QUESTIONI IN EVIDENZA

Ottobre 2002

Decreti Moratti e Tremonti

 


 


RECLUTAMENTO: VANNO BENE TUTTI, PURCHE’ NON SIANO ASSOCIATI-

PARTE PRIMA

 

1-L’OPE LEGIS DI TREMONTI

 

        Chiunque abbia anche disattentamente seguito le vicende dell’Accademia negli ultimi anni avrà certamente rilevato come buona parte delle proposte relative allo stato giuridico della docenza universitaria, specie quelle di origine sindacale, si siano ineluttabilmente scontrate contro la levata di scudi dell’olimpo dei docenti non appena si cercava in qualche modo di lenire le discriminazioni e le ingiustizie che decenni di cattiva applicazione della 382/80: concorsi o, ora, prove comparative, farsa si; ope legis o cose simili no, aggregati a parte!

         In tal modo ogni disegno complessivo di nuovo stato giuridico non vedeva nemmeno la luce, mentre iniziative raffazzonate tendenti a mantenere, o a peggiorare per le categorie intermedie, lo status quo apparivano e scomparivano dal panorama parlamentare. Il tutto con il contorno di provvedimenti parziali con le caratteristiche di veri colpi di mano che andavano a cambiare a poco a poco il quadro su cui avrebbe dovuto intervenire il nuovo stato giuridico.

         E’ nel frattempo cambiato esecutivo e, indipendentemente dalle simpatie politiche, un minimo di speranza era giustificata: si spera sempre che chi interviene impari dagli errori di chi lo ha preceduto.

         In realtà, le nefandezze intervenute negli ultimi tempi su questioni di reclutamento della docenza universitaria ed altro sono tali e tante da rendere inverosimile che in così poco tempo una nuova gestione governativa possa consapevolmente indurre così tanti danni alla struttura che avrebbe dovuto ristrutturare.

        Visto il numero trattiamole una per volta, anche per non andare in crisi di sconforto.

          Il D.M. n. 301 del 28-09-2000 istituiva la Scuola Superiore della economia e delle finanze un poco fuori tempo, vista la conclamata volontà di decentralizzare che permeava anche la passata compagine governativa, ma in ogni caso apprezzabile se si vuole cambiare e migliorare la burocrazia, centralizzata o meno.

          Non contento di tale iniziativa il Ministro dell’Economia della nuova compagine governativa, Tremonti, si improvvisa Ministro del MIUR e, senza richiedere alcun parere del C.U.N., disegna, è proprio il caso di dirlo, o, in termini più espressivi, con una operazione di sottile “taglia e cuci” compone, quella meraviglia che è il D.M. n. 80 del 29-03-02: una splendida “ope legis” che trasforma con un colpo di bacchetta magica i dirigenti che operano nella ricordata Scuola Superiore in Professori Ordinari, inseriti nei ruoli del MIUR, trasferibili nelle Università pubbliche e private della Repubblica.

          Così si fa! E lasciamo fare le prove comparative, i tre straordinariati con i nove conseguenti anni di carriera persi, le verifiche varie a quei pirla che da anni insegnano e ricercano nelle Università: tanto per loro deve continuare il giochino delle amicizie, dei muri invalicabili creati a piacere dagli illuminati e chi più ne ha più ne metta.

           Lo stato giuridico può aspettare; anche il ripensamento sulle nuove scellerate norme sul reclutamento può aspettare.

           L’innovazione avanza: Tremonti può vantarsi di avere fatto la prima "ope legis" che consente in modo istantaneo a non universitari di divenire professori universitari a tutti gli effetti.

             Non è finita, però; c’è qualcuno, stando alle credibilissime dichiarazioni pubbliche di qualche Rettore particolarmente interessato, che sta già architettando un marchingegno (ma qui certamente con il contributo anche del MIUR) per emulare tutto ciò e far divenire professori universitari a tutti gli effetti gli ufficiali che operano su materie militari in qualche modo collegabili con gli insegnamenti riconosciuti per la laurea in Scienze strategiche; poiché vanno riconosciuti crediti anche al brevetto di equitazione, a quello di paracadutismo, di nuoto, a quello di tiro etc., stiamo a vedere quali colleghi (ovviamente ordinari!) ci ritroveremo, sempre e rigorosamente tramite una qualche ope legis! Sarebbe curioso, ma forse opportuno, introdurre un minimo di reciprocità fra le due carriere!

            Questa volta almeno CRUI e C.U.N. hanno, sulla prima e già realizzata nefandezza, in qualche modo reagito. In modo flebile la CRUI. Tuonando il C.U.N.: tanto i suoi sono solo pareri (parere della seduta del 27.06.02). La stampa? Reazioni nulle. L’accademia nel suo complesso? Brontolii: tanto chi è ordinario più su di così non può andare e quindi … speriamo che aumentino gli stipendi ….! L’importante è che cose del genere non avvengano per gli associati.

 

                                                                                                                  Vittorio Mangione

 

RECLUTAMENTO: VANNO BENE TUTTI, PURCHE’ NON SIANO ASSOCIATI- PARTE SECONDA

 

2-LE CHIAMATE DIRETTE DELLA MORATTI

 

La premessa è come quella della parte prima: chi non l’avesse sottomano se la vada a procurare (è qua sopra), se lo ritiene. Se però ha anche solo disattentamente seguito le vicende dell’Accademia negli ultimi anni avrà certamente rilevato come le proposte relative alla redazione di uno stato giuridico della docenza universitaria di origine sindacale, si siano scontrate contro la levata di scudi dell’olimpo dei docenti che vedevano in ogni tipo di proposta tendente a lenire le discriminazioni e le ingiustizie che decenni di cattiva applicazione della 382/80, un qualche tipo di inaccettabile ope legis.

Ciò consentiva la frequente approvazione di iniziative raffazzonate e parziali, veri colpi di mano, tendenti a mantenere, o a peggiorare, per le categorie intermedie, lo status quo; incredibilmente spesso l’autolesionismo ha portato il momento  … apicale ad autoledersi!

Il cambiamento di esecutivo, indipendentemente dalle simpatie politiche, aveva giustificato un minimo di speranza: si spera sempre che chi interviene impari dagli errori di chi lo ha preceduto. E poi un Ministro finalmente non professore, vuoi vedere che ….!

Già l’appiattimento del Ministro sui nuovi ordinamenti aveva creato un certo sconcerto; l’emulazione della scuola Berlingueriana, con l’intervento o l’appoggio, alla interpretazione ex post di una norma di legge vetusta allo scopo di scippare i docenti di diritti riconosciuti dalla Giustizia amministrativa, aveva poi sollevato scalpore e dato inizio ad un brusco risveglio in chi si era lasciato andare ad una ottimistica speranza di cambiamento. L’intervento tramite la fissazione dei requisiti minimi senza entrare nel disegno della riforma e senza consultare il C.U.N. (certo, non era un D.M., però …) era alquanto pesante, a fronte di una dichiarata volontà di realizzare nel primo anno della nuova gestione un doveroso ed opportuno “monitoraggio”.

Ma la speranza è dura a morire! Ed ecco, allora, per dare una mano ai demotivati il capolavoro.

Come tutti dovrebbero sapere, il D.M. n. 13 del 26-01-01 fissava, fra l’altro, i criteri (oltre che stanziare i fondi) per consentire la chiamata nella Università italiane di studiosi italiani o stranieri, in ogni caso stabilmente residenti ed operanti all’estero da almeno tre anni, per i quali sussistesse il riconoscimento della “CHIARA FAMA”.

Le Università interessate hanno prodotto, a partire da allora, numerosissime domande al fine di utilizzare tale forma di reclutamento, ovviamente conformate sul ricordato D.M. e che quindi ponevano al Ministro (e quindi al C.U.N.) la istanza di decretazione della eventuale chiara fama per la conseguente chiamata. Ed entro il gennaio 2001 il C.U.N. aveva già assunto tutte le deliberazioni del caso per le richieste fino ad allora pervenute (circa trentatrè chiare fame riconosciute su 79 domande).

Non può non notarsi, a questo punto, come la anomala e straordinaria metodologia di reclutamento prevista, non introduceva vie di reclutamento surrettizie o parallele a quelle ufficiali: la eccezionalità del percorso e l’altissima qualità del requisito faceva cadere ogni tipo di sospetto ed, anzi, a fronte della chiamata per chiara fama nessuno ha nulla a che dire.

Indubbiamente tale decreto non si poneva la questione del cosiddetto rientro in Italia di cervelli. Tale problema esiste e se si intende risolverlo sembra evidente che occorrano interventi di altro tipo. Ebbene, equivocando su un parere del C.U.N. che di fatto affermava proprio ciò, il Ministro invece di eventualmente elaborare un altro decreto ad hoc, il 4 aprile 2001, invece di decretare la chiara fama sancita dal C.U.N., con una assai poco felice lettera di accompagnamento inviava al C.U.N. il D.M del 4-04-02 (numero non fornito in quanto non si trova ove sia stato pubblicato), costituito da un unico articolo SOSTITUTIVO DELL’ARTICOLO 2 DEL PRECEDENTE DECRETO, in virtù del quale, su proposta delle Facoltà e dei Dipartimenti, sentito il parere del C.U.N. risultavano assumibili per chiamata diretta di “qualificati”(termine vago ed assai gestibile, me ne si dia atto) studiosi italiani o stranieri, a spese, consolidabili a bilancio, dello Stato. Sarà il Ministro che, sentito il C.U.N. ed alla luce della motivata edelibera di Facoltà e Dipartimenti, disporrà la “chiamabilità” dello studioso nella I fascia, nella II fascia o fra i ricercatori.

Commentare tutto ciò dovrebbe essere inutile. Ma visto che avvengono fatti di questo tipo non ci si può esimere anche da tale sofferenza.

Anzitutto vi sono seri dubbi sulla legittimità della decretazione Moratti: non si vede come possa variarsi un D.M. con effetto retroattivo. In particolare tutte le domande pervenute al Ministero ed esaminate dal CUN erano relative ad una richiesta di dichiarazione di chiara fama su cui ha dato un parere pubblico oramai da tempo (gennaio 2002). Quanto previsto dal nuovo D.M. abbisogna, invece, di una istruttoria completamente diversa: richiede delibere di facoltà e di dipartimento a proposito della qualificazione dello studioso e della sua inseribilità in una ben determinata fascia di professori o nel ruolo dei ricercatori. In base a ciò il C.U.N. darà un parere ed il ministro decreterà. Nulla di tutto ciò è riportabile alle domande a disposizione del C.U.N. che si limitano a chiedere il riconoscimento della chiara fama!

Grave è quindi la richiesta del Ministro del 4-04-02 indirizzata la Presidente del CUN a "sottoporre nuovamente al CUN le proposte di riesame delle chiamate dirette in questione alla luce dell'allegato provvedimento di rettifica del decreto ministeriale in oggetto indicato". Tale richiesta è in contraddizione con il D.M. a variazione medesimo, in quanto, variando le condizioni per le chiamate, tale decreto chiede il parere delle Facoltà e dei Dipartimenti oltre alla doverosa indicazione da parte dei medesimi organi della fascia in cui inquadrare il docente proposto. Ovviamente tali dati non sono a disposizione del Cun, il quale non potrebbe che ribadire i pareri già resi sull'unico tipo di domanda che gli è stata posta: dichiarare o meno la chiara fama del richiedente.

Su tale impostazione di principio il CUN ha espresso un parere assai critico, accompagnato da un corposo documento personale della consigliera D'Angeli teso a vistosamente dimostrare la illegittimità dell'atto e dei comportamenti richiesti al C.U.N. dal Ministro.

Ma se tutto si fermasse qui, si potrebbe facilmente ovviare, legittimità a parte, rinviando tutti i documenti alle Facoltà ed ai Dipartimenti per una veloce istruttoria. Troppo lineare. La presidenza C.U.N., di fatto e nonostante il ricordato documento, propone di aderire alla richiesta del Ministro, concordando sul rinvio alle Facoltà solo delle pratiche pervenute dopo il 4 aprile 2002. Il CUN, quindi, in contrasto con il suo medesimo documento critico, avoca inopinatamente a sé il potere di fornire pareri non richiesti!

In spirito di compromissione ragionevole, viste le incredibili determinazioni ministeriali, può al più consentirsi di confermare le delibere C.U.N. sulla chiara fama e chiedere al Ministro le chiamate, ovviamente sulla prima fascia, degli studiosi. Pur nella dubbia legittimità il C.U.N. addiviene unanime a ciò. Ma provvedere ad esaminare non si sa più con quale criterio gli studiosi a suo tempo non dichiarati di chiara fama sembra veramente troppo.

A che titolo sia possibile riesaminare un posizione di uno studioso a proposito di una domanda non posta è veramente misterioso. Oltre a ciò, la presunzione di dichiarare alcuni di costoro non chiamabili alla luce del nuovo decreto pone gravi problemi di correttezza nei riguardi dello studioso che si vede dare un giudizio preventivo (non richiesto!) di non idoneità alla I fascia dopo che una Facoltà lo ha proposto per la chiara fama.

Ed invece è proprio tutto ciò che è puntualmente avvenuto, con una sgradevole spaccatura nell'Organo.

A nulla sono valse dichiarazioni agli atti sia di presunta illegittimità che di inopportunità su tale modo di procedere. Dichiarazioni di voto di Polvani, D'angeli, Mangione, De Zanche, Zocchi, pongono in vario modo in evidenza, nel dichiarare o la non partecipazione al voto, o l'astensione o il voto contrario, la presunta illegittimità di quanto va avvenendo (D'Angeli, Mangione), la inopportunità del procedimento posto in atto che può presentare momenti lesivi della autonomia, ignorando le richieste deliberazioni di Facoltà e Dipartimenti (Mangione), oltre che, in caso di giudizio negativo, presentare caratteristiche pregiudizievoli per i candidati.

Non può, infine, non farsi una osservazione anch’essa espressamente dichiarata da alcuni dei sopraccitati colleghi. Impostato così come è nella nuova decretazione il provvedimento è una sorta di inaccettabile ulteriore ope legis che istituisce vie privilegiate di reclutamento, andando ancora una volta a minare il chiaro ed innovativo disegno di stato giuridico di cui l’università ha bisogno anche per sanare i debiti di trattamento di chi non avendo cari amici all’estero o non essendoci stato in tempi recenti o non avendo amici cortesi nella propria Facoltà non si capisce in quale buco possa essere inserito al fine di un minimo riconoscimento della sua professionalità.

 

                                                                                               Vittorio Mangione

 

LETTERA APERTA AD UN AMICO DEPUTATO AL PARLAMENTO

Caro Bruno, ingenuamente ritenevo che solo per errore e per infausta influenza di un qualche burocrate in fase di veloce voltagabbana il Ministro Moratti fosse stato indotto a emulare il comportamento berlingueriano

                                                                          di Vittorio Mangione

Caro Bruno,  

                  non ho avuto riscontro ad una mia triste nota precedente alla approvazione della Finanziaria 2001 (per l’anno 2002) ed ho la sensazione che tu non la abbia nemmeno letta: probabilmente hai già messo in atto quei maledetti filtri che aiutano una classe dirigente, appena rinnovata, a divenire in breve tempo insulsa agli stessi che la hanno votata.

Ero certo, insieme a molti amici e colleghi, che lo Stato di Diritto, che ritenevo maltrattato dal precedente Esecutivo e dalla passata maggioranza parlamentare, fosse difeso dalla nuova maggioranza; in molti eravamo certi, già, certi, che quantomeno non si sarebbero riproposte iniziative deprecate e deprecabili in tale ordine di idee.

E’ con incredulità che nella Finanziaria 2001 ho constatato la riproposizione di “interpretazioni” di vecchie leggi (art. 14, comma 2; interpretazione che di fatto rende inutili migliaia di ricorsi, tutti vincenti a livello di TAR ed, in Sicilia, definitivamente sanciti dal Consiglio della Giustizia Amministrativa) del tutto analoghi a quelli voluti da Berlinguer e soci nella Finanziaria 99. Il tutto per salvaguardare economicamente lo Stato, dichiarato perdente, dagli organi costituzionalmente preposti a derimere tali controversie, in tutti i gradi di giudizio, in numerosissimi ricorsi di cittadini, con solitarie e sorprendenti eccezioni.

Pensa, mi sono illuso (quasi tutti, nel C.I.P.U.R., si sono illusi) che solo per errore e per infausta influenza di un qualche burocrate smanioso di porsi in evidenza oltre che in fase di veloce voltagabbana, il Ministro Moratti fosse stato indotto a emulare il comportamento berlingueriano. Tanto più che i conti relativi ai rimborsi da effettuare da parte dello Stato e le maggiori spese da consolidare a bilancio delle Università, erano vistosamente errati in eccesso (anche questa usanza, quella di basare molti interventi su dati sbagliati, si sperava scomparisse!).

Constato con amarezza, delusione e civica disperazione (a chi mai ci si può rivolgere, ora?) che non si è trattato di un errore.

            Tu, caro Bruno, non hai ritenuto di rispondermi; il Ministro Moratti ha invece risposto, in perfetto burocratese, al Presidente del C.I.P.U.R., affermando la legittimità della interpretazione ex post: proprio ciò ci si aspettava da un Ministro della Repubblica.

Non chiarimenti sul perché, sulla giustezza o meno, sulla opportunità politica di una scelta così discutibile e delicata; nulla di tutto ciò solo una disquisizione sulla legittimità: si può fare e quindi lo faccio. E pensare che nessuno aveva posto problemi di mera “legittimità” dell’intervento: nel nostro splendido sistema giudiziario basta anche una sentenza difforme fra decine, in qualunque grado, a garantire la “legittimità” di interpretazioni in linea con magari l’unica sentenza fuori dal coro: fulgido esempio di buon senso e di rispetto per la nozione generale di maggioranza.

Si ripete quanto accaduto nel 99, per i ben più economicamente consistenti ricorsi relativi ad errori di inquadramento. Sembra ancora una volta inutile la azione della Giustizia Amministrativa (vivaddio, eliminiamola e chiamiamo il Parlamento a sistematicamente reinterpretare tutto in modo che lo Stato abbia sempre ragione! Un risparmio immane di tempi, strutture e di euro!).

Caro Bruno, quelli ricordati sono scippi indegni di uno Stato di diritto (l’ultimo, poi, è proprio da mentecatti, stante la non grande rilevanza economica del contendere). Quando lo Stato è parte del contendere non è corretto che risolva le questioni tramite un uso improprio, delicato, ed estremamente discutibile sul piano costituzionale, della "reinterpretazione" ex post di norme, in quanto è insito nei concetti di democrazia e giustizia che lo Stato debba sottostare al giudizio degli Organi, che si è dato, preposti a quel tipo di giudizio. L’alternativa è una catena di ingiustizie collegate: l’annullamento di fatto di sentenze ad esso contrarie, una stridente discriminazione fra chi ha sentenze favorevoli passate in giudicato e chi stava per averle (e non le ha avute per le usuali lentezze della Giustizia), il favorire la nascita di grande sfiducia nelle istituzioni, la demotivazione del cittadino alla probità, il rafforzare, con l’esempio dato, l’immagine dell’italiano furbo che cerca sempre scappatoie alle regole che la società si è data.

Infine, non mi interessa oramai che il mio stipendio in pochi anni abbia avuto un calo di potere di acquisto del 32% e che non intraveda analoga sorte per tua retribuzione o per quella dei magistrati o per i giornalisti della RAI, per esempio; ma visto che sono scippato anche nei ricorsi sui quali la Giustizia Amministrativa mi dà ragione desidero almeno fartelo notare.

Con amicizia

                                                                                                            Vittorio



·Idonei non chiamati e prove bandite sullo stesso raggruppamento
       Ci limitiamo ad osservare che sembra assai disdicevole, antieconomico ed irrazionale che a fronte di colleghi del nostro Ateneo che hanno ottenuto la idoneità in prove comparative messe in atto da altre Università, il nostro Ateneo bandisca concorsi per la copertura di cattedre dei medesimi raggruppamenti nei quali i colleghi hanno la idoneità.

·Tempo pieno, studio professionale e supplenza pagata
      Abbiamo fatto presente al rettore che nel nostro Ateneo si riscontrano situazioni del tipo indicato in epigrafe. Anche qui ogni commento è superfluo.


Controllori che si controllano, soldi spesi in commissioni che possono lavorare a vuoto a seguito di decisioni di facoltà indotte da pochi in nome di una concezione inaccettabile di autonomia, idonei che rimbambiscono in due anni, migliaia di potenziali commissioni da eleggere

RIFORMA DEL RECLUTAMENTO: UNA OCCASIONE MANCATA

Il nepotismo perfezionato e reso attuabile tramite una legge dello Stato: non più concorsi, ma "prove comparative" per fare passare più facilmente chi si vuole e bloccare a vita i meno graditi.

          Sulla Stampa del 5 luglio 98 il prof. Alberto Conte, fra l'altro stimato e competente membro del CUN, intervenendo sulla legge che detta nuove modalità per il reclutamento dei docenti nelle Università italiane, così testardamente voluta dal Ministro indipendentemente dai contenuti (fautore ed ispiratore dell'originario testo licenziato dalla VII Commissione del Senato, ha poi vivacemente operato al fine che la stessa Commissione e l'Aula non minimamente variassero il testo, antitetico rispetto al precedente, ritornato dalla Camera), esordisce affermando che il provvedimento "costituisce contemporaneamente un passo indietro ed un passo avanti". E' nota la serenità di giudizio del estensore della nota; certo è che il momento delle "positività" sembra ridursi, oltre ad una valorizzazione della autonomia delle Università, all'affermazione, a fine articolo, che "Non è la migliore legge possibile, ma è comunque una legge, …".
        Prese di posizioni di tale tipo da parte di chi non è certo aprioristicamente critico verso le posizioni della attuale compagine governativa, sono significative e fanno meditare: ancora una volta si è forse persa la occasione per ben legiferare.

       Ma veniamo ad una breve, certamente parziale e volutamente ripetitiva, analisi che vuole mettere in evidenza, non senza imbarazzo, alcune delle inadeguatezze delle nuove indicazioni.

       Anzitutto non è stato voluto un quadro raziocinante all'interno del quale operare: un minimo di norme prefiguranti uno stato giuridico funzionante a cui applicare nuove norme di reclutamento, con norme transitorie capaci di raccordare il presente ed il passato carico di lacune ed errori, al nuovo. Tale carenza, oltre a incoraggiare mini interventi disorganici e surrettizi sulla Docenza (si vedano la legge relativa ai professori a contratto, la proposta di legge relativa a concorsi riservati a Ricercatori per i Tecnici Laureati, la proposta di legge relativa alla docenza per i Ricercatori - secondo tale proposta quest'ultima sarebbe l'unica categoria di professori esentata da …. una prova didattica e verrebbe istituita proprio dopo che le nuove norme sul reclutamento richiedono, finalmente, una tale verifica anche per i professori di I fascia non provenienti dalla II fascia!), data in modo inequivocabile una legge che, intervenendo dopo una lunga applicazione di una norma organica, avrebbe dovuto avere caratteristiche di altrettanta organicità, mondata dagli errori, dalle inefficienze e dalle carenze messe in evidenza dal tempo.

       Occorrerebbe in generale, poi, salvaguardare meccanismi "virtuosi" già esistenti; nella fattispecie si sarebbe dovuto almeno prevedere, pur nella discutibile logica della riproposizione delle idoneità che fanno rivivere le vecchie "ternature": il non decadimento dalle idoneità, l’obbligo di chiamata da parte della Università che indice il concorso di uno degli idonei e di utilizzazione degli idonei esistenti nei vari raggruppamenti prima di bandire nuovi concorsi relativi ai raggruppamenti medesimi; indispensabile, inoltre, per prefigurare un minimo di giustizia in un dignitoso progredire delle carriere alla luce dei tanti errori (con le conseguenti situazioni di vistosa ingiustizia) del passato, la fissazione di condizioni rigidissime, nello schema attuale di ruoli e carriere, tendenti a rendere eccezionale il passaggio da ricercatore a professore di I fascia. Ciò anche al fine di operare con un minimo di considerazione per i costi indotti sulla comunità nazionale dal meccanismo mastodontico, non si sa bene come e se gestibile, da seguirsi per la individuazione sia delle commissioni giudicanti (il mondo accademico sarà perennemente in fase elettiva dei più svariati commissari) che, da parte di queste ultime, degli idonei. Verrebbe, inoltre, certificato un minimo di credibilità all'operato delle commissioni ed alle conseguenti indicazioni effettuate dalle medesime. Ma nulla di tutto ciò si ritrova nella nuova normativa.

        Eppure i precedenti sono concetti da ribadire e meditare, anche a costo di tediare gli informati, al fine di sensibilizzare i meno informati. Il buon senso comune da tempo ha evidenziato il bisogno di uscire dagli equivoci e dalle contraddizioni di fondo caratteristici dei meccanismi concorsuali operanti all'interno del mondo accademico e che comprendono proprio la totale mancanza di considerazione dei due punti ora evidenziati, in vistoso disprezzo di ogni corretta regola di convivenza civile, di oculata organizzazione e gestione degli organismi sociali e con buona pace della tanto sbandierata trasparenza: i meccanismi attuali, ancora una volta, nel prevedere Commissioni atte a garantire la professionalità dei prescelti, limita a priori e mette in vari modi in crisi i responsi da esse dati, quasi a mettere in dubbio la competenza delle medesime. L'obiettivo rimane quello di fare entrare surrettiziamente ciò che a gran voce si afferma non più volere: influenzare più o meno direttamente le Commissioni medesime (i meccanismi stessi e le limitazioni aprioristiche già di per sé le influenzano!), la possibilità di by passare scale di valori obiettive, favorire predestinati, sgombrare rapidamente il campo, grazie a veloci decadimenti, dagli idonei non ben visti per ricominciare il più presto possibile e con i risultati previsti il perverso iter.

        Ora, poi, gli idonei possono del tutto essere messi fuori combattimento in blocco e per consentire ciò, si badi bene, le nuove norme pervengono al reclutamento non mediante "Concorsi", ma mediante procedimenti chiamati "Prove comparative", inventati proprio a tale scopo: non v'è che restare sbigottiti per questo boomerang che si ritorce verso la credibilità dei responsi delle Commissioni, del mondo accademico tutto e della nascente autonomia universitaria oltre che per la "ratio" che ha guidato il Parlamento della Repubblica a legiferare in questo senso.

        La norma approvata attua con determinazione assai rara lo smantellamento del principio, introdotto nella 382/80 in funzione anti nepotismo ed al fine di rendere un poco più dignitoso il passaggio da una riconosciuta "idoneità" o "maturità" alla copertura di un posto su cui mettere le medesime a profitto per la comunità, della coincidenza fra numero di posti messi a bando e numero di vincitori (meccanismo non certo messo in crisi per difetti intrinseci, bensì non utilizzato al meglio a causa dei ritardi governativi e ministeriali nel rispetto delle scadenze concorsuali), con la riproposizione dei meccanismi, peggiorati e "moltiplicati", vigenti prima della 382/80: al posto delle varie "ternature", vengono introdotte, come già accennato, le "idoneità", tutte a scontata decadenza. Bizzarra ed indubbiamente da meditare, specie a fronte delle sconcertanti dichiarazioni del Ministro a proposito della definitiva sconfitta del nepotismo nei concorsi universitari, proprio la già denunciata esplicita possibilità, da parte della Università che bandisce il concorso, di non chiamare alcuno degli idonei.

      Come non osservare, poi, che (art. 1, comma 1, art. 2, punto e)) è l’Università, ovverosia il Rettore che regolamenta ed indica i criteri di valutazione e che (art. 2, punto f)) è il medesimo Rettore che giudica sulla regolarità degli atti: il controllore che si controlla! Splendido!! Dimenticando il probabile obbligo (e la opportunità ), deducibile dalla legge 127/97 istitutiva del CUN, che a dare pareri sul reclutamento dei professori e ricercatori universitari (art. 17, punto e)) sia il CUN, non potendosi ragionevolmente ritenere che la norma intenda restringere e limitare tale funzione alle sole norme di reclutamento, ma anche alla loro applicazione e al controllo degli atti

      A proposito di nepotismo la nuova normativa sembra proprio abbia ottimizzato gli strumenti per renderlo prassi supportata da precisi meccanismi di legge! Altro che sconfiggerlo! Basterebbero le possibilità e le evenienze ricordate più sopra, a cui molti hanno plaudito in nome di una improbabile interpretazione del concetto di autonomia universitaria, come se l’autonomia universitaria potesse confondersi con il potere-arbitrio di pochissimi rappresentanti di singoli raggruppamenti all’interno di una Facoltà o la anomala funzione di un rettore controllore di "propri atti": in questo contesto può ritenersi del tutto allarmante il significato dell'augurio del collega Conte che alla fine della sua nota rinvia il controllo sulla "migliore" applicazione della legge alle autonomie universitarie, alla comunità scientifica nazionale e che spetta "più in generale all'opinione pubblica, vigilare affinché ciò avvenga.". Come dire, che la legge da sola non è detto abbia in sé caratteristiche che garantiscano sia efficacia che una sua buona applicazione e che tali e tanti possono essere gli "usi" da doversi auspicare la intercessione dell'intero corpo sociale per il controllo di una sua buona applicazione: rassicurante dover dire ciò per una legge attesa da 20 anni e che, riguardando l'università, implica una durata misurabile in tempi geologici, tenuto conto dell'interesse che stampa e media in genere hanno nel Paese per tali questioni. E' in questi casi, in particolare, che il riferimento ad improbabili assemblearismi di controllo è sinonimo di reale impossibilità di intervento istituzionalmente corretto ed operativamente utile e tempestivo.

       Legittimo chiedersi, allora, se ancora una volta non debba essere il Parlamento a legiferare, indipendentemente da input più o meno improvvisati e portatori di interessi particolari, in modo un poco più organico, certo, chiaro, con il minor numero possibile di ambiguità; e tenendo ben presente il problema che la norma deve risolvere e gestire, più che le indicazioni delle solite linee di tendenza trasversali, così tradizionalmente potenti nel nostro Parlamento specie su questioni sulle quali l'opinione pubblica è poco reattiva, visto come è, su di esse, poco e malamente informata.

Prof. Vittorio Mangione


OSSERVAZIONE A PROPOSITO DELLE NOTIZIE RELATIVE ALLE INIZIATIVE GOVERNATIVE IN MATERIA DI FORZE ARMATE.

FRA LE CLASSI NON INVIATE ALL'ATTENZIONE DEL C.U.N., OLTRE AD ALCUNE CLASSI INTERESSANTI IL SETTORE SANITARIO, VE NE SONO PREANNUNCIATE BEN 5 DENOMINATE SCIENZE STRATEGICHE, NON ANCORA PROPOSTE FORMALMENTE IN QUANTO "IN ATTESA DI ACCORDI CON ALTRI MINISTERI"!!!!(Due sarebbero relative alle materie Socio-economiche, le altre tre a materie pseudoingegneristiche!!!!)

IL C.U.N. HA RITENUTO DI RECEPIRE ALCUNE DELLE PREOCCUPAZIONE DA ME ESPRESSE ED A VOI GIA' COMUNICATE IN PRECEDENZA SDU TALE QUESTIONE. NEL TESTO DEL DOCUMENTO CHE SEGUE PIU' AVANTI ,IN BEN DUE PUNTI SI FA RIFERIMENTO AL PROBLEMA.

A COMPLETAMENTO DEI TRISTISSIMI EVENTI A CUI MI RIFERISCO, VI COMUNICO FORMALMENTE CHE QUALUNQUE UFFICIALE DI CARRIERA (QUINDI USCITO DA UNA ACCADEMIA) CHE LOI RITENESSE, CON LA MODICA SPESA DI L. 500.000 PUO' CHIEDERE GLI VENGA RILASCIATA LA ATTUALMENTE UNICA LAUREA IN SCIENZE STRATEGICHE ESISTENTE (UNIVERSITA' DI TORINO, FACOLTA' DI SCIENZE POLITICHE

LA LEGGINA (464/97) CHE IN MODO A MIO AVVISO IMPROPRIO CONSENTE CIO' (MANCA LA DECRETAZIONE DEL MINISTRO CHE LA LEGGE RICHIEDEVA

MA QUESTO CORSO FANTASMA A TORINO E' GIA' OPERATIVO NEL RILASCIARE TITOLI A DESTRA E A MANCA, DI FATTO CONSENTE; CON RIFERIMENTO AGLI UFFICIALI DELLE FORZE ARMATE, IL RILASCIO DEL TITOLO SE LA CARRIERA; LA PROFESSIONALITA' ETC: dell'UFFICIALE POSSA RITENERSI ABBIAI CONTENUTI DI FATTO ASSIMILABILI A QUELLI CHE SI OTTERREBBERO SEGUENDO I CORSI; ANCORA INESISTENTI, DI TALE CORSO DI LAUREA.

PENSO DI NON DOVERE AGGIUNGERE ALTRO: argomentazioni di tale tipo in un qualunque altro settore porterebbero a probabili denunce per manifesta follia..

IL CONTESTO DEL RAPPORTO FRA UNIVERSITA' E FORMAZIONE VIENE SCONVOLTO: NON È PIÙ GRAZIE A CORSI UNIVERSITARI CHE SI PERVIENE AD UNA EVENTUALE POSSIBILE PROFESSIONALITÀ, MA VICEVERSA LA LAUREA È VISTA COME MEDAGLIA DFI RICONOSCIMENTO AD ESPERIENZE ACQUISITE.

SERI I DUBBI DI INCOSTITUZIONALITA' PER QUANTO LA LEGGE CONSENTE: NON SI VEDE, INFATTI, PER QUALE MOTIVIO SOLO AI MILITARI SAREBBE POSSIBILE FARE CIO' E NON AD UN QUALSIASI CITTADINIO CHE, IN QUALUNQUE SETTORE, ABBIA MATURATO ESPERIENZE E PROFESSIONALITA' E QUALCHE ESAMUCCIO QUI E LI', GLOBALMENTE RITENUTE DA QUALCHE ORGANISMO APERTO AL NUOVO (FORSE LE FACOLTA' DI SCIENZE POLITICHE DELLA REPUBBLICA?) ADEGUATE AD OTTENERE UN QUALCHE TITOLO FRA GLI ESISTENTI (E SE NON ESISTONO SI INVENTANO AD HOC).

UNA ULTIMA CONSIDERAZIONE: CON L'AVVENTO DEI CREDITI E VISTO CHE LE ACCADEMIE MILITARI SORTISCONO L'EFFETTO DI FORMARE UFFICIALI CHE ENTRANO IN UNA CARRIERA PERMANENTE ED EFFETTIVA, CON VARI GRADI, PASSAGGI e COMPAGNIA BELLA, PER QUALE MOTIVO NON SI E' RITENUTO DI RICONOSCERE CON GLI OPPORTUNI CREDITI TUTTI GLI EVENTUALI ESAMI DI LIVELLO UNIVERSITARIO SOSTENUTI E INVITARE GLI ALLIEVI A PROSEGUIRE DOVE Lo RITENESSERO OPPORTUNO I PROPRI STUDI?? NON E' GIA' STATO RAGGIUNTO L'EFFETTO "SECONDARIO" GARANTITO DALLE MATERIE MILITARI DI GARANTIRE, APPUNTO, UNA CARRIERA MILITARE ASSICURATA NELLE SUE GRANDI LINEE??

PER FINIRE, IL SOTTOSEGRETARIO GUERZONI, EVIDENTEMENTE ASSAI AFFEZIONATO ALLA SOLUZIONE PROPOSTA DAL MINISTERO ED ANCORA IN ITINERE SOLO PER BEN COMPRENSIBILI DISACCORDI INTERNI ALLE FORZE ARMATE (così come il citato ha comunicato al C.U.N.), AD UNA MIA ESPLICITA DOMANDA CON LA QUALE CHIEDEVO, VISTA LA INELUTTABILTA' CON LA QUALE MINISTRO E SOTTOSEGRETARIO COMUNICAVANO NOMI DI CLASSI PER NOI ASSOLUTAMENTE PRIVE DI UN QUALCHE RIFERIMENTO INTRODOTTE PER FINALITA' DI CUI ALLA LEGGE 464/97, SE LE ISTANZE DI CUI ALLA LEGGE POTESSERO ESSERE RAPPRESENTATE E CONCRETIZZATE IN INTERVENTI DI TIPOLOGIA DEL TUTTO DIFFERENTE DA QUELLA PROPOSTA ED INOPINATAMENTE IN QUALCHE MODO GIA' ANTICIPATA NON STANTE LA MANCANZA DI DECRETAZIONE, HA RISPOSTO SENZA ALCUNA ESITAZIONE DI SI'. Se ne deduce che per fatti politici, e non scientifico- didattici, le proposte sono quelle che in qualche modo vi ho illustrato.
ULTIME NOTIZIE IN MERITO
      All'ultimo momento le 5 classi sono diventate ... una ed il nome è divenuto "Classe della Scienze della  Difesa e della Sicurezza". Il pateracchio è così completo (la classe contine di tutto!!!) e di fatto si è creata un uninersità dentro la universtà e a costi assai elevati. Probabilmente, visto l'anno in meno per il periodo pre universitario e l'anno in meno per ottenere una Laure, Le varie Armi avrebbero potuto fare il reclutamento dei volontari fra ... i laureati, evitando al Paese mostruosità tipo quella che sta nascendo. Ovviamete a nulla è valso il parere, assai critico del CUN: si tratta di cose concertate fra due ministeri e quindi, in un Paese democratico come il nostro e a pochi giorni dalle elezioni, blindate.
                                                                                                                                             Vittorio Mangione



            Per esempio, nella sanità pubblica, un medico generico dopo cinque anni di attività
                                             in un qualsiasi ospedale diviene Aiuto.
                   DOCENZA UNIVERSITARIA: LA
                   PROFESSIONALITA’ VALE ZERO
           Non solo ai docenti non si riconosce in alcun modo la professionalità pregressa, ma si tende a declassarla,
      ora per allora. Con buona pace dell’utenza che ha pagato, e pagherà, per buoni prodotti evidentemente balordi

Una recente circolare di Bassanini (Circolare 27-12-2000, n. 6350/4.7.) si affretta, anzitempo e nella remota ipotesi che già in questo anno di transizione possano essere rilasciate lauree secondo i nuovi ordinamenti, a chiarire che “per i dipendenti di ruolo di pubbliche amministrazioni .. omissis .. che abbiano compiuto cinque anni si servizio svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il diploma di laurea, il diploma di laurea delle classi coerenti con le professionalità da selezionare ; omissis …. Per i non dipendenti di amministrazioni pubbliche o per i dipendenti sprovvisti dei requisiti di servizio sopra indicati, … omissis, …. il diploma di laurea specialistica (LS) … omissis.”
       Il decreto n. 464/97, delega a specifiche convenzioni da stipularsi tra Università e Accademie, che avrebbero dovuto essere realizzate dopo la decretazione del Ministro dell’URST che sta intervenendo in realtà in questi giorni, il normare la concessione do titoli universitari agli ufficiali in servizio, previa verifica del superamento del previsto ciclo di studi PRESSO LE ACCADEMIE e gli istituti militari di istruzione superiori (i medesimi che vengono il più veloce progredire nella carriera professionale).
      A tale proposito, poi, le recenti classi delle lauree e delle lauree specialistiche delle “Scienze della Difesa e della Sicurezza”, proposte (si fa per dire: sono cosa fatta con evidente speranza degli artefici di ritorno elettorale) di concerto dal M.U.R.S.T. e dal MINISTERO DELLA DIFESA, a completamento del disegno prefigurato dal decreto del 97, creano uno spettro amplissimo di possibili lauree, dal settore “ingegneristico” al “giuridico” e a quello “amministrativo economico”, che consentono all’utenza di ottenere svariati piccioni con una sola fava; tenuto conto del particolare tipo di settore e delle modalità con cui si recluta l’organico della “dirigenza” dell’esercito (ufficiali), un primo risultato sembra essere sconcertante: se vale anche qui il decreto 509, tutte i corsi di laurea creabili all’interno delle mega-classi  dovrebbero essere “equivalenti dal punto di vista del valore legale”; un secondo risultato è che nel qualificare gratis (anzi, remunerando) l’utenza per una ben determinata professione CERTA caratterizzata da ben determinati titoli (sottotenente, tenente capitano maggiore, te, colonnello, colonnello, generale a una, due, tre stelle), gli si fornisce pure una laurea “riservata” e, con il quasi ineluttabile proseguimento di carriera, pure il titolo di professore universitario, visto che le materie militari ora figurano ufficialmente nelle classi di laurea della Repubblica e sono insegnate dagli ufficiali superiori delle vari armi. Non mi risulta che per i “civili” vi sia nulla di simile, salvo prefigurare una società strutturata in congreghe. Mai vista una professionalità più premiata!
      Nei contratti collettivi di lavoro per il settore del pubblico impiego è oramai d’uso consentire la partecipazione a concorsi di passaggio di livello al personale anche non in possesso del titolo di studio richiesto se si appartiene al livello immediatamente precedente e si ha un titolo di studio immediatamente precedente, gerarchicamente, al richiesto. E scalando e scalando si perviene, ora che non esistono più certi esami ad hoc, ai massimi livelli dirigenziali, con trattamenti economici che fanno impallidire anche il più anziano barone universitario, “per professionalità via via acquisita”.
     Nella sanità pubblica, un medico generico dopo cinque anni di attività in un qualsiasi ospedale diviene Aiuto.
     Per la nuova lobby della dirigenza pubblica contrattualizzata, sempre quelli che si sono visti quasi triplicare le retribuzioni nel 97 (a far tempo dal 96), esistono del tutto le indennità di “posizione” e di “risultato” a significare il livello via via raggiunto nella professionalità.
       Si potrebbe proseguire nella descrizione di paesaggi di questo tipo (basterebbe virare sul privato, ma lì con condizioni al contorno assai diverse).
        In tutto questo panorama non può non esser poelli apicali decidono o determinano (visto che ogni variazione interna è gestita o determinata ad ogni livello da professori ordinari), non conta nulla.
       E’ del tutto indifferente che un docente sia nel rispettivo ruolo o fascia (che è poi anch’essa un ruolo ben distinto, sia chiaro), di ricercatore o di professore associato da cinque anni, da dieci anni, da quindici anni, da venti anni ed a nulla conta il suo stato nei concorsi, ora prove comparative, ai fini dell’inquadramento nei ruoli superiori. Anzi, con le proposte attuali di stato giuridico, si intende discriminare per legge pure sul tipo di didattica, con il risultato di rimarcare, del tutto ora per allora, ciò che la legge riteneva prima assolutamente equivalente e quindi professionalmente paritario (anche se tale parità non contava nulla).
       Eppure la Università è andata avanti fino ad ora grazie a tale presunta parità dell’offerta didattica. Cosa fa il Bel Paese dinnanzi a ciò? Non solo non riconosce in alcun modo la professionalità pregressa, ma declassa, è da ribadirsi, ora per allora, la qualità dei corsi tenuti dalla manovalanza! Con buona pace dell’utenza che ha pagato, e pagherà, per buoni prodotti balordi!
        A nulla conta poi il porre in evidenza la scarsità di tornate concorsuali (in dispregio delle leggi dello Stato) che per 20 anni hanno caratterizzato la gestione dell’Università da parte degli illuminati e soci, o l’assistere alla applicazione delle nuove norme per il reclutamento che vergognosamente si prestano a rendere idonei gli amici degli amici eliminando di fatto la possibilità di emergere a chi non è inquadrato ed intruppato e che spesso consentono di punire ancora di più professionalità acquisite poiché riguardano persone “vecchie”. In molti raggruppamenti questa è una parola d’ordine ricorrente, salvo, ovviamente, le dovute eccezioni per meriti di clan acquisiti.
        Non v’è che dire grazie al Governo ed alla solita onnipresente lobby trasversale degli ordinari a cui da sempre è dato l’incarico di rinnovare in modo illuminato l’Università. Forse si potrebbe cominciare a pensare di mutuare proposte di riforme sull’università da persone capaci ma completamente estranee all’ambiente, visto che delegando all’attuale momento apicale tali disegni altro non fuoriesce che un rafforzamento indecente dello stesso momento apicale proponente.
                                                                                                                                                   Vittorio Mangione
                                                                                                                                                Membro C.U.N. Area 01