Prof.
Renato Gentile
Dipartimento
di Psicologia
Università
di Parma
Il
contributo offerto in queste pagine è tratto dalla pubblicazione digitale
riportata nel
Portale
di Medicina alla sezione Handicap.
ALTERAZIONI
CROMOSOMICHE
I
soggetti in cui, storicamente, si è osservato un handicap mentale, sono stati
quelli affetti da alterazione cromosomica, dove i segni esterni, i tratti
somatici, erano maggiormente evidenti e talvolta caratteristici. Tra queste la
più diffusa è la sindrome di Down. L’alterazione in questo caso è data dalla
presenza di un cromosoma in più rispetto al patrimonio di base. Il corredo
cromosomico è uguale per tutti gli esseri viventi di una determinata specie,
negli esseri umani tale patrimonio è formato da 23 coppie di cromosomi; 46 in
tutto. Nei soggetti affetti da tale disturbo invece si registra la presenza di
un cromosoma in più.. L’azione del cromosoma sovranumerario (in questo caso
localizzato nella ventunesima coppia), altera in maniera caratteristica
l’organismo del soggetto che ne è affetto; l’eccesso di materiale genetico
produce dismorfismi somatici ed alterazione di alcuni organi interni, come il
cuore e la ghiandola tiroidea, ed alcuni organi di percezione. Al danno
biologico si accompagna un handicap mentale, storicamente grave, da definire e
quantificare attraverso strumenti di misura.
Le
cause di questa anomalia cromosomica non sono ancora note, esistono solamente
delle osservazioni statistiche (come ad esempio la correlazione con l’età della
madre che passa da 1 caso su 2100 nascituri per madri di 20 anni di età, a 1
caso su 100 nascite per madri di oltre 40 anni), e delle ipotesi di studio
relative ad una probabile correlazione con l’esposizione a radiazioni
ionizzanti. La sindrome di Down è un disturbo abbastanza frequente, in media si
stima 1 ogni 600-800 nascite; praticamente il 10% dei casi di handicap psichici
è rappresentato da soggetti affetti da questa sindrome. Fortunatamente la
qualità della vita di questi soggetti, oggi, può essere considerata
buona.
Altri
casi, molto rari, di trisomia vedono la struttura del cromosoma completamente
alterata a causa di una rottura, ed una conseguente anomala saldatura ad anello. Questi casi, come
la trisomia della coppia 13 e della coppia 18, vengono poco considerati in
quanto la possibilità di sopravvivenza del soggetto è scarsa.
Tale
disturbo, descritto per la prima volta nel 1963 è imputabile alla mancanza
(delezione), di una parte del braccio corto del cromosoma della coppia 5. Il
corredo cromosomico, in questo caso, risulta alterato nel senso che mancano determinate informazioni
genetiche che guidano e regolano la crescita. Il corredo delle informazioni
necessarie al normale sviluppo dell’organismo risulta incompleto. Il grado di
handicap psichico è considerato alto ma la sopravvivenza ed il grado di
adattabilità di questi soggetti è buono. Analogo quadro si osserva per altri
tipi di delezione, come quella a carico dei bracci lunghi del cromosoma della
coppia 18.
Recenti
ricerche in ambito genetico, condotte presso la struttura Knight of John
Radcliffe Hospital di Oxford hanno
messo in luce che esiste un sotto tipo di alterazione cromosomica detta “lieve
riordinamento”, nuova disposizione microscopica (subtle chromosome
rearrangement), che sembra poter spiegare alcuni casi di ritardo mentale le cui
cause non sono state ancora isolate. Infatti, il 7,4 per cento di soggetti con
ritardo mentale moderato/grave con corredo cromosomico inalterato, sono
risultati positivi al controllo della “ricomposizione cromosomica” (Lancet, Novembre 1999). Infine, in nove
delle dieci famiglie di soggetti con ritardo mentale, sono stati ritrovati lungo
l’asse cromosomico, segni di alterazioni, sia nei fratelli, sia in alcuni
parenti.
DISORDINI
E DIFETTI GENETICI
Completamente
differenti, sotto molteplici aspetti, dalle alterazioni cromosomiche, sono le
malattie genetiche propriamente dette. Infatti, mentre nelle prime si osserva la
compromissione quantitativa di molti geni, nelle seconde l’alterazione è
localizzata nella struttura di un solo gene. Il fattore ereditario compromesso è
singolo; presto, grazie al progetto che disegnerà la mappa del genoma umano,
saremo in grado di conoscere l’espressione specifica di ogni gene, la sua
qualità ed il suo ruolo nel quadro del ritardo mentale. Alcuni disordini
genetici sono caratterizzati anche da ritardo mentale, ne riferiremo alcuni tra
i più diffusi.
Tra
le alterazioni del corredo genetico, particolare rilevanza, per la sua
diffusione, assume la sindrome di Martin-Bell, identificata nel 1992,
maggiormente nota con il termine “X fragile” per via del fatto che il ramo lungo
del cromosoma X si presenta contratto, come spezzato. Tale sindrome colpisce il
sesso maschile nella misura di 1 su 4000 nascituri ed i portatori sani della
malattia oscillano, nelle diverse popolazioni considerate (Europa e Stati
Uniti), tra 1:150 e 1: 400. Più del 10% dei casi di handicap sono rappresentati
da questa sindrome, causata da una mutazione dinamica, così detta in quanto
caratterizzata dalla instabilità di un tratto del DNA, identificato nel gene
contrassegnato con FMR1, che si ripete nella sequenza per un numero eccessivo di
volte; oltre 50.
Un
disordine genetico riconosciuto nel 1961 come entità distinta, è rappresentato
dalla sindrome di Williams già in atto alla nascita ed in equo rapporto maschi -
femmine. Si presenta con una frequenza stimata di 1 caso su 20.000 nascite. Il
difetto genetico consiste nella mancanza di materiale genetico nel cromosoma #7
il quale include anche il gene che produce una proteina necessaria nella
costruzione dei vasi sanguigni, l’elastina. Tale delezione, riscontrata nel 98%
dei casi indagati, sembra produca un restringimento dei vasi dell’aorta e delle
arterie polmonari oltre che a problemi cardiaci. Il grado di handicap psichico è
molto vario e caratteristico; alcune aree intellettuali (linguaggio e memoria a
lungo termine) e sociali (giocare, partecipare ecc.), sono facilmente acquisite
e padroneggiate, mentre altre, come le relazioni spaziali, temporali e motorie,
risultano fortemente deficitarie.
In
molti soggetti si evidenzia una spiccata sensibilità uditiva che può determinare
dolore agli stimoli particolarmente intensi ed alterare, con malumore,
isolamento o paura, il quadro comportamentale generale. Tale condizione diventa
molto evidente con la crescita.
Un’altra
alterazione trasmessa per via genetica e che può determinare insufficienza
mentale è rappresentata dalla malattia di Tay-Sachs, nota anche come idiozia
amaurotica familiare, una malattia ereditaria in cui la forma grave risulta
recessiva e quella leggera dominante, ad evoluzione più o meno rapida,
diversificata, infatti si può presentare entro il primo anno di vita, verso il
secondo o terzo anno (tardiva), o fra i quattro e sedici anni (tardiva). La
malattia ha decorso breve, è caratterizzata da cecità, paralisi e degenerazione
lipoidea delle cellule nervose centrali.
Certamente
l’indagine sulla mappatura del genoma umano permetterà di isolare, identificare
e definire, altre sorgenti di sviluppo alterato dell’organismo umano e gli studi
sulla riorganizzazione cromosomica potranno fornire il loro contributo alla
comprensione di altri tipi di handicap non ancora classificati. Queste
alterazioni ancora sconosciute sembrano infatti essere la seconda causa di
ritardo mentale dopo la sindrome di Down.
In
questa sezione, quasi arbitrariamente, viene incluso un paragrafo dedicato ad
una sindrome che da anni rappresenta l’oggetto di studio di molti ricercatori
afferenti a diverse discipline: l’autismo infantile. Tale sindrome infatti è
stata oggetto di attenzione di molti studiosi, competenti e non, ma questo non
per malafede ma per le grosse difficoltà di classificazione che tale disturbo ha
sempre presentato. La presenza di un’ampia gamma di segni patologici e
comportamentali ha spesso disorientato la ricerca. Una sindrome in cui non è
raro trovare, nello stesso soggetto, forti disabilità psichiche, diffuse,
insieme a grandi capacità intellettive concentrate. Le alterazioni, inoltre
oltre ad essere diffuse a molte aree dello sviluppo (interazione sociale,
competenza verbale, linguaggio), si presentano ampiamente variabili e fortemente
resistenti al cambiamento.
Oggi
l’autismo viene assimilato, come criterio diagnostico, ai disturbi generalizzati
e pervasivi dello sviluppo a giustificazione del fatto che è caratterizzato da
grave e diffusa compromissione in diverse aree dello sviluppo. Con questo è
stato sancito il distacco da altri disturbi, che lo volevano assimilato, come la
schizofrenia.
Il
dato statistico riferisce, in Italia, 4,5 casi su 10.000 nascite, ma varia
fortemente da nazione a nazione probabilmente a causa di differenti criteri
diagnostici cui si fa riferimento. Alcuni criteri portano il dato intorno ad 1
caso su 1000. Sono maggiormente colpiti i soggetti di sesso maschile con una
frequenza tre volte maggiore delle femmine, ma questo dato non è riferibile
esclusivamente a questa sindrome; altre alterazioni hanno un rapporto maschi /
femmine diverso. Tra le caratteristiche comportamentali, individuabili come
sintomi, due possono essere indicati come precursori precoci del disturbo:
incurvare la schiena per allontanarsi dalla persona che li accudisce, come per
evitare il contatto fisico, e non anticipare né partecipare in qualche modo, il
fatto di stare per essere presi in braccio.
Approssimativamente
un terzo di tali bambini sviluppano le capacità che caratterizzano le prime fasi
della crescita umana (guardare, osservare, camminare, parlare), fino ad un’età
compresa tra 18 e 36 mesi,
dopodiché cominciano ad emergere i sintomi caratteristici. Durante la crescita
rimangono indietro, rispetto ai coetanei, nello sviluppo delle abilità di
comunicazione, della percezione e della socializzazione. Manifestano inoltre
tipici comportamenti disfunzionali quali stereotipie di auto stimolazione
(dondolarsi), ed auto lesive (battere la testa, mordersi le mani), che diventano
insistentemente ripetitivi, insensibilità al dolore, iper o ipoattività, deficit
dell’attenzione e scarso contatto visivo. Molti diventano fortemente dipendenti
dalla routine e mostrano comportamenti di sofferenza e collera se qualcosa viene
cambiato nello schema solito; insistono ad esempio ad indossare gli stessi
indumenti, mangiare o bere gli stessi alimenti come se avessero paura delle
situazioni nuove. Il disturbo si esprime in molteplici combinazioni
comportamentali spesso antitetiche: alcuni sono socievoli, molti altri invece
fortemente asociali, circa la metà non parla, la restante metà possiede un
linguaggio limitato o caratterizzato da ecolalia (ripetere parole o frasi),
pochi parlano.
Poiché
non esiste ancora un dato biologico alterato comune a tutti i soggetti con tale
disturbo, non si è potuto costruire alcun test fisiologico da somministrare.
Nonostante le conoscenze scientifiche acquisite dalla ricerca, tale disordine
viene ancora diagnosticato sulla base della presenza di un certo numero di
comportamenti caratteristici. Certamente quello dell’autismo è un settore di
studio ancora pieno di dubbi e di perplessità data soprattutto dalla varia e
complessa eziologia registrata in molti anni di osservazione e studio.
Recentemente è stato isolato un gene che sembra possa essere in qualche modo
responsabile del disturbo. Le ipotesi su cui da qualche anno è concentrata la
ricerca sono essenzialmente due: la prima sta analizzando le disfunzioni del
sistema nervoso (alterazioni nel sistema limbico, amigdala e ippocampo, e
scarsità di cellule di Purkinje nel cervelletto), la seconda le anormalità del sistema
biochimico, sia nel sangue (serotonina), sia nei liquidi cerebrospinali
(betaendorfine). A queste ricerche si è affiancata negli ultimi decenni una
vasta letteratura psicologica sperimentale (a fronte di un’altra che ha cercato
di spiegare il disturbo in termini di dolore psicologico), che ha messo in
risalto talune caratteristiche comportamentali (eccessiva selettività
percettiva, alterazioni sensoriali, insufficiente strutturazione delle proprietà
funzionali del linguaggio), le quali ben si prestano a supporto di ipotesi di
ricerca nel settore neuro radiologico e neuro fisiologico.
Da questa sindrome sono state recentemente scorporate come sottogruppo, in quanto identificate come entità proprie, alcuni altri disturbi che in passato sono stati confusi o più facilmente assimilati alla sindrome autistica. Questo ci dice quanto sia stato difficoltoso sfrondare il terreno della ricerca e fare luce sui dati sperimentali. Tra i disturbi cui la ricerca ha potuto fornire caratteri propri, diversi dall’autismo, ritroviamo la sindrome di Martin-Bell (ben il 15% di questi soggetti presenta infatti comportamenti autistici), e di Williams, di cui già abbiamo argomentato, e le sindromi di Asperger, Landau-Kleffner e di Rett, di cui ci occuperemo adesso.
Fanno
parte di questa categoria i soggetti autistici definiti ad “alta funzionalità”
per via di alcune qualità cognitive sviluppate in maniera eccessiva, a dispetto
di molte altre che risultano sotto il livello di funzionamento normale. La
compromissione è concentrata soprattutto nella sfera delle abilità sociali
(difficoltà a modulare i gesti e ad utilizzare lo sguardo, assenza di mimica
espressiva ed emozionale), l’area
del comportamento linguistico non sembra intaccata. Talvolta sono anche in grado
di svolgere un lavoro semplice. Le particolari caratteristiche sociali hanno
condotto spesso ad una diagnosi di personalità eccentrica. Un esempio tipico di
questo disturbo è rappresentato dal personaggio preso a soggetto per il film
Rain-man. Nonostante sia considerato un disturbo diverso, distinto dalla
sindrome autistica, la definizione clinica rimane ancora vaga e controversa. Ma
non potrebbe essere diversamente.
Anche
le persone affette da sindrome di Landau-Kleffner esibiscono comportamenti
tipici del disturbo autistico quali rifiuto per la vita sociale, ossessioni
legate agli oggetti e problemi di linguaggio, ma la comparsa dei sintomi è
posticipata nel tempo. Durante l’infanzia acquisiscono il linguaggio ma
gradatamente , dai 3 ai 7 anni, perdono la capacità verbale. A differenza di
altre sindromi tale comportamento viene accompagnato da una variazione nel
tracciato elettroencefalografico il quale presenta anormalità tipiche delle onde
cerebrali osservabili durante la fase di sonno.
E’
un disordine dello sviluppo definito, per le sue particolari caratteristiche
involutive, degenerativo. In pochi mesi infatti il soggetto, che fino a quel
momento appariva normale, perde gradatamente tutte le capacità acquisite, dal
deambulare al parlare, fino ad arrivare al mutismo accompagnato da movimenti
stereotipici (contorsione), delle mani e del dondolamento del corpo. Il quadro
clinico evolve verso un grado di insufficienza mentale grave con la perdita di
ogni capacità di interazione sociale. Tale disordine colpisce generalmente i
soggetti di sesso femminile attorno ai 12-18 mesi di età e la percentuale di
incidenza è di 1 caso su 10.000 bambine. I soggetti di sesso maschile
difficilmente sopravvivono. Fino ai dieci anni si osserva una situazione
stazionaria che evolve in un deterioramento motorio spesso accompagnato da
convulsioni ed infezioni alle vie respiratorie.
Tale
sindrome fu descritta per la prima volta, nel 1966, dal pediatra Andreas Rett
che ne identificò le caratteristiche: disfunzioni respiratorie (iperventilazione
o apnee), e cardiache, perdita della facoltà deambulatoria, delle capacità
manipolative (movimenti ossessivi di strofinio delle mani a modo di lavaggio), e
prensive (assenza di coordinazione ed aprassie); perdita del linguaggio.
Difficoltà digestive, spasticità muscolare, tremori, stati ipnotici e
disfunzioni del ritmo sonno - veglia.
La
causa del disturbo è di tipo genetico, definito di tipo spontaneo; una mutazione
inusuale del cromosoma X, localizzato come MECP2, in cui il gene è intimamente
legato nella regolazione di altri geni. Ultimamente è stato messo a punto un
test per controllare lo stato del gene in causa.