenta semplicemente la massa già esistente, ma provoca un mutamento radicale, una nuova configurazione che ne altera le proprietà. (L. Mumford La Città nella Storia p. 47)

L'aspetto positivo consisteva in una coabitazione amichevole, in una comunione spirituale, in ampie possibilità di comunicazione e in un complesso sistema di cooperazione professionale; quello negativo nel fatto che la città introduceva la segregazione di classe, l'insensibilità, la spietatezza, la segretezza, il controllo autoritario e infine la violenza. (L. Mumford La Città nella Storia p. 69)

Dall'antico complesso Neolitico sorse un tipo diverso di organizzazione sociale, non più dispersa in tante piccole unità, ma unificata in una sola unità più grande, non più basata su un intimo rapporto di vicinato, sugli usi tradizionali e sul consenso, ma autoritaria, centralizzata e controllata da una minoranza egemonica, non più confinata in un territorio limitato, ma decisa a 'straripare' per impadronirsi di materie prime, per ridurre in schiavitù uomini indifesi, per stabilire il proprio predominio, per imporre tributi. La nuova cultura non si proponeva soltanto di migliorare la vita, ma anche di espandere il potere collettivo. Perfezionando nuovi strumenti di coercizione, i sovrani di questa società, con il terzo millennio a.C., avevano organizzato la loro forza industriale e militare su dimensioni non più superate sino alla nostra epoca (L. Mumford, New York 1967). (E. Fromm Anatomia... p. 206)

Le nostre città civilizzate nascono morte, somigliano agli scheletri degli alberi giovani, uccisi dai vermi durante la crescita. Perché se l'obiettivo del cosiddetto progresso, delle cosiddette civiltà, è ottenere la felicità dell'uomo, senza dubbio è un obiettivo fallito. Gli Ashannca, i Campa, invece, sono felici, vivono in armonia con la natura, con la natura del reale-reale e con la natura del reale-sognato, non contendono a nessuno lo spazio per vivere, e sono loro dunque, e non noi, i civilizzati, i detentori del progresso, i vivi. Sono città vive, selve piene di porte inaspettate, aperte soltanto per chi le sa vedere, per chi le sa fare, varcare e meritare, nel sonno e nella veglia, porte invisibili tra la folta vegetazione e il pericolo costante, rischi che danno dignità, danni che fortificano! (César Calvo Le tre metà di Ino Moxo e altri maghi verdi Feltrinelli p. 172)
Dopo varie tappe intermedie (conchiglie, semi di cacao, animali, sale, argento, oro, ecc., secondo i luoghi e i tempi), comincia a circolare il denaro: la rappresentazione dell'esistenza umana quantificata, astratta da qualsiasi valore materiale specifico. Con la circolazione del denaro il conflitto diventa generale: oltre alle guerre con l'esterno, inizia la lotta fra le classi e all'interno delle classi, viene in esistenza la criminalità, ecc.. Lo Stato (la Città-Stato e gli Imperi) garantisce il funzionamento di questa nuova situazione, cristallizzando, istituzionalizzando la divisione fra chi governa chi è governato.
Il denaro cioè nasce come strumento di semplificazione e generalizzazione degli scambi contrattati, come logico sviluppo e miglioramento tecnico del baratto, ma a sua volta rende assai più vasto e sistematico il processo di distruzione dell'ambiente e di conflittualità sociale messo in atto con l'abbandono della vita di caccia e raccolta.
Il denaro è un filtro mentale che deforma la visione della realtà ed implica un modo di pensare, un comportamento e leggi di sviluppo specifici, oggettivi, amorali, che implicano ineluttabilmente un tipo di evoluzione che, per ragioni intrinseche ed indipendenti dalla volontà e dal desiderio reale della maggioranza, favorisce la minoranza degli ignobili senza scrupoli, comporta disordine e malessere e porta allo sfacelo.


Socrate

Socrate
Il denaro! Quale invenzione più dannosa di questa, agli uomini? Il denaro abbatte gli stati, scaccia gli uomini da casa. Esso ammaestra, esso conduce le anime dei mortali più onesti a cadere nell'nfamia. Il denaro insegna alle menti umane come compiere il male, e l'astuzia per compierlo, e l'empietà che tutto osa. (Sofocle Antigone)

Una cosa dovrebbe ormai esserti chiara. Fare denaro significa aggredire. Cosi' e'. La spiegazione funzionalistica e' l'unica possibile. La gente viene al mercato per uccidere. Si dice: "I' going to make a killing". Non e' un caso. Solo che non ha il coraggio di uccidere veramente, e allora ne erige un simbolo: i soldi. (Saul Bellow Seize the day p. 76 Fawcett)
John Locke, che considerava i tosatori (i falsari dell'epoca) come criminali peggiori degli assassini, scrive:


John Locke

John Locke
Al principio tutto il mondo era come l'America, e forse più di quanto questa non lo sia ora, perché in nessun luogo si conosceva qualcosa di simile al denaro. (J. Locke Two Treatises 1680- 1690 p. 276 da George Constantine Caffentzis Parole Abusate... p. 51)

George Costantine Caffentzis

George Constantine Caffentzis

Prima della circolazione del denaro:
...diritto e comodità andavano insieme, perché come un uomo aveva diritto a ciò in cui avesse impiegato il suo lavoro, così non era tentato di lavorare per più di quanto potesse usare. Il che non lasciava luogo a controversie intorno al titolo, né a violazioni del diritto altrui: si vedeva facilmente quale porzione un uomo tagliava per se, ed era tanto inutile quanto disonesto tagliarne troppa o prenderne di più di quanto non se ne avesse bisogno....
Se lo stato di natura - l'unica società che comprenda tutta l'umanità - era uno stato di uguaglianza, libertà, relativa pace e abbondanza, uno stato in cui diritto e comodità andavano insieme, quale 'peccato' scacciò la specie umana da questo stato edenico nell'esilio della società politica? Locke cita due cause interconnesse: il crimine e il denaro. ...
La causa efficiente della società politica fu la corruzione e la perversità di uomini degenerati, che trasgredivano le regole della legge di natura, ma la causa del crimine è il denaro. La concezione lockiana del crimine e del denaro è essenziale, dunque, per comprendere la funzione del governo civile. È l'esistenza del crimine che chiama in causa la creazione dello stato; ma il crimine, a sua volta, presuppone l'esistenza dello scambio monetario, perché altrimenti, per così dire, non pagherebbe. (J. L. Two Treatises p. 227 da G. Caffentzis Parole Abusate... p. 41)
Impulsivo, Immediato, Irrazionale: il criminale sceglie il suo crimine; ma che cosa determina le condizioni della sua scelta? Che cosa lo induce innanzitutto in tentazione? Allo stato originario di natura gli incentivi al furto erano molto ridotti, perché vi era abbondanza di terra non coltivata e un livello di ricchezza che, pur non essendo molto alto, era distribuito in modo egalitario. Un po' di lavoro sul terreno comune bastava a soddisfare i propri bisogni, mentre la ricchezza cintata dei vicini non stimolava l'invidia né spingeva ad un rischio indebito. La scarsità non è un fenomeno naturale per Locke. Fu solo con l'avvento del denaro che la ricchezza cessò di essere definita e limitata dall'uso. A seguito dell'invenzione del denaro si poté possedere e produrre più di quanto fosse necessario per i propri bisogni e si poté accumulare ricchezza, in una forma quasi eterna, da non dividersi con gli altri, pur restando entro i limiti della legge naturale. In tali circostanze i vettori temporali del crimine e del denaro collidono. (G. Caffentzis Parole Abusate... p. 48)
Il denaro implica la libertà di comprare e vendere ciò che si vuole nella quantità che si vuole, altrimenti i prezzi non potrebbero formarsi. Chiunque disponga del denaro necessario e trovi conveniente il prezzo può acquistare merci non solo per uso personale, ma anche per trasformarle (o farle trasformare) poco o tanto e successivamente rivenderle in un luogo e/o tempo diverso ad un prezzo superiore, così da reintegrare quanto speso e realizzare un guadagno, e il profitto è il diritto su una precisa quantità di esistenza sociale non più proporzionale a quanto della propria esistenza si dà alla società, ma al volume delle merci scambiate, ossia al fatto che già si possiede denaro in quantità superiore alle proprie necessità personali, che può essere centinaia e migliaia di volte la quantità del proprio tempo di "lavoro".

Anche se la funzione materiale dei mezzi di produzione è produrre beni di consumo per chiunque, il loro valore economico, ossia la grandezza del capitale, esprime comunque il comando su una determinata quantità di lavoro che, sommato al profitto, è la misura del potere sociale oggettivo di chi lo possiede, il diritto, socialmente riconosciuto nel momento stesso in cui si accetta la mediazione del denaro come mezzo di scambio, di disporre secondo fini e convinzioni personali del modo in cui deve essere impiegata l'altrui esistenza e di considerarsi i proprietari della realtà materiale corrispondente prodotta.

Il desiderio di potere è un desiderio innaturale, originariamente inesistente e inconcepibile, ma "umanamente" comprensibile quando le relazioni sono quantificate, quando la scelta è fra essere ricchi ed essere poveri. La legge del massimo risultato col minimo sforzo diventa la legge della massimizzazione del profitto. Viene quindi in esistenza una specie di "selezione in-naturale" che porta ad avere il potere di decidere sull'indirizzo complessivo dalla società coloro che, quali che siano le loro specifiche eventuali qualità positive (intelligenza, simpatia, astuzia, ingegno, forza, bellezza, ecc.), prendono più di quanto danno, e perciò, consapevoli o no, impoveriscono gli altri della loro essenza, della loro esistenza. 
Con la scarsità e l'accumulazione nascono il ricco e il povero. Questo stato del denaro, il nostro stato, è transitorio. A differenza dello stato di natura, dove il rapporto di uguaglianza tra sforzo e uso crea un certo equilibrio, una situazione in cui vi è molta disuguaglianza rispetto alla terra e alla ricchezza, e a cui si arriva per consenso, ma senza un contratto, è fragile. Chi un giorno ha acconsentito (o concordato tacitamente) ad accettare il denaro come equivalente universale, vorrebbe rinnegare il proprio accordo quando si trova affamato o escluso dalla terra comune. Vorrebbe allora appellarsi ai suoi diritti naturali. Un altro, spinto dall'invidia o dal desiderio, vorrebbe una parte delle scorte del ricco agricoltore o mercante, sostenendo che questi ha violato la legge naturale, perché tiene per sé più di ciò di cui ha bisogno. E chi ragiona con la fame? O chi può disarmare l'invidia? Certo non la memoria di un tacito accordo, stipulato in circostanze radicalmente diverse. A questo punto sono ormai presenti le condizioni sociali del crimine di massa: la scarsità, il venir meno di ogni giustificabile rapporto tra lavoro e proprietà, l'accumulazione illimitata, che aumenta ulteriormente le distanze tra ricchi e poveri... L'Ambizione e il Lusso si scontrano con la Disperazione, la Rabbia e l'Invidia, in una guerra e tensione permanente. Un circolo vizioso si sviluppa nello stato del denaro, per cui le condizioni stesse dell'accumulazione della proprietà ne inficiano i risultati.
Qualcosa deve cedere: o lo stato di denaro si dissolve di nuovo nello stato di natura, o si origina un nuovo stato che salvaguardi il denaro, controlli il crimine e garantisca l'accumulazione. È così che sorge l'impulso al contratto sociale.
(G. Caffentzis Parole Abusate... p. 50)
Se in un paese vi sono i seguenti dieci mali: riti, musica, Odi, Documenti, virtù, cultura morale, pietà filiale, dovere fraterno, integrità e sofismi, il sovrano non è in grado di far combattere il popolo, lo smembramento è inevitabile e ciò porta con sé l'estinzione. Un paese in cui i virtuosi governino sui malvagi sarà afflitto da disordine e così verrà smembrato; ma un paese in cui i malvagi governino sui virtuosi sarà ordinato e così diventerà forte. (J. J. L. Duyvendak,  Il Libro del Signore di Shang p. 167)
Il profitto può essere reinvestito per aumentare il capitale e quindi il profitto stesso. Non tutti hanno questo desiderio, ma alcuni certamente si, fosse anche solo per gioco, e l'uso del denaro permette di farlo. Questo è sufficiente perché il processo di espansione del capitale abbia luogo.
Nonostante le restrizioni bibliche, una volta che si sviluppi un'economia monetaria, si determina anche un modo del tutto nuovo di accumulare la proprietà, che non dipende più dal titolo che ad essa originariamente dava il lavoro, ma che è altrettanto legittimo, perché si ricollega al 'tacito consenso' di tutti gli utenti del denaro. Col profitto, il rapporto tra terra e denaro subisce un'ironica inversione. Pur essendo inerentemente fruttuosa, la terra è sotto vari aspetti limitata; il denaro invece sprigiona nella società una forza creativa, autogenerantesi, che ha il carattere illimitato, puramente quantitativo e seriale dei numeri e che è alternativamente chiamata Mercato, Commercio o Appropriazione. (G. Caffentzis Parole Abusate... )

Il profitto per Smith, ma per tutta l'economia politica classica, è, rispetto agli altri redditi, un reddito tutto particolare; la sua destinazione naturale, da parte di colui che lo riceve, non è il consumo, ma l'investimento produttivo, è il mettere all'opera gente operosa, lavoratori produttivi, che accrescono con il loro lavoro il valore del prodotto (producono il prodotto netto). Attraverso l'investimento quindi, attraverso l'incremento della produzione, la ricchezza si sviluppa come non mai. Continuo e rinnovato slancio lo ricevono anche la divisione del lavoro e lo scambio, crescono e si espandono gli agi e il benessere di tutti. (M. Bianchi I Bisogni... p. 15)

Il fine dell'economia non è il consumo, ma l'allargamento sistematico del processo produttivo; la sola destinazione della produzione è l'accumulazione della ricchezza del tutto indipendentemente dalla forma materiale che essa assume: cannoni o palazzi sono indifferenti per colui che li produce, purché si trasformino in una somma di denaro maggiore di quella che ha utilizzato per produrli. La produzione è solo produzione di denaro, di ricchezza astratta, separata e contrapposta al mondo dei valori d'uso e dei bisogni. L'unico bisogno diventa il bisogno di denaro. (M. Bianchi I Bisogni... p. 19)
Siccome il valore assoluto del prodotto lordo rappresenta la quantità di tempo di lavoro svolto per produrlo indipendentemente dal volume fisico e dalla funzione delle merci che lo compongono, e poiché tale valore si divide in capitale (il prezzo dei mezzi di produzione) e reddito (il prezzo dei beni finali di consumo), in un sistema economico con un valore assoluto del prodotto lordo costante, l'aumento del capitale va di pari passo alla diminuzione dei redditi complessivi, dei salari e dei profitti, anche se i beni di consumo sono disponibili in grande quantità. Senza un compenso corrispondente non si venderebbe la propria esistenza, e se il profitto venisse a mancare, la compravendita di merci in quantità superiore al fabbisogno personale non avrebbe senso, sicché la struttura di produzione e scambio contrattato crollerebbe: la conflittualità essenziale dei rapporti fra le persone non sarebbe più coperta dall'accordo superficiale, e il grado di scarsità assoluta raggiunto si mostrerebbe in tutta la sua gravità.
È dunque vitale per il sistema economico che il saggio del profitto sia positivo, il che è possibile solamente se l'espansione del capitale avviene insieme all'espansione del valore assoluto del prodotto lordo, ossia all'aumento della quantità del tempo di esistenza umana sottoposta al dominio e alla logica della quantità, controllata e reintegrata nel tempo con la reintegrazione del capitale.
Le relazioni economiche, dapprima inesistenti, cominciano quindi ad interessare un numero crescente persone, finché nessuno può vivere al di fuori di esse, e alla fine nemmeno con esse.
L'espansione del valore assoluto del prodotto lordo si può ottenere solo per mezzo dell'aumento della popolazione, quindi con l'aumento dell'estensione delle terre coltivate, sempre più marginali, dell'intensificazione del loro sfruttamento, e con la conquista e la riduzione in schiavitù delle popolazioni con culture e tradizioni più pacifiche perché di tipo qualitativo o perché più arretrate nel processo di quantificazione. Come espressione della cultura che la produzione di cibo implica, l'economia è pure lo strumento di espansione di tale cultura e dell'esplosione demografica che tale cultura implica.
Nello stesso tempo aumenta la produttività, la capacità procapite di incidere sull'ambiente, e quindi di distruggerlo. L'aumento della popolazione, con lo sviluppo della divisione del lavoro, rende sempre più necessario e insieme facile il processo di espansione.
Le relazioni economiche, prima inesistenti, cominciano ad interessare un numero crescente di persone, fino a che nessuno può vivere al di fuori di esse, e alla fine nemmeno con esse. La nostra era, presentandosi come un processo di progressiva quantificazione della qualità, può essere chiamata Era quantitativa, o materialista.
Fra i tratti caratteristici della mentalità moderna, e come argomento centrale del nostro studio, prenderemo subito in esame la tendenza a ridurre ogni cosa al solo punto di vista quantitativo, tendenza talmente radicata nelle concezioni 'scientifiche' degli ultimi secoli, e reperibile d'altronde altrettanto nettamente negli altri campi, come ad esempio quello dell'organizzazione sociale, da permettere quasi di definire la nostra epoca essenzialmente e innanzitutto come il regno della quantità. Se adottiamo questa categoria a preferenza di qualsiasi altra non è tanto o principalmente perché sia più visibile o meno contestabile, ma perché ci appare come veramente fondamentale, dato che tale riduzione al quantitativo traduce rigorosamente le condizioni della fase ciclica raggiunta dall'umanità nei tempi moderni, e perché la tendenza in questione conduce logicamente al punto d'arrivo di quella 'discesa' effettuantesi a velocità sempre più accelerata, dall'inizio alla fine di un Manvantara, cioè nel corso di una manifestazione di una umanità come la nostra. Tale 'discesa', come abbiamo già avuto occasione di affermare, non è altro che il graduale allontanamento dal principio, necessariamente inerente ad ogni processo di manifestazione; in virtù delle condizioni speciali di esistenza cui il nostro mondo deve sottostare, il punto più basso riveste l'aspetto della quantità pura priva di qualsiasi distinzione qualitativa; è ovvio che si tratta esclusivamente di un limite, e che quindi si può parlare solamente di 'tendenza', poiché nello svolgimento del ciclo tale limite non può assolutamente essere raggiunto, trovandosi in qualche modo al di fuori e al di sotto di qualsiasi esistenza realizzata o realizzabile. (René Guenon Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi Adelphi pp. 12, 13)

Poiché lo svolgimento discendente della manifestazione, e quindi del ciclo che ne è espressione, si effettua dal polo positivo od essenziale dell'esistenza verso il suo polo negativo o sostanziale, ne consegue che tutte le cose devono prendere un aspetto sempre meno qualitativo e sempre più quantitativo; ed è per questo che l'ultimo periodo del ciclo deve tendere, in modo del tutto particolare, ad affermarsi come il regno della quantità.
(R. Guenon Il Regno della Quantità... p. 47)

L'essenza di questo processo è la tendenza ad intensificare la produzione. E questa intensificazione - lo sfruttamento di terra, acqua, minerali o energia per unità di tempo e di spazio - è a sua volta una risposta ricorrente alle minacce contro il tenore di vita. Nei tempi antichi queste minacce sorgevano principalmente da mutamenti climatici e migrazioni di popolazioni di animali. Nelle epoche più recenti lo stimolo principale divenne la competizione fra gli Stati. Al di là delle sue cause immediate, l'intensificazione è sempre controproducente. In assenza di mutamenti tecnologici, porta inevitabilmente all'impoverimento dell'ambiente e alla riduzione dell'efficienza della produzione in quanto quest'ulteriore sforzo prima o poi deve essere applicato ad animali, piante, terreni, minerali e fonti di energia più remoti, meno sicuri e meno abbondanti. Una minore efficienza, a sua volta, porta ad una riduzione dei livelli di vita, ovvero esattamente all'opposto del risultato desiderato.
(M. Harris Cannibali e Re p. 17)
Nel conseguente degrado planetario dell'ambiente e dei rapporti fra le persone, anche il benessere delle società in espansione, per quanto relativamente grande, anche centinaia di volte più grande in termini quantitativi, diventa un sempre più misero benessere.
Riguardo ad amenità quali il buon cibo, i divertimenti e i piaceri estetici, gli antichi cacciatori e raccoglitori si concedevano lussi che solo i più ricchi americani di oggi possono permettersi. Per godersi due giorni all'aria aperta, fra laghi ed alberi, un funzionario attuale deve lavorare cinque giorni. Oggi intere famiglie faticano e risparmiano per 30 anni per concedersi la soddisfazione di intravedere pochi metri quadrati d'erba fuori delle loro finestre. E si tratta di pochi privilegiati. (M. Harris Cannibali e Re p. 9)


Fase Industriale
Dicevamo che la tendenza è quella di uniformare non solo gli individui umani, ma anche le cose; se gli uomini dell'epoca attuale si vantano di modificare il mondo in sempre più larga misura, e se effettivamente tutto diventa in esso sempre più artificiale, è soprattutto in questo senso che essi intendono modificarlo, facendo pesare tutta la loro attività su un ambito il più possibile strettamente quantitativo. Del resto, poiché si è voluto costruire una scienza tutta quantitativa, è inevitabile che le applicazioni pratiche derivate da tale scienza rivestano lo stesso carattere; sono queste le applicazioni il cui insieme è denominato generalmente 'industria', e si può ben dire che l'industria moderna, sotto tutti i riguardi, rappresenti il trionfo della quantità, non soltanto perché i suoi procedimenti fanno esclusivamente appello a conoscenze di ordine quantitativo e perché gli strumenti di cui si serve, cioè le macchine, sono fatti in modo da far intervenire il meno possibile considerazioni qualitative, mentre gli uomini che li mettono in azione sono essi stessi ridotti ad un'attività del tutto meccanica, ma anche perché, nelle stesse produzioni di questa industria, la qualità è interamente sacrificata alla quantità. (R. Guenon Il Regno della Quantità... p. 56)
L'attuale fase del processo di quantificazione ha inizio con la rivoluzione industriale, detta anche, da Polanyi, la rivoluzione dei ricchi contro i poveri, che si fa coincidere con la recinzione dei terreni comuni in Inghilterra.

Durante il periodo mercantile, nei tempi arcaici e nel medioevo, e anche per buona parte della fase industriale, la maggior parte della popolazione era direttamente impegnata nelle attività agricole, e produceva da sé la maggior parte di quanto occorreva per soddisfare i propri bisogni vitali. Con la recinzione dei terreni, per alcuni, e da allora una quantità sempre crescente, la possibilità di vivere al di fuori delle relazioni economiche e della loro influenza, in pratica, è stata totalmente eliminata. Per entrare in possesso di quanto occorre per sopravvivere si deve pagare col denaro che, quando non si hanno proprietà né inclinazione per gli affari, si ottiene vendendo una parte della propria esistenza (la "parte eccedente", come dicono i marginalisti!), la propria disponibilità, alla volontà e per gli scopi di coloro che possono e vogliono acquistarla. Questo determina il trionfo della quantità, il Monopolio Radicale dell'Economia, come dice Ivan Illich. Aumentano sia la coesione sociale mantenuta meccanicamente dal denaro per l'aumentata dipendenza del singolo al tutto, sia la conflittualità che nello stesso tempo questa condizione implica. 


Ivan Illich

Ivan Illich
Mi sono soprattutto occupato dei processi attraverso i quali una crescente dipendenza da beni e servizi prodotti in serie elimina a poco a poco le condizioni necessarie per una vita conviviale. Ciascun saggio, nell'esaminare un settore diverso della crescita economica, dimostra una regola generale: i valori d'uso vengono ineluttabilmente distrutti quando il modo di produzione industriale raggiunge quel predominio che io ho chiamato monopolio radicale. Nell'assieme i saggi descrivono in che modo la crescita industriale produce la versione moderna della povertà. Questo tipo di povertà fa la sua apparizione quando l'intensità della dipendenza dal mercato arriva a una certa soglia. Sul piano soggettivo, essa è quel tipo di opulenza frustrante che s'ingenera nelle persone menomate da una schiacciante soggezione alle ricchezze della produttività industriale. Essa non fa che privare le sue vittime della libertà e del potere di agire autonomamente, di vivere in maniera creativa; le riduce a sopravvivere grazie al fatto di essere inserite in relazioni di mercato. (Ivan Illich Introduzione a Per una storia dei bisogni Mondadori p. 7)
La fase industriale è caratterizzata da una espansione del capitale che, pur mantenendo il suo carattere estensivo, avviene marcatamente anche in modo intensivo con l'aumento della produttività, per mezzo della parcellizzazione del lavoro e con l'uso di macchinari sempre più complessi mossi da energia derivante dalla combustione. Conseguentemente aumenta la quantità di lavoro sociale indicata dal prezzo dei mezzi di produzione rispetto quella indicata dal prezzo dei beni di consumo. Come si è detto, la diminuzione del valore dei beni di consumo significa direttamente una diminuzione dei redditi complessivi: dei salari - la quantità di lavoro sociale distribuita ai lavoratori - e del saggio del profitto del sistema attorno al quale oscilla il saggio del profitto delle singole imprese. I singoli imprenditori sono quindi costretti ad aumentare la produttività non tanto per aumentare il profitto, anche se quello è l'impulso originario sempre presente, bensì per far fronte alla concorrenza e riuscire almeno a mantenere, nell'ipotesi di un sistema economico chiuso, un saggio del profitto medio decrescente.

L'aumento della produttività comporta l'aumento della disponibilità materiale del tipo di merci esistenti in un dato momento, fino alla saturazione della possibilità di consumo. Ma la diminuzione del lavoro complessivo e procapite conseguente, non comporta, come si sarebbe spontaneamente portati a credere, un accrescimento generale del tempo libero dedicato direttamente al piacere di vivere. Nella fase industriale, quando per entrare in possesso di quanto occorre per soddisfare anche i bisogni più elementari bisogna pagare col denaro, ciò significa "disoccupazione", assenza di reddito, impedimento a soddisfare i bisogni anche se ciò che occorre esiste, e diminuzione del valore assoluto del capitale, oltre che dei profitti. Il sistema economico, non ammettendo per sua natura questa possibilità, deve applicare la quantità di lavoro liberata dall'aumento della produttività alla produzione di nuove merci e servizi, aumentando così i bisogni, ossia la scarsità, e la mercificazione delle più diverse espressioni e dei più diversi aspetti dell'esistenza umana. Creati essenzialmente per queste ragioni, i nuovi bisogni sono bisogni indotti, deformati e deformanti, funzionali al sistema e sempre più lontani ed antagonisti ai bisogni naturali, ma che per un individuo che vive in una società deformata diventa tanto indispensabile quanto penoso soddisfare.
Negli individui la quantità predominerà tanto più sulla qualità, quanto più saranno ridotti ad essere, se così si può dire, dei semplici individui, e quanto più saranno, appunto per questo, separati gli uni dagli altri, il che, si badi, non vuole affatto dire più differenziati, poiché vi è anche una differenziazione qualitativa che è proprio l'inverso di quella differenziazione del tutto quantitativa che è la separazione in questione. La quantità, torniamo ad insistere, può soltanto separare, non unire; sotto forme diverse, tutto ciò che procede dalla 'materia' non produce altro che antagonismo fra quelle 'unità' frammentarie che sono all'estremo opposto della vera unità, o che almeno vi tendono con tutto il peso di una quantità non più equilibrata dalla qualità....
La conclusione deducibile da quanto precede è che l'uniformità, per essere possibile, supporrebbe esseri sprovvisti di qualsiasi qualità e ridotti a semplici 'unità numeriche'; ed è perciò che un'uniformità del genere non è mai realizzabile di fatto, e che tutti gli sforzi compiuti a tal fine, specie nell'ambito umano, possono avere l'unico risultato di spogliare più o meno completamente gli esseri delle qualità loro proprie, e di fare di essi qualcosa che assomiglia al massimo a semplici macchine, in quanto la macchina, prodotto tipico del mondo moderno, è appunto ciò che rappresenta, al più alto grado finora raggiunto, la predominanza della quantità sulla qualità. Proprio a questo tendono particolarmente dal punto di vista sociale, le concezioni 'democratiche' ed 'egualitarie' secondo cui tutti gli individui si equivalgono, supposizione assurda la quale induce a ritenere che tutti debbano essere ugualmente adatti a non importa cosa...
(R. Guenon Il Regno della Quantità... pp. 51-55)
Se l'espansione intensiva del capitale tende ad annullare rapidamente i redditi, il potere materiale dovuto alla grande capacità produttiva e alla disponibilità di forza-lavoro permette al sistema capitalistico di realizzare la condizione indispensabile alla propria sopravvivenza per mezzo di un'ancor più rapida espansione del capitale sul piano internazionale. Negli scambi internazionali, infatti, per la differenza di produttività, le parità monetarie sono tali per cui una quantità di lavoro di un paese capitalista corrisponde ad una quantità decine e centinaia di volte superiore di lavoro di un paese tecnologicamente arretrato. Durante i 2-300 anni della fase industriale, l'espansione della terra coltivata (America, Australia, Africa e isole) è stata maggiore di quella che alla transizione neolitica, in Asia ed Europa, ha richiesto 2-3.000 anni, e lo stesso vale per l'intensificazione del suo sfruttamento. 
L'occidente moderno, del resto, non si accontenta di imporre a casa sua un tal genere di educazione; egli vuole imporlo anche agli altri, unitamente a tutto il complesso delle sue abitudini mentali e corporee, al fine di uniformare il mondo intero di cui contemporaneamente uniforma l'aspetto esteriore mediante la diffusione dei prodotti della sua industria. Ne deriva la conseguenza, solo in apparenza paradossale, che il mondo è tanto meno 'unificato' nel senso reale del termine, quanto più diviene uniformato. (R. Guenon Il Regno della Quantità... p. 55)

Quanto ai mezzi mediante i quali l'Occidente è giunto ad affermare questa dominazione, basta riportarsi a quanto ne abbiamo detto in altre opere, per convincersi che, in definitiva, essi si basano esclusivamente sulla forza materiale, il che, in altri termini, equivale a dire che la dominazione occidentale non è altro essa stessa che un'espressione del 'regno della quantità'. (R. Guenon Il Regno della Quantità... p. 16)

The bourgeoisie, by the rapid improvement of all instruments of production, by the immensely facilitated means of communication, draws all, even the most barbarian, nations into civilisation. The cheap prices of its commodities are the heavy artillery with which it batters down all Chinese walls, with which it forces the barbarians' intensely obstinate hatred of foreigners to capitulate.
(Marx - Engels Manifesto of the Communist Party
Fin che il sistema si espande, salari e profitti sono elevati, vi è meno criminalità e meno egoismo, e quindi più speranza in un futuro migliore. Come nelle fasi precedenti, dell'aumento conseguente di ricchezza materiale tutto il sistema in espansione trae immediato vantaggio relativo, e i salariati, per quanto possano essere moralmente contrari, sono facilitati e costretti ad accettare il sistema stesso e a collaborare di fatto alla politica di espansione. In questo modo lo sviluppo quantitativo mantiene il suo moto senza poter essere arrestato né dall'interno né dall'esterno del sistema in espansione da nessuna opposizione morale, religiosa e politica.... finché è possibile aumentare il valore assoluto del prodotto lordo.



Fine dell'Era Quantitativa
Il male non è soltanto pernicioso per il bene, ma finisce, nelle sue ultime conseguenze, anche con l'annientare sé stesso; poiché il male, dovendo la sua esistenza soltanto alla negazione, non può sussistere di per sé stesso. (R. Wilhelm I CHING p. 142) 
La drastica riduzione della popolazione e la fine dell'economia sono i due aspetti coincidenti che caratterizzano la fine del periodo quantitativo.

A partire dal Neolitico, pur con vicende alterne, insieme alla popolazione è aumentata costantemente anche la produzione di derrate alimentari, permettendo di mantenere ad un livello costante la scarsità relativa. Ora invece la quantità totale di cibo prodotto, oltre ad essere già da più una decina d'anni insufficiente per tutti, ha cominciato anche a diminuire, mentre la popolazione mondiale, nonostante la fame, le guerre, le malattie e i disastri naturali, continua a crescere al ritmo di circa 100 milioni di unità all'anno, 100 milioni di persone affamate in più ogni anno (24,000 persone moriranno di fame oggi. Vedi: The Hunger Site).
In uno dei più espliciti rapporti che ha prodotto, l'organizzazione mondiale della sanità (WHO) afferma che più di un quinto dei 5,6 miliardi di persone del mondo vive in estrema povertà, quasi un terzo dei bambini sono denutriti, e metà della popolazione mondiale non può disporre delle medicine essenziali... Mentre l'aspettativa di vita aumenta nei paesi più sviluppati, essa si restringe in alcune delle più povere. Per molti milioni di persone per le quali la sopravvivenza è una guerra quotidiana, la prospettiva di una vita più lunga sembra più una punizione che un premio.  (Chris Mihill Poverty is World's Greatest Killer The Guardian. May 7 1995)
Supponendo di mettere a coltivazione tutte le terre arabili, la quantità di cibo prodotto potrebbe forse crescere ulteriormente per qualche altro anno, dopo di che comincerebbe a diminuire sempre più a causa della stessa pressione demografica, e quindi dell'inquinamento, dell'aumento della temperatura del pianeta, dell'aumento del livello dei mari, dell'erosione del suolo e della desertificazione conseguenti. Nel punto di saturazione, l'aumento della scarsità assoluta coincide direttamente ad un aumento della scarsità relativa.

Ora il punto di saturazione è stato raggiunto, siamo nella fase di fibrillazione. Nel punto critico, di rottura, verso il quale stiamo rapidissimamente correndo, la popolazione umana non solo smetterà di aumentare, ma in un modo o nell'altro comincerà a ridursi drammaticamente, per tornare in breve tempo alla dimensione adatta alla sua natura, quella originaria, necessaria per sostenersi con la caccia e la raccolta.... se ancora sarà possibile.
La curva demografica della popolazione umana, come per il passato, si comporterà più o meno come quella delle mosche (blowflies) dell'esperimento di A. J. Nicholson.
C'era una volta un uomo che aveva un vaso pieno di mosche. A volte c'erano quasi 10.000 mosche nel contenitore di Nicholson. Altre volte la popolazione si riduceva ad alcune centinaia.

Blowflies Diagram

La popolazione di mosche riempiva lo spazio del contenitore quanto più possibile, dopo di che il numero di mosche diminuiva precipitevolissimevolmente; ma allora, con tanto spazio disponibile, le mosche si riproducevano nuovamente. Dopo circa 38 giorni il ciclo si ripeteva; mai esattamente allo stesso modo, ma fluttando attorno ad un ritmo periodico. (Ian Stewart Does God Play Dice? The New Mathematics of Chaos Penguin p. 263)
Come la produzione di cibo è la causa della venuta in esistenza dell'economia, così l'impossibilità di aumentare la quantità di cibo prodotta determina la sua fine.
Se il limite biologico al numero di persone che possono essere nutrite sufficientemente per lavorare determina il limite dell'espansione del valore assoluto del prodotto lordo, l'espansione intensiva del capitale non può invece essere arrestata a causa della ineliminabile conflittualità intrinseca ai rapporti quantificati, stimolata anzi dalla diminuzione dei redditi, perciò il saggio del profitto tende ad annullarsi e il mercato doventa turbolento. Per questo anche le nazioni più ricche hanno enormi problemi economici. Quando il regno della quantità ha raggiunto la sua massima estensione e intensità, si esauriscono anche le condizioni e le forze che sostengono il suo sviluppo, e il denaro, benché ormai indispensabile per tutti e per ognuno, non può mantenerne la funzione che gli è propria anche se si volesse e si tentasse con tutti i mezzi il contrario. 
L'economia intesa come contenuto dell'esistenza costituisce una malattia mortale, perché una crescita infinita non è adeguata ad un mondo finito. Che l'economia non debba costituire il contenuto dell'esistenza, è stato detto all'umanità da tutti i suoi grandi maestri, e oggi risulta evidente che non può esserlo. Per descrivere più particolareggiatamente la malattia mortale, si può dire che si tratta di qualcosa di simile ad una intossicazione, come l'alcolismo o l'assuefazione alle droghe, e non importa granché se quest'assuefazione si manifesta in forme egoistiche ovvero altruistiche, se reca la propria soddisfazione soltanto per vie rozzamente materialistiche oppure anche con modalità raffinate, artistiche culturali e scientifiche. (E. Fromm Avere o Essere? Mondadori p. 179)
In this paper we show, after evaluating Polanyi's arguments in the light of developments in the last fifty years, that the land market has led to the environmental crisis. In addition, we indicate that the imposition of a labour market on the populations of the world, as has been done by the G-7 powers in the last thirty to forty years, makes it impossible for the affected populations to solve the crisis. Looked at in the broadest possible sense, it comes down to this: the drive towards monetarization of all values has spawned an international institutional structure that is incompatible with a sustainable world. (Philip Smith The Great Transformation - fifty years later -)


Il Mutamento
I tempi mutano, e con essi le richieste. Così anche nell'annata cosmica vi sono primavere ed autunni di popoli e di nazioni, che richiedono trasformazioni sociali. (R. Wilhelm I CHING da "Il Sovvertimento", "La Muda" p. 216)  
La riduzione della popolazione, in accordo col processo che la impone, potrebbe avvenire, prima ancora del crollo dell'economia, per mezzo di disastri ecologici o sociali, di guerre o cambiamenti climatici insostenibili.
Oppure, dal momento che ora l'unità sociale è rappresentata e mantenuta solo dal denaro, se la sua funzione dovesse improvvisamente venir meno non vi sarebbe nessun punto di riferimento comune, resterebbe solo il conflitto, ulteriormente acuito dal grado di scarsità assoluta raggiunto; ci si troverebbe totalmente senza regole e, incapaci di capirsi e di mettersi d'accordo, si avrebbe il caos. 


Naom Chomski

Naom Chomski
Le conseguenze di questa scelta non sono oscure. Negando l'istinto alla libertà, proveremo solamente che l'uomo è una mutazione letale, un capolinea dell'evoluzione. Alimentando tale scelta potremo avere a che fare con spaventose tragedie umane e problemi spaventosamente grandi. (Noam Chomski Deterring Democracy p. 401)
Abbiamo raggiunto il punto di crisi storica. Le forze generate dall'economia tecnico scientifica sono ora sufficientemente grandi da distruggere l'ambiente, il fondamento materiale della vita umana. Le strutture stesse delle società umane, incluse alcune dell'economia capitalista, sono sul punto di essere distrutte dall'erosione di ciò che abbiamo ereditato dal passato. Il nostro mondo rischia sia l'esplosione che l'implosione. Deve cambiare. (E. Hobsbawm The Age of Extremes Michael Joseph The Guardian 10/15/1994)
I nomi adoperati sono molteplici ma non superflui. Indagando i loro aspetti intravediamo in essi i pensieri del crepuscolo di un'epoca. (I CHING p. 602)

Il tempo in cui sorsero i mutamenti fu quello in cui la casata Yin giunse alla sua fine, quando l'indole della casata Ciou era in ascesa. Il tempo dunque in cui il re Uenn ed il tiranno Ciou Sinn ebbero da fare l'uno con l'altro.
Per questo le sentenze del Libro sono così spesso dei moniti, di stare in guardia davanti ai pericoli. Chi è consapevole del pericolo, quegli si crea pace; chi lo prende alla leggera, quegli si crea rovina. Il Senso di questo Libro è grande. Nessuna delle cento cose esso omette. Preoccuparsi di principio e fine, e tutto questo lo comprende il detto: Senza macchia. Questo è il Senso dei mutamenti.
(I CHING p. 609)
Ma è anche possibile che l'umanità si risvegli, che la specie umana si riconosca come unità organica, consapevole di sé e della propria posizione nel mondo, e che come tale faccia quanto necessario per soddisfare i bisogni fondamentali di tutti (risolvere il problema della scarsità relativa) e per ripristinare le condizioni originali di armonia (eliminare la scarsità assoluta), nel tempo più breve e nel modo più piacevole possibile. 
La vera comunanza fra uomini deve avvenire in base ad una partecipazione cosmica. Non scopi particolari dell'io, ma mete di tutta l'umanità producono durevole comunanza fra gli uomini; perciò è detto: Compagnia fra uomini all'aperto ha riuscita. Quando regna una simile concordia si possono anche portare a termine compiti difficili e pericolosi come l'attraversamento della Grande Acqua. (R. Wilhelm I CHING p. 109) 
In tal caso, il Mutamento sarebbe il passaggio ad un nuova Era Qualitativa, ossia ad un periodo in cui la qualità torna ad assumere la posizione principale e la quantità quella dipendente. L'abolizione globale e cosciente dell'economia sarebbe quindi l'evento che segna la data della sua realizzazione, la prova certa del cambiamento culturale, o interiore.
Con questa consapevolezza la popolazione potrebbe essere ridotta per mezzo del controllo delle nascite. Ci si potrebbe avvicinare molto al numero ideale, in pochi secoli e raddoppiando ogni generazione le risorse procapite disponibili, se le donne decidessero e si assumessero l'impegno di generare un solo figlio. 
Il mezzo più facile per assicurarsi una dieta di alta qualità e una sana e lunga vita senza fatiche e tormenti, non è l'aumento della produzione, ma la riduzione della popolazione.
Se per qualche ragione che sfugge al controllo umano, un cambiamento del clima per ipotesi, la disponibilità di risorse naturali procapite è dimezzata, non è necessario che sia compensata lavorando il doppio. Si potrebbe invece ridurre a metà la popolazione.
(M. Harris Cannibali e Re p. 17) 

Sono passati secoli da quando essi (gli Aborigeni) hanno scoperto le curiose proprietà della mela selvatica detta canguro. La medicina moderna la utilizza per ottenere la solasodine, uno steroide impiegato nella contraccezione orale. L'Anziano mi disse che per loro era molto importante che ogni nuova vita portata nel mondo fosse desiderata e accolta con gioia. Fin dagli albori del tempo, per la tribù della Vera Gente, la procreazione è sempre stata un atto consapevole. La nascita di un bambino significa garantire a un'anima un corpo terreno. (Marlo Morgan ...E venne chiamata due cuori Sonzogno p. 103)

Vedi:  Alternative Energy Institute Population (Alternative Energy Institute)


Il Mutamento è possibile perché la maggior parte delle persone sarebbe ben felice che avvenisse, perché, per lo stesso significato delle parole, è universalmente auspicabile, e perché la necessità di un grande Mutamento si fa giorno per giorno sempre più pressante. Infine è possibile perché, pur potendosi considerare una impresa enorme rispetto i tempi attuali, è essenzialmente solo il ritorno alla normalità.
Basta eliminare le attività dannose, di rapina delle risorse naturali, inquinanti, stupide, servili, parassitarie e repressive, oggi esistenti a profusione, e mantenere, opportunamente modificate, e creare, quelle utili, quelle che permettono di soddisfare i bisogni fondamentali immediati di tutti e di rimediare per quanto possibile ai danni fatti fino ad ora, di combattere la desertificazione e riforestare il pianeta e favorire il ripristino dell'equilibrio naturale fra le specie viventi, e di favorire la maggiore autosufficienza possibile agli individui e ai gruppi di individui.
Deve essere la società come unità a decidere cosa è utile e cosa dannoso per tutti e, su questa base, ognuno deve essere libero di fare quello che piu gli piace, di dedicarsi alle attività che preferisce e gli riescono meglio, per il bene proprio e quello degli altri, che è appunto la condizione necessaria perché ognuno desideri dare il meglio di sé per individuare e risolvere ogni possibile problema.
Tenendo conto delle forze liberate dall'eliminazione delle attività negative, quali la produzione di automobili, di strade, di raffinerie, di centrali nucleari, della contabilità, delle banche, della burocrazia, della polizia, dell'esercito, della pubblicità, ecc., ecc., si capisce che, se ancora non è stato superato il "punto di non ritorno", il viaggio verso la restaurazione dell'armonia sarebbe tutto in discesa.
Il Maestro parlò: Quale bisogno ha mai la natura di pensare e di preoccuparsi? In natura tutto ritorna alla comune origine e si ripartisce fra i vari sentieri. Per un solo influenzamento il frutto di cento pensieri si avvera. Quale bisogno ha la natura di pensare, quale bisogno di preoccuparsi? (I CHING p. 598)
La natura non conosce intenzioni, e per questo tutto è così grande in essa. Sull'unitarietà dell'essenza fondamentale poggia il fatto che tutte le mille vie conducono ad una sola meta così perfetta come se fosse stata meditata in ogni dettaglio. (R. Wilhelm I CHING p. 598)
Essendo innanzitutto una trasformazione della coscienza collettiva, un fatto spirituale, culturale, il mutamento non richiede precondizioni esterne, ma solo la consapevolezza della sua necessità e la determinazione a farlo, e perciò può avvenire in modo istantaneo, come illuminazione collettiva, ossia come rivoluzione, a cui segue nel tempo la corrispondente trasformazione della realtà materiale esterna (impulso e inerzia).
Se la struttura sociale è in eccessiva contraddizione con i bisogni dell'uomo,... gli elementi caratteriali fino a quel momento rimossi verranno alla luce negli individui e nei gruppi più evoluti, e questi nuovi tratti caratteriali contribuiranno a trasformare la società in forme più appaganti per l'uomo. Quanto nei periodi di stabilità socioeconomica il carattere sociale è il cemento della società, tanto più esso si trasforma in dinamite nei momenti di drastico rivolgimento.  (E. Fromm L'Inconscio Sociale p. 22)
La teoria di Wittfogel, secondo me, suggerisce che quando certi tipi di sistemi statuali di produzione subiscono un processo di intensificazione possono sorgere forme dispotiche di governo capaci di neutralizzare la volontà e l'intelligenza umane per migliaia di anni. Ciò implica inoltre che il momento decisivo per una scelta consapevole si ha soltanto durante la transizione da un modo di produzione all'altro. (M. Harris Cannibals e Re p. 179)
Evoluzione e rivoluzione sono forme del mutamento. Le rivoluzioni sembrano impossibili fino a che non avvengono, ma, a intervalli, regolarmente avvengono, e avvengono proprio in situazioni, come quella attuale, piene di contrasti, e perciò eminentemente instabili. 
Se parliamo di evoluzione, intendiamo il graduale spiegamento nel tempo di ciò che è potenzialmente presente ma non è ancora apparso nella visibile e tangibile realtà. Ogni fase è un aspetto del tutto sotto le date condizioni del tempo e delle circostanze. Se possiamo vedere le connessioni causali, parliamo di evoluzione. Se il processo occorre spontaneamente, parliamo di mutazione. Il primo è un processo che avviene perifericamente, cioè nel medium del tempo; l'altro avviene radialmente, direttamente dal centro senza tempo, tagliando verticalmente, per così dire, attraverso i movimenti del tempo e della causalità. (A. Govinda The Inner Structure of the Book of Changes Wheelwright p. 9)
La fine spontanea dell'economia potrebbe essere anticipata se coloro che ora si battono contro il capitalismo si rendessero conto che il capitalismo è inevitabilmente intrinseco alla quantificazione dell'esistenza. Se le relazioni sono regolate in termini quantitativi, è inevitabile che vengano in esistenza il profitto e capitale, e se il capitale esiste, si espande, ed è dunque inconseguente e perdente battersi contro il capitalismo senza battersi contro la quantificazione dell'esistenza che lo genera.
I prezzi possono esistere solo come punto d'incontro fra l'offerta e la domanda, ossia come risultato di un rapporto di contrattazione, e dove il conflitto è alla base dei rapporti che servono a soddisfare i bisogni, non possono esserci pace e armonia. L'idea di una economia socialista, di una economia nella quale il denaro è usato come strumento puramente neutro per rapporti animati da uno spirito di collaborazione, in attesa della "maturazione" delle condizioni adatte al comunismo, quando finalmente il denaro potrà essere abolito, è superficiale, è sbagliata, moralistica e mistificatoria. Il denaro non potrà mai, nemmeno temporaneamente, nemmeno per scherzo, funzionare come strumento neutro; la sua stessa esistenza è una dichiarazione di ostilità generalizzata.
L'esistenza dell'economia e la conoscenza sociale della sua natura sono infatti alternativi: quando l'economia esiste la società non sa dire cosa realmente è e comporta, non sa definire il valore economico, mentre se si suppone che lo sappia, non si può pensare che le relazioni possano continuare ad essere regolate in quel modo. Per questo dire cos'è il Mutamento equivale a farlo, e per questo è forse più difficile da dire che da fare. Quando la società riuscirà a dire cos'è il Mutamento, ogni cosa andrà a posto da sola.
Il problema infatti è che viviamo nel periodo più oscuro della storia dell'umanità, e mai le forze negative sono state così grandi. Le attuali condizioni esterne sono tutt'altro che adatte all'armonia spontanea, e la distruzione dell'ambiente non è che l'aspetto esteriore, il risultato dell'attuale stato di consapevolezza sociale.
La concezione corrente di economia è l'espressione di qualcosa di più profondo, di tipo psicologico, capace di inibire le facoltà razionali, dovuta al fatto che la produzione di cibo va avanti da 10.000 anni, che tutta la vita dei singoli individui è condizionata dal denaro, dal fatto che il pensiero di ognuno è direttamente rivolto o strettamente condizionato dalla necessità di ottenerlo e di usarlo, e che perciò per molti è quasi impossibile immaginare un mondo senza economia. Così il processo di distruzione, contrariamente al desiderio reale della grande maggioranza delle persone (le stesse che lo alimentano), non solo non può essere arrestato ma nemmeno rallentato; in un circolo vizioso, pare impossibile creare le condizioni di armonia perché siamo in una condizione di caos.

Bisogna quindi prendere in considerazione la possibilità che la fine spontanea dell'economia non possa essere prevenuta, che il Mutamento avvenga non con una bella cerimonia inaugurale, ma con il crollo dell'economia, la chiusura delle borse, la perdita di valore e di significato del denaro.
A quel punto sarebbe auspicabile che ci fosse un riferimento spirituale, di tipo qualitativo, ossia una organizzazione di persone fisiche alla quale ognuno potesse rivolgersi per avere indicazioni e le informazioni necessarie per risolvere i problemi che prevedibilmente si porranno col crollo dell'economia, per soddifare i bisogni immediati di cibo, di case e dei vari generi di prima necessità innanzi tutto, e per ristabilire nel tempo necessario le condizioni naturali di armonia; per cominciare a far funzionare la società come una vera unità organica.
Il compito di questa organizzazione sarebbe appunto quello di raccogliere, elaborare, organizzare e rendere facilmente accessibili a tutti le conoscenze e le idee utili a quel fine, nell'ipotesi che la grande maggioranza della popolazione partecipi con entusiasmo all'impresa.
Ovunque e in ogni campo esistono persone che già si sono poste questi problemi ed hanno ipotizzato possibili soluzioni; esistono le conoscenze, ora isolate e represse, le idee e i mezzi necessari per risolvere ogni problema particolare (si può prevedere che ci saranno problemi che, pur se affrontati direttamente, saranno di difficile soluzione, ma come sarebbe allora se l'economia, che li ha creati, continuasse ad esistere?) ma ora quelle persone non sanno a chi rivolgersi, e quelle conoscenze non possono fondersi organicamente in un solo comprensivo progetto.
Se questo accadesse, se esistesse un punto di riferimento alternativo pronto ad entrare in funzione, la fine spontanea dell'economia potrebbe essere la causa finale della presa di consapevolezza dell'unità sociale, e le due cose coinciderebbero.

L'idea di un progetto di formazione di un punto di riferimento alternativo all'economia scaturisce direttamente dalla consapevolezza che l'economia è intrinsecamente negativa e la sua fine inevitabile. Ma si deve notare che, così come il campo dell'economia si definisce astraendo da qualsiasi considerazione sulla sua relazione col benessere, ugualmente ciò che utile per il benessere può e deve essere inviduato senza bisogno di riferirsi all'economia. Ciò significa che possono contribuire a questo progetto, a definire ciò che è giusto e ciò che è dannoso e che bisognerebbe fare e non fare, in ogni campo, anche coloro che credono che l'armonia possa essere realizzata pur continuando ad usare il denaro. 
In questo segno è accennato il momento in cui il trapasso dal disordine all'ordine non è ancora compiuto. Il rivolgimento è già preparato, è vero, giacché tutte le linee del trigramma superiore stanno in rapporto con quelle dell'inferiore. Ma esse non sono ancora al loro posto. Questo segno è come la primavera che conduce dal ristagno dell'inverno al tempo fecondo dell'estate. Con questa veduta piena di speranza il Libro dei Mutamenti conclude. (Richard Wilhelm I CHING p. 262)

Il segno Prima del Compimento raffigura il trapasso dal caos all'ordine. Questo segno sta alla fine del Libro dei Mutamenti. Esso richiama l'attenzione al fatto che in ogni fine è insito un nuovo principio. Dona così agli uomini una speranza. Il Libro dei Mutamenti è un libro dell'avvenire. (Richard Wilhelm I CHING p. 265)
R.A.M. S.F. 1 Settembre 2002