C I P U Rp a r m a n o t i z i e

Parma, Via M. D'Azeglio , 85/a , tel.* e fax 902336 - e-mail: vittorio.mangione@unipr.it

Notiziario della sede CIPUR di Parma.

A cura di Vittorio Mangione

Cari colleghi, l’uso della e-mail per notizie in tempo reale sui vari problemi locali si scontra per ora con una insufficiente diffusione della medesima. Utilizziamo allora il mezzo "lettera" per fornire notizie sui problemi e sulle iniziative che il CIPUR assume, a livello locale ed eventualmente nazionale, sui medesimi. E’ invece sempre a disposizione su Internet il sito CIPUR Nazionale ( http://pwhux.tin.it/cipnot ), mentre è in corso di stesura il sito locale. Per ora contiene un ipertesto che consente la connessione con il Cipur nazionale; esso è direttamente raggiungibile o dalla home page della Università, cliccando su ORGANIZZAZIONE dell’UNIVERSITA’, quindi su SINDACATI ed infine su C. I P.U.R. o, direttamente, all’indirizzo http://www.unipr.it/~cipur/home/html ( chi non ha il ~ sulla tastiera utilizzi Alt + 126 sul tastierino).Quanto prima, sul sito locale saranno reperibili notizie sintetiche in tempo reale (o quasi, dipenderà un poco dalla prigrizia dell’estensore; intanto leggete ... quelle che seguono!). A tutti si rivolge l’invito ad inviare note su questioni che dovessero presentarsi nelle proprie Facoltà, nei propri C.C.L., nei propri Dipartimenti: il Consiglio direttivo del CIPUR prenderà certamente in esame le questioni, farà sapere il suo parere e consiglierà le azioni più opportune.

Chi vuole inviare una e-mail clicchi qui

Il presidente della Sede di Parma

prof. Vittorio Mangione


                                    C. I. P. U. R. p a r m a n o t i z  i  e

     n.  16 – ottobre 2002 -  Parma, Via M. D'Azeglio , 85/a  tel  e fax 902336 - Supplemento al n. 27 di Università oggi -Notiziario della sede CIPUR di Parma
                                                                                   A cura di Vittorio Mangione

 

RECLUTAMENTO: VANNO BENE TUTTI, PURCHE’ NON SIANO ASSOCIATI-

PARTE PRIMA

 

1-L’OPE LEGIS DI TREMONTI

 

        Chiunque abbia anche disattentamente seguito le vicende dell’Accademia negli ultimi anni avrà certamente rilevato come buona parte delle proposte relative allo stato giuridico della docenza universitaria, specie quelle di origine sindacale, si siano ineluttabilmente scontrate contro la levata di scudi dell’olimpo dei docenti non appena si cercava in qualche modo di lenire le discriminazioni e le ingiustizie che decenni di cattiva applicazione della 382/80: concorsi o, ora, prove comparative, farsa si; ope legis o cose simili no, aggregati a parte!

         In tal modo ogni disegno complessivo di nuovo stato giuridico non vedeva nemmeno la luce, mentre iniziative raffazzonate tendenti a mantenere, o a peggiorare per le categorie intermedie, lo status quo apparivano e scomparivano dal panorama parlamentare. Il tutto con il contorno di provvedimenti parziali con le caratteristiche di veri colpi di mano che andavano a cambiare a poco a poco il quadro su cui avrebbe dovuto intervenire il nuovo stato giuridico.

         E’ nel frattempo cambiato esecutivo e, indipendentemente dalle simpatie politiche, un minimo di speranza era giustificata: si spera sempre che chi interviene impari dagli errori di chi lo ha preceduto.

         In realtà, le nefandezze intervenute negli ultimi tempi su questioni di reclutamento della docenza universitaria ed altro sono tali e tante da rendere inverosimile che in così poco tempo una nuova gestione governativa possa consapevolmente indurre così tanti danni alla struttura che avrebbe dovuto ristrutturare.

        Visto il numero trattiamole una per volta, anche per non andare in crisi di sconforto.

          Il D.M. n. 301 del 28-09-2000 istituiva la Scuola Superiore della economia e delle finanze un poco fuori tempo, vista la conclamata volontà di decentralizzare che permeava anche la passata compagine governativa, ma in ogni caso apprezzabile se si vuole cambiare e migliorare la burocrazia, centralizzata o meno.

          Non contento di tale iniziativa il Ministro dell’Economia della nuova compagine governativa, Tremonti, si improvvisa Ministro del MIUR e, senza richiedere alcun parere del C.U.N., disegna, è proprio il caso di dirlo, o, in termini più espressivi, con una operazione di sottile “taglia e cuci” compone, quella meraviglia che è il D.M. n. 80 del 29-03-02: una splendida “ope legis” che trasforma con un colpo di bacchetta magica i dirigenti che operano nella ricordata Scuola Superiore in Professori Ordinari, inseriti nei ruoli del MIUR, trasferibili nelle Università pubbliche e private della Repubblica.

          Così si fa! E lasciamo fare le prove comparative, i tre straordinariati con i nove conseguenti anni di carriera persi, le verifiche varie a quei pirla che da anni insegnano e ricercano nelle Università: tanto per loro deve continuare il giochino delle amicizie, dei muri invalicabili creati a piacere dagli illuminati e chi più ne ha più ne metta.

           Lo stato giuridico può aspettare; anche il ripensamento sulle nuove scellerate norme sul reclutamento può aspettare.

           L’innovazione avanza: Tremonti può vantarsi di avere fatto la prima "ope legis" che consente in modo istantaneo a non universitari di divenire professori universitari a tutti gli effetti.

             Non è finita, però; c’è qualcuno, stando alle credibilissime dichiarazioni pubbliche di qualche Rettore particolarmente interessato, che sta già architettando un marchingegno (ma qui certamente con il contributo anche del MIUR) per emulare tutto ciò e far divenire professori universitari a tutti gli effetti gli ufficiali che operano su materie militari in qualche modo collegabili con gli insegnamenti riconosciuti per la laurea in Scienze strategiche; poiché vanno riconosciuti crediti anche al brevetto di equitazione, a quello di paracadutismo, di nuoto, a quello di tiro etc., stiamo a vedere quali colleghi (ovviamente ordinari!) ci ritroveremo, sempre e rigorosamente tramite una qualche ope legis! Sarebbe curioso, ma forse opportuno, introdurre un minimo di reciprocità fra le due carriere!

            Questa volta almeno CRUI e C.U.N. hanno, sulla prima e già realizzata nefandezza, in qualche modo reagito. In modo flebile la CRUI. Tuonando il C.U.N.: tanto i suoi sono solo pareri (parere della seduta del 27.06.02). La stampa? Reazioni nulle. L’accademia nel suo complesso? Brontolii: tanto chi è ordinario più su di così non può andare e quindi … speriamo che aumentino gli stipendi ….! L’importante è che cose del genere non avvengano per gli associati.

 

                                                                                                                  Vittorio Mangione

 

RECLUTAMENTO: VANNO BENE TUTTI, PURCHE’ NON SIANO ASSOCIATI- PARTE SECONDA

 

2-LE CHIAMATE DIRETTE DELLA MORATTI

 

La premessa è come quella della parte prima: chi non l’avesse sottomano se la vada a procurare (è qua sopra), se lo ritiene. Se però ha anche solo disattentamente seguito le vicende dell’Accademia negli ultimi anni avrà certamente rilevato come le proposte relative alla redazione di uno stato giuridico della docenza universitaria di origine sindacale, si siano scontrate contro la levata di scudi dell’olimpo dei docenti che vedevano in ogni tipo di proposta tendente a lenire le discriminazioni e le ingiustizie che decenni di cattiva applicazione della 382/80, un qualche tipo di inaccettabile ope legis.

Ciò consentiva la frequente approvazione di iniziative raffazzonate e parziali, veri colpi di mano, tendenti a mantenere, o a peggiorare, per le categorie intermedie, lo status quo; incredibilmente spesso l’autolesionismo ha portato il momento  … apicale ad autoledersi!

Il cambiamento di esecutivo, indipendentemente dalle simpatie politiche, aveva giustificato un minimo di speranza: si spera sempre che chi interviene impari dagli errori di chi lo ha preceduto. E poi un Ministro finalmente non professore, vuoi vedere che ….!

Già l’appiattimento del Ministro sui nuovi ordinamenti aveva creato un certo sconcerto; l’emulazione della scuola Berlingueriana, con l’intervento o l’appoggio, alla interpretazione ex post di una norma di legge vetusta allo scopo di scippare i docenti di diritti riconosciuti dalla Giustizia amministrativa, aveva poi sollevato scalpore e dato inizio ad un brusco risveglio in chi si era lasciato andare ad una ottimistica speranza di cambiamento. L’intervento tramite la fissazione dei requisiti minimi senza entrare nel disegno della riforma e senza consultare il C.U.N. (certo, non era un D.M., però …) era alquanto pesante, a fronte di una dichiarata volontà di realizzare nel primo anno della nuova gestione un doveroso ed opportuno “monitoraggio”.

Ma la speranza è dura a morire! Ed ecco, allora, per dare una mano ai demotivati il capolavoro.

Come tutti dovrebbero sapere, il D.M. n. 13 del 26-01-01 fissava, fra l’altro, i criteri (oltre che stanziare i fondi) per consentire la chiamata nella Università italiane di studiosi italiani o stranieri, in ogni caso stabilmente residenti ed operanti all’estero da almeno tre anni, per i quali sussistesse il riconoscimento della “CHIARA FAMA”.

Le Università interessate hanno prodotto, a partire da allora, numerosissime domande al fine di utilizzare tale forma di reclutamento, ovviamente conformate sul ricordato D.M. e che quindi ponevano al Ministro (e quindi al C.U.N.) la istanza di decretazione della eventuale chiara fama per la conseguente chiamata. Ed entro il gennaio 2001 il C.U.N. aveva già assunto tutte le deliberazioni del caso per le richieste fino ad allora pervenute (circa trentatrè chiare fame riconosciute su 79 domande).

Non può non notarsi, a questo punto, come la anomala e straordinaria metodologia di reclutamento prevista, non introduceva vie di reclutamento surrettizie o parallele a quelle ufficiali: la eccezionalità del percorso e l’altissima qualità del requisito faceva cadere ogni tipo di sospetto ed, anzi, a fronte della chiamata per chiara fama nessuno ha nulla a che dire.

Indubbiamente tale decreto non si poneva la questione del cosiddetto rientro in Italia di cervelli. Tale problema esiste e se si intende risolverlo sembra evidente che occorrano interventi di altro tipo. Ebbene, equivocando su un parere del C.U.N. che di fatto affermava proprio ciò, il Ministro invece di eventualmente elaborare un altro decreto ad hoc, il 4 aprile 2001, invece di decretare la chiara fama sancita dal C.U.N., con una assai poco felice lettera di accompagnamento inviava al C.U.N. il D.M del 4-04-02 (numero non fornito in quanto non si trova ove sia stato pubblicato), costituito da un unico articolo SOSTITUTIVO DELL’ARTICOLO 2 DEL PRECEDENTE DECRETO, in virtù del quale, su proposta delle Facoltà e dei Dipartimenti, sentito il parere del C.U.N. risultavano assumibili per chiamata diretta di “qualificati”(termine vago ed assai gestibile, me ne si dia atto) studiosi italiani o stranieri, a spese, consolidabili a bilancio, dello Stato. Sarà il Ministro che, sentito il C.U.N. ed alla luce della motivata edelibera di Facoltà e Dipartimenti, disporrà la “chiamabilità” dello studioso nella I fascia, nella II fascia o fra i ricercatori.

Commentare tutto ciò dovrebbe essere inutile. Ma visto che avvengono fatti di questo tipo non ci si può esimere anche da tale sofferenza.

Anzitutto vi sono seri dubbi sulla legittimità della decretazione Moratti: non si vede come possa variarsi un D.M. con effetto retroattivo. In particolare tutte le domande pervenute al Ministero ed esaminate dal CUN erano relative ad una richiesta di dichiarazione di chiara fama su cui ha dato un parere pubblico oramai da tempo (gennaio 2002). Quanto previsto dal nuovo D.M. abbisogna, invece, di una istruttoria completamente diversa: richiede delibere di facoltà e di dipartimento a proposito della qualificazione dello studioso e della sua inseribilità in una ben determinata fascia di professori o nel ruolo dei ricercatori. In base a ciò il C.U.N. darà un parere ed il ministro decreterà. Nulla di tutto ciò è riportabile alle domande a disposizione del C.U.N. che si limitano a chiedere il riconoscimento della chiara fama!

Grave è quindi la richiesta del Ministro del 4-04-02 indirizzata la Presidente del CUN a "sottoporre nuovamente al CUN le proposte di riesame delle chiamate dirette in questione alla luce dell'allegato provvedimento di rettifica del decreto ministeriale in oggetto indicato". Tale richiesta è in contraddizione con il D.M. a variazione medesimo, in quanto, variando le condizioni per le chiamate, tale decreto chiede il parere delle Facoltà e dei Dipartimenti oltre alla doverosa indicazione da parte dei medesimi organi della fascia in cui inquadrare il docente proposto. Ovviamente tali dati non sono a disposizione del Cun, il quale non potrebbe che ribadire i pareri già resi sull'unico tipo di domanda che gli è stata posta: dichiarare o meno la chiara fama del richiedente.

Su tale impostazione di principio il CUN ha espresso un parere assai critico, accompagnato da un corposo documento personale della consigliera D'Angeli teso a vistosamente dimostrare la illegittimità dell'atto e dei comportamenti richiesti al C.U.N. dal Ministro.

Ma se tutto si fermasse qui, si potrebbe facilmente ovviare, legittimità a parte, rinviando tutti i documenti alle Facoltà ed ai Dipartimenti per una veloce istruttoria. Troppo lineare. La presidenza C.U.N., di fatto e nonostante il ricordato documento, propone di aderire alla richiesta del Ministro, concordando sul rinvio alle Facoltà solo delle pratiche pervenute dopo il 4 aprile 2002. Il CUN, quindi, in contrasto con il suo medesimo documento critico, avoca inopinatamente a sé il potere di fornire pareri non richiesti!

In spirito di compromissione ragionevole, viste le incredibili determinazioni ministeriali, può al più consentirsi di confermare le delibere C.U.N. sulla chiara fama e chiedere al Ministro le chiamate, ovviamente sulla prima fascia, degli studiosi. Pur nella dubbia legittimità il C.U.N. addiviene unanime a ciò. Ma provvedere ad esaminare non si sa più con quale criterio gli studiosi a suo tempo non dichiarati di chiara fama sembra veramente troppo.

A che titolo sia possibile riesaminare un posizione di uno studioso a proposito di una domanda non posta è veramente misterioso. Oltre a ciò, la presunzione di dichiarare alcuni di costoro non chiamabili alla luce del nuovo decreto pone gravi problemi di correttezza nei riguardi dello studioso che si vede dare un giudizio preventivo (non richiesto!) di non idoneità alla I fascia dopo che una Facoltà lo ha proposto per la chiara fama.

Ed invece è proprio tutto ciò che è puntualmente avvenuto, con una sgradevole spaccatura nell'Organo.

A nulla sono valse dichiarazioni agli atti sia di presunta illegittimità che di inopportunità su tale modo di procedere. Dichiarazioni di voto di Polvani, D'angeli, Mangione, De Zanche, Zocchi, pongono in vario modo in evidenza, nel dichiarare o la non partecipazione al voto, o l'astensione o il voto contrario, la presunta illegittimità di quanto va avvenendo (D'Angeli, Mangione), la inopportunità del procedimento posto in atto che può presentare momenti lesivi della autonomia, ignorando le richieste deliberazioni di Facoltà e Dipartimenti (Mangione), oltre che, in caso di giudizio negativo, presentare caratteristiche pregiudizievoli per i candidati.

Non può, infine, non farsi una osservazione anch’essa espressamente dichiarata da alcuni dei sopraccitati colleghi. Impostato così come è nella nuova decretazione il provvedimento è una sorta di inaccettabile ulteriore ope legis che istituisce vie privilegiate di reclutamento, andando ancora una volta a minare il chiaro ed innovativo disegno di stato giuridico di cui l’università ha bisogno anche per sanare i debiti di trattamento di chi non avendo cari amici all’estero o non essendoci stato in tempi recenti o non avendo amici cortesi nella propria Facoltà non si capisce in quale buco possa essere inserito al fine di un minimo riconoscimento della sua professionalità.

 

                                                                                               Vittorio Mangione

 

MEMENTO VOBIS!

Ancora una volta scippati

LETTERA APERTA AD UN AMICO DEPUTATO AL PARLAMENTO

Caro Bruno, ingenuamente ritenevo che solo per errore e per infausta influenza di un qualche burocrate in fase di veloce voltagabbana il Ministro Moratti fosse stato indotto a emulare il comportamento berlingueriano

di Vittorio Mangione

Caro Bruno,  

                  non ho avuto riscontro ad una mia triste nota precedente alla approvazione della Finanziaria 2001 (per l’anno 2002) ed ho la sensazione che tu non la abbia nemmeno letta: probabilmente hai già messo in atto quei maledetti filtri che aiutano una classe dirigente, appena rinnoità che nella Finanziaria 2001 ho constatato la riproposizione di “interpretazioni” di vecchie leggi (art. 14, comma 2; interpretazione che di fatto rende inutili migliaia di ricorsi, tutti vincenti a livello di TAR ed, in Sicilia, definitivamente sanciti dal Consiglio della Giustizia Amministrativa) del tutto analoghi a quelli voluti da Berlinguer e soci nella Finanziaria 99. Il tutto per salvaguardare economicamente lo Stato, dichiarato perdente, dagli organi costituzionalmente preposti a derimere tali controversie, in tutti i gradi di giudizio, in numerosissimi ricorsi di cittadini, con solitarie e sorprendenti eccezioni.

Pensa, mi sono illuso (quasi tutti, nel C.I.P.U.R., si sono illusi) che solo per errore e per infausta influenza di un qualche burocrate smanioso di porsi in evidenza oltre che in fase di veloce voltagabbana, il Ministro Moratti fosse stato indotto a emulare il comportamento berlingueriano. Tanto più che i conti relativi ai rimborsi da effettuare da parte dello Stato e le maggiori spese da consolidare a bilancio delle Università, erano vistosamente errati in eccesso (anche questa usanza, quella di basare molti interventi su dati sbagliati, si sperava scomparisse!).

Constato con amarezza, delusione e civica disperazione (a chi mai ci si può rivolgere, ora?) che non si è trattato di un errore.

            Tu, caro Bruno, non hai ritenuto di rispondermi; il Ministro Moratti ha invece risposto, in perfetto burocratese, al Presidente del C.I.P.U.R., affermando la legittimità della interpretazione ex post: proprio ciò ci si aspettava da un Ministro della Repubblica.

Non chiarimenti sul perché, sulla giustezza o meno, sulla opportunità politica di una scelta così discutibile e delicata; nulla di tutto ciò solo una disquisizione sulla legittimità: si può fare e quindi lo faccio. E pensare che nessuno aveva posto problemi di mera “legittimità” dell’intervento: nel nostro splendido sistema giudiziario basta anche una sentenza difforme fra decine, in qualunque grado, a garantire la “legittimità” di interpretazioni in linea con magari l’unica sentenza fuori dal coro: fulgido esempio di buon senso e di rispetto per la nozione generale di maggioranza.

Si ripete quanto accaduto nel 99, per i ben più economicamente consistenti ricorsi relativi ad errori di inquadramento. Sembra ancora una volta inutile la azione della Giustizia Amministrativa (vivaddio, eliminiamola e chiamiamo il Parlamento a sistematicamente reinterpretare tutto in modo che lo Stato abbia sempre ragione! Un risparmio immane di tempi, strutture e di euro!).

Caro Bruno, quelli ricordati sono scippi indegni di uno Stato di diritto (l’ultimo, poi, è proprio da mentecatti, stante la non grande rilevanza economica del contendere). Quando lo Stato è parte del contendere non è corretto che risolva le questioni tramite un uso improprio, delicato, ed estremamente discutibile sul piano costituzionale, della "reinterpretazione" ex post di norme, in quanto è insito nei concetti di democrazia e giustizia che lo Stato debba sottostare al giudizio degli Organi, che si è dato, preposti a quel tipo di giudizio. L’alternativa è una catena di ingiustizie collegate: l’annullamento di fatto di sentenze ad esso contrarie, una stridente discriminazione fra chi ha sentenze favorevoli passate in giudicato e chi stava per averle (e non le ha avute per le usuali lentezze della Giustizia), il favorire la nascita di grande sfiducia nelle istituzioni, la demotivazione del cittadino alla probità, il rafforzare, con l’esempio dato, l’immagine dell’italiano furbo che cerca sempre scappatoie alle regole che la società si è data.

Infine, non mi interessa oramai che il mio stipendio in pochi anni abbia avuto un calo di potere di acquisto del 32% e che non intraveda analoga sorte per tua retribuzione o per quella dei magistrati o per i giornalisti della RAI, per esempio; ma visto che sono scippato anche nei ricorsi sui quali la Giustizia Amministrativa mi dà ragione desidero almeno fartelo notare.

Con amicizia

                 Vittorio

 

A proposito del Ddl "Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo"

 

RECLUTAMENTO E STATO GIURIDICO: UNA PROPOSTA

Considerazioni sulle due proposte di legge proposte dalle Camere in vistosa rotta di collisione fra loro

di Vittorio Mangione

 

Alcune questioni generali

            L'iniziativa parlamentare che mira alla modifica delle modalità di reclutamento del personale docente universitario è certamente apprezzabile. E’ infatti da ritenersi opportuna una normativa certa che, in particolare,

            a) riduca il ricorso, oggi decisamente eccessivo, a coperture di insegnamento precarie (affidamenti e contratti);

            b) concorra ad attuare un importante momento della autonomia delle Università;

            c) elimini l’ingiustificabile sconvolgimento temporale che di fatto, pur non consentito dalla legge, ha caratterizzato in negativo, con svariate altre implicazioni dello stesso segno, gli ultimi quindici anni di vita accademica;

            d) riduca la possibilità di abusi e soprusi, contribuendo alla ricostituzione di un clima favorevole all’equità ed alla serenità di giudizio, facendo giustizia delle anomale progressioni di carriera, al frequente inquinamento delle prove di concorso, anche correggendo il meccanismo farraginoso (elezione + sorteggio) della formazione delle commissioni.

            Il momento del reclutamento è, però, solo uno dei punti importanti in cui si deve articolare la complessa normativa che deve regolare il sistema Universitario. E’ infatti indubbio che debbano essere note sia le figure oggetto di reclutamento che le funzioni didattico-scientifiche e di governo da svolgersi. Pertanto sfugge la ratio in un disegno (i testi licenziati dalle Camere presentano questa rilevante carenza) che tende a realizzare comunque e subito una nuova legge concorsuale che va incontro, a tempi brevissimi, ad una radicale modifica per l’indispensabile raccordo con il, promesso a brevissima scadenza, nuovo stato giuridico. Tutto ciò con il rischio di varare una "riforma" sullo stato giuridico che potrebbe essere inopportunamente “limitata” dalla nuova legge concorsuale.

             Nel formulare nuovi meccanismi è indispensabile riferirsi allo stato di fatto esistente e alle normative che lo regolano. Ciò sia per variare meccanismi che non hanno funzionato che per evitare di vanificare determinazioni legislative che non hanno fallito nei loro obiettivi: con riferimento agli attuali meccanismi concorsuali, per esempio, non dovrebbe essere del tutto sconvolto il meccanismo che, per porre fine a vistose manovre fra Scuole oltre a poco dignitose, spesso inutilmente servili, peregrinazioni di “ternati”, “liberi docenti” etc., ha eliminato la libera docenza e fatto coincidere, nei concorsi, il numero di vincitori con il numero dei posti messi a bando.

Una proposta di compromesso

            Il sistema universitario ha quindi urgente bisogno sia di nuovi meccanismi di reclutamento che, per tenere in dovuto conto la urgenza, di un minimo di condizioni al contorno che non rendano evanescenti le determinazioni in via di definizione. A tale proposito sembra positiva la proposta ventilata da più sindacati di raccordare la normativa relativa al reclutamento con un articolo introduttivo che contenga una sorta di riconoscimento forte del ruolo unico della docenza universitaria, tracciolino per una successiva maggiore articolazione della normativa sullo stato giuridico. Il ruolo unico si dovrebbe caratterizzare con l’unicità di diritti e doveri di tutti i professori. Esso potrebbe articolarsi su più livelli, caratterizzati da situazioni retributive via via crescenti. L’unicità dovrebbe esprimersi nelle medesime funzioni didattiche e di ricerca, negli eguali diritti di elettorato attivo e passivo negli organi di governo dell’Ateneo (si potrebbe riservare la sola carica di Rettore ai docenti dei livelli più alti. Gli attuali ordinari, associati e ricercatori, potrebbero essere inseriti, a domanda, nel ruolo unico ai corrispondenti livelli retributivi ).

            Per porre fine alla frustrante contrapposizione tra i due rami del Parlamento, è da auspicarsi l'accettazione di fatto dell'impianto della proposta di legge uscita dalla Camera (con una opportuna semplificazione per la formazione delle Commissioni per i ricercatori, o per l’ingresso al “primo livello”), adeguatamente raccordata, o da raccordarsi successivamente, alla strutturazione che si riterrà di realizzare per il ruolo unico.

            La normativa succitata dovrebbe però riguardare soltanto:

            a) gli esterni che desiderano inserirsi nella docenza;

            b) coloro che aspirano a raggiungere l'apice della carriera universitaria senza tappe intermedie;

            c) i docenti che intendono passare a un livello superiore in un Ateneo diverso dal proprio.

            Soltanto per gli esterni dovrebbe essere prevista una prova didattica.

            Il Senato, recuperando un suo ruolo attivo nel testo proposto dalla Camera, sarebbe auspicabile procedesse al completamento della legge introducendo uno schema normativo per lo sviluppo della carriera di coloro che già operano nell'Università (prevedere una sorta di "salary and promotion committees" ?)

Ma, in ogni caso, non ripristiniamo insensatezze del passato!

            I testi relativi al reclutamento proposti dalle due Camere hanno in comune, pur in momenti diversi, lo smantellamento del principio, introdotto nella 382/80, della coincidenza fra numero di posti messi a bando e numero di vincitori, con la riproposizione dei meccanismi, peggiorati e “moltiplicati”, vigenti prima: al posto delle “libere docenze” e delle “ternature”, vengono introdotti vari tipi di “idoneità” (nazionali o locali, preventive o meno a concorsi ulteriori, tutte a scontata decadenza). Occorre in generale salvaguardare meccanismi “virtuosi” già esistenti; nella fattispecie si  dovrebbe almeno prevedere, pur nella discutibile logica della riproposizione delle idoneità:

           a- l’obbligo di chiamata da parte della Università che indice il concorso di uno degli idonei;

           b- il non decadimento dalle idoneità;

           c- l’obbligo di utilizzazione degli idonei esistenti nei vari raggruppamenti prima di bandire nuovi concorsi relativi ai raggruppamenti medesimi;

           d- la fissazione di condizioni rigidissime, se restasse lo schema attuale di ruoli e carriere, al fine di rendere eccezionale il passaggio da ricercatore a professore di I fascia.

            Tutto ciò anche per mostrare alla Nazione un minimo di rispetto per i costi indotti per la individuazione degli idonei oltre che fare ritenere oculate le indicazioni effettuate e proficui gli investimenti a supporto della ricerca.

 

 


·Idonei non chiamati e prove bandite sullo stesso raggruppamento
       Ci limitiamo ad osservare che sembra assai disdicevole, antieconomico ed irrazionale che a fronte di colleghi del nostro Ateneo che hanno ottenuto la idoneità in prove comparative messe in atto da altre Università, il nostro Ateneo bandisca concorsi per la copertura di cattedre dei medesimi raggruppamenti nei quali i colleghi hanno la idoneità.

·Tempo pieno, studio professionale e supplenza pagata
      Abbiamo fatto presente al rettore che nel nostro Ateneo si riscontrano situazioni del tipo indicato in epigrafe. Anche qui ogni commento è superfluo.


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E' SEMPRE ATTUALISSIMO!!!!!!!!!
Nella Università di Berlinguer, Zecchino e Amato: il Direttore Amministrativo ha uno stipendio assai più alto di quello del Rettore ed un dirigente qualunque guadagna più di un professore.

NON PER TUTTI E’ TEMPO DI VACCHE MAGRE

Mentre si effettuano tagli e si obbligano le categorie più deboli al sacrificio, per i dirigenti pubblici contrattualizzati il Governo approva contratti che arrivano a quasi triplicare il trattamento economico.

Finanziarie agghiaccianti e riforma del Welfare State: pensioni bloccate, tagli di ogni tipo, sacrifici per tutti (si fa per dire!); era già assai difficile coniugare tutto ciò con il quadro offerto dalle mega retribuzioni e dalle mega pensioni di troppe categorie privilegiate.

Ora, però, chiarezza e coerenza sono state raggiunte: per il personale pubblico contrattualizzato con qualifica dirigenziale di una qualsiasi Amministrazione pubblica (si tratta svariate decine di migliaia di persone) il trattamento economico è stato moltiplicato di un fattore compreso fra 2,3 e 3. Avete letto bene: gli stipendi dei dirigenti pubblici contrattualizzati sono più che raddoppiati ed in migliaia di casi triplicati; in percentuale l’aumento va dal 130 al 200 % .

Nel corso del Consiglio Centrale del CIPUR, tenutosi ad Assisi dal 10 al 12 settembre 97, si è posta in evidenza, ed è stata drammaticamente illustrata al Presidente della VII Commissione del Senato On. Prof. Bracco del P.D.S., quello che agli occhi del Consiglio è apparso uno scioccante esempio (nessun componente il Consiglio Centrale aveva mai assistito nella propria vita alla istantanea quasi triplicazione di uno stipendio di una qualsivoglia categoria di lavoratori!!), di unilateralità comportamentale oltre che di totale contraddittorietà con le giornaliere litanie di invito al sacrificio, degli interventi governativi. Era stata pure evidenziata, fra l’altro, meraviglia per la totale mancanza di reazione ad un tale tipo di intervento da parte di categorie certamente più bisognose. L’unico stupefacente commento è stato che tale disinfomazione e tale mancana di reazioni erano probabilmente dovute al fatto che l’intervento era stato realizzato tramite un contratto collettivo gestito dai sindacati e non di un intervento diretto del Parlamento o del Governo!

Sarà bene informare più dettagliatamente i colleghi, visto che grande sembra la disinformazione in merito. Grazie al Contratto Nazionale "spuntato" da CGIL, CISL, UIL, dalla CISNAL, dal CIDA, dal RdB/CUB, dalla UNIONQUADRI e da CISL/FSUR/DIRIGENTI e CIDA/FENDEP/UNIVERSITA’, e approvato mediante il "Provvedimento del Presidente del Consiglio" del 30-12-96, pubblicato sulla G.U. n. 45 del 3 marzo 1997, per il personale pubblico contrattualizzato con qualifica dirigenziale, il trattamento economico è strutturato (Parte II, Titolo I, Capo I, art. 34 del provvedimento sopra citato) nelle seguenti sei voci : "1. stipendio tabellare; 2. indennità integrativa speciale; 3. retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita; 4. retribuzione di posizione; 5. retribuzione di risultato; 6. assegni familiari ove spettanti." Osservato che l’ultima voce sembra non priva di un certo contenuto umoristico, abbiamo ritenuto di evidenziare le tre voci che realmente costituiscono novità nella articolazione delle nuove retribuzioni. Conviene poi rilevare in modo esplicito che tre sono le fasce in cui collocare i dirigenti (C, B, A, in ordine di livello crescente) per le quali il contratto fissa minimi e massimi per una delle importanti voci predette: la retribuzioni di posizione; per quella di risultato si indicano, invece, precise percentuali e variazioni. In ordine crescente di "fascia" i minimi ed i massimi per le retribuzioni di posizione sono: da 12 a 29 milioni; fino a 45 milioni; fino a 70 milioni (ovviamente i minimi delle due ultime fasce sono i massimi della precedente. In corrispondenza la retribuzione di risultato va da i 12 ai 40 milioni.

Applicando ai dipendenti Tecnico-Amministrativi delle Università il contratto nazionale di lavoro, il risultato concreto è che lo stipendio di un dirigente delle Università va, ora, dai 120 ai 185 milioni annui, circa.

Grazie alla Bassanini 2, inoltre, il Direttore Amministrativo, fino ad ora individuato fra i dirigenti della Università, può essere scelto dal Rettore sul libero mercato, ed è soggetto ad un contratto privato quinquennale: il compenso è, appunto, da "contrattare" (non certo al ribasso rispetto ai dati or ora forniti!). Nel caso si tratti di un funzionario pubblico, per i cinque anni del contratto esso goderà della aspettativa per quanto concerne il suo posto di lavoro, nel quale sarà reintegrato alla scadenza del quinquennio o se licenziato.

Certo qualche problema sarebbe sorto nei rapporti fra Governo e ALTA DIRIGENZA PUBBLICA NON CONTRATTUALIZZATA per la esclusione di quest’ultima da interventi che lasciassero inalterato il differenziale fra le retribuzioni di quest’ultima categoria con quelle contrattualizzate (problemi con le altre categorie di lavoro abbiamo già visto che, grazie ai sindacati, non ne sussistono) . Ed Allora cosa ha ben pensato il Governo? Con una agile leggina, già approvata dal Senato nei primi giorni di luglio (Disegno di Legge n. 2142, attualmente all’esame della Camera) si concede, in attesa di perequare al meglio le retribuzioni dei dirigenti generali dello Stato, di dare subito a costoro ed ad una altra e ben determinata schiera di dirigenti statali o equiparati, una "indennità" che va dai 18 ai 24 milioni. Vi chiedete chi sono, in dettaglio, costoro? Perbacco, il disegno di legge è esplicito: personale dirigente della carriera prefettizia e diplomatica equiparato al dirigente generale; idem con riferimento alle corrispondenti figure della Polizia; idem ai generali di divisione e di corpo d’armata e gradi corrispondenti delle Forze armate; idem ai dirigenti generali equiparati per effetto dell’art. 2 della L. 8 marzo 1985, n. 72 (naturalmente a patto che non usufruiscano già di un trattamento più favorevole da parte degli Enti di appartenenza!!).

Avrete notato che i Professori universitari sono assenti. Che pretese! Noi non facciamo parte del potere burocratico cui il regime deve appoggiarsi! Per noi "nel bilancio triennale 1998-2000, e le relative leggi finanziarie, nell’ambito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie di cui all’articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, indicano le somme da destinare, in caso di perequazione, al riequilibrio del trattamento economico del restante personale dirigente civile e militare non contrattualizzato, nonché dei professori e ricercatori universitari, con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto dei Ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi di trattamento comunque determinatisi a partire dal febbraio 1993, e secondo i criteri indicati nell’articolo 1, comma 2."
Ci fermiamo qui, ringraziando il Ministro ed il Governo tutto per il chiaro messaggio inviato ai docenti a proposito della funzione loro e della Università in questo Paese.


Nella Università di Berlinguer, Zecchino ed Amato in atto la rivoluzione culturale del 2000: dirigenti e il direttore amministrativo hanno trattamenti economici di gran lunga superiori a professori e Rettore.

SEMPRE PIU’ MAGRE LE VACCHE MAGRE

Ampliato alla rimanete parte dei dirigenti pubblici il Contratto Collettivo pubblicato nel marzo del 97. Nessuna perequazione per la Docenza a cui viene anche tolto, dall’anno prossimo, anche il più che modesto aumento annuale di meccanismo

Da non credere! È il nostro modesto foglio che deve continuare a garantire informazione (tristi) su alcuni aspetti di dinamica salariale che altrimenti non verrebbero assolutamente divulgati.

Ricorderete che già avevamo informato, unici nel Paese (televisioni comprese), sugli effetti del Contratto Nazionale "spuntato" da CGIL, CISL, UIL, dalla CISNAL, dal CIDA, dal RdB/CUB, dalla UNIONQUADRI e a CISL/FSUR/DIRIGENTI e CIDA/FENDEP/UNIVERSITA’, approvato mediante il "Provvedimento del Presidente del Consiglio" del 30-12-96 (G.U. n. 45 del 3 marzo 1997), per il personale pubblico contrattualizzato con qualifica dirigenziale (leggi, quindi, pure i dirigenti delle Università): il trattamento economico era stato moltiplicato per un fattore compreso fra 2,3 e 3. Lo avevo comunicato nel corso del Consiglio Centrale del CIPUR, tenutosi ad Assisi dal 10 al 12 settembre 97, alla presenza del Presidente della VII Commissione del Senato: scioccante esempio di unilateralità comportamentale e di totale contraddittorietà con le litanie di invito al sacrificio a contorno degli interventi governativi, oltre che di una non certo casuale "omertà" fra Governo, Sindacati e media.

Sempre in un contesto di grande risparmio, la Bassanini 2, inoltre, consentiva, in particolare, a che il Direttore Amministrativo della Università, fino ad allora individuato fra i dirigenti della Università, potesse essere scelto dal Rettore sul libero mercato tramite un contratto privato quinquennale.

Sarà bene allora completare, almeno sommariamente, le informazioni in materia, visto il permanere del silenzio quasi assoluto sugli eventi successivi.

Anzitutto, al fine di evitare vivaci e non volute reazioni della dirigenza non contrattualizzata per la sua esclusione da analoghi interventi migliorativi,. una agile leggina provvedeva a concedere subito al personale dirigente della carriera prefettizia e diplomatica equiparato al dirigente generale, alle corrispondenti figure della Polizia, ai generali di divisione e di corpo d’armata e gradi corrispondenti delle Forze armate, ai dirigenti generali equiparati per effetto dell’art. 2 della L. 8 marzo 1985, n. 72, una "indennità" che va dai 18 ai 24 milioni. Ovviamente assenti da tali interventi i Professori e Ricercatori universitari.

Sorpresi? Penso di no: noi non facciamo parte del potere burocratico cui il regime deve appoggiarsi! Per noi, "nel bilancio triennale 1998-2000, e le relative leggi finanziarie, nell’ambito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie di cui all’articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, indicano le somme da destinare, in caso di perequazione, al riequilibrio del trattamento economico del restante personale dirigente civile e militare non conttratualizzato, nonché dei professori e ricercatori universitari, con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto dei Ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi di trattamento comunque determinatisi a partire dal febbraio 1993, e secondo i criteri indicati nell’articolo 1, comma 2." Come dire aria fritta.

Alcuni mesi dopo, poi, e giungiamo ai giorni nostri, il prolifico Bassanini, sempre in dichiarato spirito semplificatore, tramite alcune sue ormai abituali "bazaaresche" creazioni legislative, oltre a rendere obbligatorio il contratto quinquennale di diritto privato per il Direttore Amministrativo, contrattualizzava tutti i dirigenti pubblici più sopra ricordati (ad esclusione dei militari), con il loro conseguente aggancio al ricordato Contratto collettivo di lavoro. Per noi, ovviamente, rimaneva ancora in "vigore" la sopra ricordata aria fritta.

La perlina finale: il 28 maggio, nella mattinata, nel corso della riunione del C.U.N. (a proposito del quale cercherò prossimamente di intervenire) giungeva la notizia della firma, da parte di Ciampi, di un aumento del 10,43 % per i docenti universitari, a partire dall’1 gennaio 98 (il decreto dovrebbe essere pubblicato a fine mese). Qualche tentativo di applauso si è subito ammosciato: era a tutti presente che si trattava di un banalissimo aumento dovuto ad un meccanismo che a noi dà 10 se ad altri, in particolare anche a categorie che suppliscono la totale mancanza di concorsi e verifiche con funzionalissimi meccanismi di aumento, dà sette volte tanto (e che, in ogni caso, è poi stato ridotto al 6,52 %).

Nonostante ciò alcune associazioni di docenti continuano a presentare eventi di questo tipo come loro successi sindacali. Ci spiace per costoro: a quanto sembra dall’anno prossimo tramite tali eventuali aumenti, non più automaticamente riconosciuti, verrebbe creato un fondo "incentivante". Il probo pescatore Berlinguer pescherà in tale fondo premiando i "virtuosi" e bacchettando i non virtuosi.

Vittorio Mangione


 

               C.I.P.U.R.
                                                                      Sede di Parma
Il Presidente                                                                                                       Parma, 27-02-01

Cari colleghi,
                     come è assai poco noto, per il personale pubblico contrattualizzato con qualifica dirigenziale con il “Provvedimento del Presidente del Consiglio” del 30-12-96, G.U. n. 45 del 3 marzo 1997, il trattamento economico, a far tempo dall’1-1-96) è stato moltiplicato di un fattore compreso fra 2,3 e 3 (aumenti dal 130 al 200%).
                    Una agile leggina (L. 334/97) provvedeva a concedere (con decorrenza all’1-1-96) a chi era provvisoriamente rimasto fuori dal precedente provvedimento, dirigenti generali dello stato, dirigenti della carriera prefettizia e diplomatica, corrispondenti figure della Polizia, generali di divisione e di corpo d’armata e gradi corrispondenti delle Forze armate, dirigenti generali equiparati (art. 2, L. 72/85), con esplicita esclusione dei professori e ricercatori universitari, una "indennità" annua che andava dai 18 ai 24 milioni.
                     Successivamente, quasi completamente contrattualizzata anche tale dirigenza, si è provveduto proporzionalmente ad estendere alla medesima i benefici ed i meccanismi introdotti con la prima contrattualizzazione.
                    La “Bassanini 2”, nel frattempo, consentiva a che i Direttori delle varie strutture piramidali dello Stato e del Parastato fossero scelti sul libero mercato tramite un contratto privato quinquennale (a livello universitario, per intenderci, le retribuzioni dei direttori amministrativi vanno attualmente dai 280 ai 580 milioni annui).
                     Infine, è di pochi giorni fa la notizia che alla dirigenza contrattualizzata di cui sopra sono stati concessi aumenti che vanno dai 18 agli 80 milioni annui.
                      Nel frattempo i livelli retributivi dei docenti universitari sono progrediti con una media di aumento di circa l’1% annuo.
                       Nel 97 i metalmeccanici manifestavano, tenuti all’oscuro delle determinazioni ricordate, per qualche punto percentuale di aumento ed in piena manovra economica ovviamente già del tutto “dedicata” nei fatti; in simultanea nel Paese si sono andate prefigurando situazioni paradossali, ora divenute ancora più evidenti.
                      Per restare nell’ambito universitario, p.e., un docente ha una retribuzione assai inferiore o al più prossima al 70% di quella di un qualsiasi dirigente da lui, se ha la ventura di essere membro del C. di A., amministrato. Rientra in tale situazione anche il Rettore: del tutto, se in assenza di adeguata indennità ha una retribuzione che è meno della metà di quella del Direttore Amministrativo ed assai inferiore a quella di un qualsiasi dirigente. Il tutto in un contesto legislativo assai confuso e che surrettiziamente sembra avere staccato le nostre retribuzioni da quelle della dirigenza, visto che nessun stato giuridico nuovo è stato introdotto.
              &nbspiversità per i militari” all’interno della Università esistente. Ma anche su questa ultima questione le concertazioni fra ministeri sono state “assai riservate” e coperte da deleghe infauste.
                     Nella impossibilità di fare qualcosa a fronte di determinazioni assunte senza alcun tipo di concertazione con la docenza e già giunte in dirittura d’arrivo, dopo inusitati scippi subiti gli anni passati a proposito di aggiustamenti di carriera ritenuti dovuti dal medesimo Consiglio di Stato e eliminati “per legge”, non può purtroppo non prendersi atto dello scarso interesse e della scarsa reattività che la docenza sembra dimostrare della propria sorte e della propria funzione.
                    Dannosa a tale proposito la azione dei tanti colleghi eletti ai vari Parlamenti esistenti che, a fronte dei luculliani trattamenti goduti, fanno in realtà da freno ad ogni istanza che provenga dalla base della docenza, oltre a proporre interventi tutti e soltanto tesi a rafforzare la apicalità di una categoria più che a razionalizzare la architettura e la funzionalità del sistema università.
                     L’unico auspicio è un maggior interesse dei colleghi verso il loro “status” che potrebbe esplicitarsi in una più numerosa e reattiva adesione alle associazioni sindacali che li rappresentano.
                                                                                                                                    Vittorio Mangione


DELIBERA CONSILIARE SULLA QUESTIONE DEI CENTRI
                            A proposito delle revisioni dello Statuto

Dopo la illustrazione effettuata dal coordinatore Vittorio Mangione, in C. di A. ed in Senato Accademico, dell’operato del "Gruppo di Lavoro per effettuare una Indagine sui Centri della Università degli Studi di Parma", istituito con delibera del C. di A. n. 327/19452 del 14 - 12-93 e costituito dai prof. Innocente Franchini, Vittorio Mangione, Andrea Pochini, dalla dott. Silvana Ablondi e, fino al 2-1-96, dalla rag. Milla Bertani, segretaria la sig.a Daniela Turchi, mediante l’esame della Relazione conclusiva, il C. di A. ha provveduto ad approvare, alla unanimità, la delibera più sotto riportata.Si tratta di un primo contributo operativo per mettere ordine nel settore.
Il Senato Accademico Integrato,  invitato ad esaminare le proposte ed i problemi contenuti nella relazione depositata dal Gruppo di Lavoro oltre che le determinazioni assunte dal C. di A., non ha nemmeno preso in considerazione la questione. Di seguito le delibere del C. di A.

PROVVEDIMENTI CONSEGUENTI LA PRESA D’ATTO DELLA RELAZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO CHE HA EFFETTUATO L’INDAGINE SUI CENTRI DI QUESTA UNIVERSITA’.

Il Consiglio p r e m e s s o che con precedente deliberazione n. 327/18452 del 14.12.93 è stato nominato un gruppo di lavoro incaricato dell’esame preliminare della documentazione sui Centri e strutture assimilate esistenti presso questa Università, al fine di predisporre un fascicolo completo da sottoporre all’esame del Consiglio stesso per i provvedimenti di competenza;

che in data 30.4.96 il gruppo di lavoro precitato ha reso la relazione conclusiva;

che successivamente con delibera n. 349/21776 del 24.10.96 è stato preso atto della relazione conclusiva predisposta dal gruppo di lavoro ed è stato, tra l’altro, dato mandato al Rettore di segnalare al SAI i risultati ai quali è pervenuto il gruppo di lavoro per le valutazioni di competenza, ai fini della identificazione delle tipologie dei Centri da prevedere nello Statuto stesso;

richiamato il T.U. 1592/1933, il DPR 382/1980, il vigente Statuto di Ateneo, il Regolamento di Ateneo per l’amministrazione, la finanza e la contabilità approvato con DR n. 33 del 1° febbraio 1992, il Regolamento per la costituzione, il funzionamento e la gestione degli Istituti, approvato con DR n. 97 del 3.3.1986;

vista la relazione conclusiva del gruppo di lavoro precitato;

preso atto che nella normativa vigente i Centri si configurano come strutture non obbligatoriamente previste per il perseguimento dei fini istituzionali delle Università e che quindi la loro realizzazione è da ritenersi opportuna ed utile subordinatamente sia alla significatività degli obiettivi e delle attività rapportate al quadro delle finalità istituzionali dell’Università, che all’ammontare dei costi di gestione che si riflettono sull’Università;

ritenuto di affermare la opportunità che di norma le spese generali di gestione dei Centri debbano gravare sulle utenze; ritenuto di assumere alcuni provvedimenti relativi ai Centri, recependo le indicazioni fornite dal gruppo di lavoro, quali emergono dalla citata relazione;

d e l i b e r a

I. di individuare le seguenti tipologie dei Centri previste dalla vigente normativa, dallo Statuto e dai Regolamenti di questa Università:

A. Centri interuniversitari - di ricerca o di servizi - (Art. 91 DPR 382/1980 ; Regolamento di Ateneo Artt. 76, 77, 96). Tali Centri sono intesi, rispettivamente, quali strumenti di collaborazione scientifica tra docenti di Università diverse o sedi di servizi scientifici utilizzati da più Università;

B. Centri interdipartimentali di ricerca o di servizi (Art. 89, 90 DPR 382/1980 ; regolamento di Ateneo art. 76, 77, 94, 95). I Centri Interdipartimentali di ricerca svolgono attività di ricerca cui contribuiscono docenti di più Dipartimenti o Istituti. Sono utilizzabili in anni sabbatici. Possono essere a termine. I Centri interdipartimentali di servizi sono finalizzati alla gestione di apparecchiature complesse ed altri strumenti scientifici nell’ambito della sperimentazione organizzativa e didattica comune a più strutture di ricerca e di insegnamento, hanno lo scopo di potenziare l’organizzazione e migliorare il funzionamento dei Dipartimenti e degli Istituti, di sopperire alle esigenze scientifiche e didattiche mettendo le proprie attrezzature a disposizione di coloro che operano nell’ambito dei settori di ricerca interessati, di promuovere attività di studio e documentazione ed ogni altra attività connessa con le attrezzature in relazione ai fini dei Dipartimenti. Sono diretti di norma da tecnici laureati. I Dipartimenti interessati possono provvedere con il loro personale.

C. Centri di assistenza nella Facoltà di Medicina e Chirurgia. Sono strutture di tipo prevalentemente assistenziale, per le quali la denominazione di centro risulti attribuibile in quanto analoga a quella che caratterizza nel S.S.N. strutture che svolgono funzioni assistenziali dello stesso tipo, di norma prive di personale tecnico amministrativo universitario proprio, parte di Istituti o sezioni, di norma rientranti nei protocolli di intesa con l’Azienda Ospedaliera. All’interno di esse il personale docente e ricercatore può attuare anche momenti di ricerca.

D. Centri didattico-amministrativi. Sono strutture che presentano l’impiego di consistenti quantità di personale tecnico-amministrativo e che operano nel settore didattico di Facoltà, corsi di laurea e diplomi, espletando attività del tutto istituzionali o ad esse di diretto supporto, fornendo servizi più o meno specialistici sia a strutture amministrative che a Dipartimenti o Facoltà.

II. di stabilire che di norma le spese generali di gestione dei Centri debbano gravare sulle utenze ;

III. di stabilire, che l’iter procedurale per la istituzione di un centro rientrante fra le tipologie precitate debba comprendere la proposta formulata da un Consiglio di Istituto o Dipartimento, le delibere dei Consigli di Facoltà interessati, la delibera del Consiglio di Amministrazione, che ne definirà anche le modalità gestionali. La delibera del Senato Accademico verrà assunta solo nei casi previsti dalla vigente normativa. Ogni Centro, di norma, deve avere il proprio regolamento di funzionamento nel quale, oltre le finalità del Centro, verranno enunciati gli organi direttivi, loro funzioni, composizione, elezione o nomina, scadenza, regime contabile, strutture afferenti, criteri per la stima dei servizi resi alle utenze interne o tariffari per le utenze esterne.;

IV. di stabilire che i Centri di assistenza nella Facoltà di Medicina e Chirurgia, di norma senza dotazione diretta o assegnazione di personale tecnico-amministrativo o paramedico proprio, debbano afferire ad una struttura istituzionale (Dipartimento o Istituto), ed avere un coordinatore nominato dal Rettore su proposta del Consiglio di Dipartimento o di Istituto; la preponderante parte assistenziale e le spese di gestione debbono di norma essere a carico dell’Azienda Ospedaliera ; a regime, la terminologia di Centro di assistenza è da prevedersi solo per le strutture di tale tipo rientranti in protocolli di intesa con l’Azienda Ospedaliera o con la Regione Emilia-Romagna ;

V. di istituire gli elenchi ufficiali dei Centri secondo le tipologie di cui al punto 1., nei quali vanno inseriti tutti quelli esistenti presso questo Ateneo, purchè riconducibili ad una delle tipologie esposte, e di fare riferimento, in prima applicazione, agli elenchi 1, 2, 3, 6, 7 di cui alla relazione in epigrafe. Le altre strutture, ancorché denominate Centri, entro il mese di ottobre del corrente anno, dovranno afferire a Dipartimenti o Istituti dai quali verranno gestite contabilmente ed amministrativamente a far tempo dal 1° gennaio 1998; entro la medesima data andrà fatta al Rettore esplicita proposta motivata per l’eventuale mantenimento della denominazione di Centro per quelle, fra tali strutture, per le quali un cambiamento di denominazione fosse da ritenersi pregiudizievole alle finalità stesse della struttura. Tali strutture verranno inserite in apposita Appendice all’elenco 1.

VI. di stabilire l’obbligo della relazione annuale sull’attività dei Centri che fruiscono a qualsiasi titolo di dotazione di mezzi, di spazi o di personale a carico del bilancio universitario, riservandosi ogni intervento necessario sulla gestione dei Centri stessi sia per garantirne la funzionalità che per ricondurne la gestione entro le linee stabilite dal Consiglio di Amministrazione stesso; A. di stabilire per ognuno di tali Centri l’obbligo della tenuta di un conto economico relativo alle spese di gestione, a cura........, da allegarsi al bilancio consuntivo annuale ; B. di stabilire che il Consiglio di Amministrazione provveda annualmente a fissare per ognuno di tali Centri, tenuto presente l’obiettivo di cui al punto 2, un "tetto massimo di spesa, a carico dell’Università, ammissibile per la gestione del Centro", costituente la "dotazione" del Centro ;

VII. di dar mandato al Rettore di richiedere al Consiglio della Facoltà di Medicina e Chirurgia l’assunzione di un analitico atto di ricognizione dei Centri per l’assistenza esistenti presso la Facoltà;

VIII. di stabilire che nel bilancio di previsione 1998 non dovranno essere inseriti negli elenchi dei Centri per i quali vengono attribuite dotazioni a carico del bilancio generale di Ateneo, altre strutture non rientranti nelle tipologie precitate, pur riservandosi l’attribuzione di risorse a seguito della loro trasformazione ed afferenza ad altre strutture come previsto dal punto 5.; A. di stabilire che non rientrano in alcuna delle tipologia individuate e che non vanno compresi in alcun elenco di Centri dell’Ateneo, le seguenti strutture e denominazioni : ·

Centro di Sperimentazione e documentazione dei mezzi didattici della matematica ·

Centro Geofisico ·

Centro Interdipartimentale per la ricerca didattica ·

Centro Studi Medioevali ·

Centro Studi Rinascimentali ·

Centro Studi e Ricerca Amministrazione Universitaria

IX. di invitare Facoltà e Dipartimenti a regolarizzare gli iter costitutivi dei Centri esistenti e rientranti negli elenchi ufficiali di cui al punto 5, carenti di documentazione come previsto dal precitato punto 3;

X. di riservarsi ulteriori provvedimenti non appena approvato il nuovo Statuto di Ateneo.



 

L'ESERCITO DEGLI AMBASCIATORI A DIFESA ….. DELLA

CULTURA

L'ex rettore dell'Università di Modena e Reggio, mentre era in carica, è stato nominato "cadetto ad honorem" dell'Accademia Militare di Modena; all'ex comandante Generale dell'Accademia Militare di Modena è stata assegnata, mentre era in carica, la laurea "ad honorem" in giurisprudenza.

Le Università di Modena e di Torino, tramite le Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze politiche, hanno istituito il Diploma e la Laurea in Scienze strategiche; la Accademia di Modena iscrive i propri cadetti, con fondi dello Stato, cosi' come con i medesimi fondi li stipendia, oltre a mantenerli, per tutto il periodo di permanenza all'accademia, alla Università di Modena; ai medesimi, ad esclusione dei pochi che seguono i bienni propedeutici di corsi tipo Ingegneria o Medicina o Veterinaria (guarda caso…!), a fine accademia oltre ad essere garantita la carriera militare, è di fatto fornita la laurea in Scienze strategiche (di primo livello a Modena, come ovvia estensione del sopra citato Diploma, la successiva a Torino). Può essere interessante constatare che i primi laureati in tale qualificato corso di Laurea si sono avuti nel momento medesimo della istituzione della prestigiosa laurea: il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, l'Ispettore delle Scuole dell'Esercito. A ruota, in una sorta di riconoscimento generalizzato a posteriori, sembra che tale laurea sia in corso di assegnazione (d'ufficio?) a molti ufficiali in ruolo effettivo da un certo grado in poi (in virtù della citata 464/97, che di fatto riconosce la possibilità di dare titoli di studio del tipo laurea a chi, nelle forze armate, abbia (non si capisce con il parere di chi) un curriculum di "fatto" simile ai contenuti previsto dai piani di studio di questi nuovi corsi di laurea!). E pensare che in questo Paese si disturba il Parlamento per dare la Laurea postuma ad un qualche studente che abbia sostenuto tutti gli esami del proprio regolare corso di laurea!!!!!

In simultanea l'Accademia Navale di Livorno, tramite la Facoltà di scienze politiche della Università di Firenze, cerca di ottenere un nuovo indirizzo di laurea in Scienze politiche, Scienze politiche ad indirizzo tecnologico, riservato ai cadetti della accademia citata: è indubbio che nonostante un primo parere negativo del C.U.N. il tutto giungerà a buon fine.

Per la Guardia di Finanza, per non essere da meno, la Università dell'Aquila ha realizzato, per ora, un Diploma in Scienze dell'Investigazione.

Come puntualmente previsto, al C.U.N. è pervenuta la richiesta di equipollenza della laurea in scienze strategiche con le "lauree che consentono l'accesso a concorsi per la Guardia di Finanza": il C.U.N. si è limitato a dichiarare "irricevibile" la questione visto, fra l'altro, che al C.U.N. mai giunse richiesta di parere per la istituzione medesima della laurea citata e che al medesimo non sono note le lauree a cui la domanda faceva riferimento.

Questi i fatti.

E' evidente il disegno generale innescato, impropriamente a mio avviso, dalla possibilità ed opportunità che la legge (D.L. n. 464/97) riconosce alla creazione di protocolli di intesa fra Accademie militari ed Università (e che in ogni caso per la applicazione avrebbe dovuto attendere un decreto ministeriale non ancora realizzato), anche se risulta singolare che tali inputs con le conseguenti, a volte bizzarre, determinazioni, prendano corpo proprio ora che l'esercito intende configurarsi, a detta di vari generali comandanti dell'Accademia Militare di Modena, come corpo di "ambasciatori di pace", oltre che tendere a divenire un corpo, come è nelle determinazioni ufficiali di Esecutivo e Parlamento, di professionisti; strano che il prurito per dotare a tutti i costi di una laurea ufficiali e sottufficiali e, guarda caso, con un "Scienze" davanti, si intensifichi alla vigilia di eventi di tale tipo e quando è posto in discussione, stante le rivoluzioni in atto, il valore legale stesso dei preesistenti e sperimentati titoli di studio.

Non possono non sorgere svariati ed inquietanti interrogativi.

Sembra anzitutto evincibile che con tali scelte di campo ("ambasciatori di pace" -non sostitutivi, però, dei tradizionali "alti personaggi" della Farnesina - al 90% "laureati" in corsi di laurea afferenti a Giurisprudenza o a Scienze politiche) le forze armate italiane nel volgere di non molti anni dovranno ricorrere, per le competenze tecnico-scientifiche che attualmente caratterizzano, e che sempre più caratterizzaranno, l'uso degli apparati militari, a personale adeguatamente istruito ed evidentemente di provenienza non militare! Curioso un esercito che possa dare l'idea di un struttura che si prefigura "non autosufficiente" nella utilizzazione strategica ed operativa dei suoi apparati più sofisticati; ma tant'è, visto che si sente declamare che "non deve essere compito degli ufficiali quello di decifrare ed applicare le istruzioni dei manuali" e che non

risulta, però, che almeno la redazione di quei manuali sia effettuata dagli ufficiali medesimi!

Potrebbe però osservarsi che tali operazioni conducono, finalmente, ad un risparmio per lo Stato: le strutture universitarie esistono già, tanto vale usarle per le Forze Armate; non è così, perché la Accademia di Modena dirotta alla Università di Modena-Reggio lo stanziamento che utilizzava per pagare i corsi universitari (incarichi) che prima si svolgevano presso la Scuola d'Armi dell'Accademia; i corsi medesimi, ora sotto la nuova egida e con buona pace per la gloriosa Scuola d'Armi dell'Accademia, sono ancora effettuati (come supplenze bandite dalla Università di MO-RE) all'interno dell'Accademia ad uso esclusivo, oltre che a "conformazione" esclusiva, dei cadetti.

L'operazione, quindi, si trasforma in un finanziamento, perlomeno anomalo, delle Università che promuovono tali iniziative, oltre che nella possibile creazione di vie privilegiate a titoli dai contenuti e di utilità problematici. Il finanziamento è poi certo e continuativo! Inutile dire che le percentuali di abbandoni degli studi (circa lo 0%) e del "buon esito" (circa il 100 dei medesimi in tali contesti sono cose da altre galassie rispetto al 70% di abbandoni che caratterizza la vita universitaria degli studenti che vivono nell'universo usuale: l'organico degli ufficiali delle varie armi e forze deve pur essere in qualche modo garantito ….!

E allora sorge l'inquietante interrogativo del trattamento omogeneo fra studenti iscritti alle istituzioni universitarie della Repubblica! Tali istituzioni esistono da tempo; alcune sono più che millenarie; negli ultimi tempi le tipologie dei corsi ufficiali sono andate moltiplicandosi oltre ogni ragionevole limite; possibile che questa enorme varietà di offerta non potesse essere utilizzata adeguatamente anche dai cadetti delle accademie? Possibile che per loro debbano crearsi ad hoc? Perché proprio per loro oltre alla carriera, la preparazione alla medesima pagata, gli studi fatti in Accademia pagati, deve garantirsi a tutti i costi anche un titolo legale anomalo rispetto ai preesistenti a disposizione dei normali cittadini (e che non garantisce nessun impiego e tantomeno nessuna carriera semiautomatica)? La particolarità degli studi effettuati non rientra forse di già nella qualifica di "ufficiali" effettivi delle varie armi che ai cadetti è garantita, con la conseguente carriera (sottotenenti, tenenti, tenenti capitani, tenenti maggiori, tenenti colonnelli, colonnelli, generali ad una, due, tre stelle), in parte automatica, alla fine dei corsi delle Accademie militari?

Un altro interrogativo meno peregrino di quanto si possa a prima vista ritenere(basta fare un poco di conti specie con riferimento ad Università non grandissime), nasce dall'inquinamento che un elevato numero di lauree quasi certe per la totalità degli iscritti (siamo, appunto, in un'altra galassia) inducono nei dati statistici tanto cari alle attuali gestioni ministeriali, in virtù dei quali si bacchettano o si premiano i comportamenti virtuosi anche delle istituzioni: fatta la legge, trovato l'inganno ?

Per i corsi di laurea istituiti, grazie alle ben note sanatorie relative anche a eventuali schizofrenie realizzate in varie università l'anno passato, non è stato nemmeno richiesto il parere del C.U.N. Meglio così, poiché per i diplomi accesi per i quali il C.U.N. ha dato un parere non contrario a priori ma con una rilevante sequela di condizioni, le condizioni poste al parere favorevole alla sperimentazione sono state sistematicamente ignorate e non poste in atto.

Resta il rilevante problema dell'avere tacitamente elevato a livello universitario svariate materie militari, non si sa a quali raggruppamenti afferenti e non si sa da che referee giudicabili. Interverranno i soliti autoreferee interni con le "promozioni" sic et simpliciter di vari ufficiali a "professori universitari": due piccioni con una fava, splendido! Non per nulla ci sono alti ufficiali che fra una onorificenza e l'altra vanno gloriandosi di avere finalmente elevato al rango di "professori" universitari i propri ufficiali.

Probabilmente scelte di tale tipo andrebbero meglio ponderate ed, in ogni caso, effettuate da un organo adeguato e non lasciate ai vivaci stimoli indotti dalla recente sindrome neopseudoautonomistica disordinatamente diffusa da illuminate quanto confuse iniziative ministeriali, tradotti in termini operativi, si fa per dire, grazie all'improvvisato dirigenzialismo di tanti rettori oltre che dalla repentina vocazione liberista degli attuali gestori del Paese.

Tutto ciò, ovviamente, nulla ha a che vedere sul poco dignitoso trattamento economico in atto per buona parte delle Forze armate; anzi, una infelice leggina ha accomunato, quando la onnipotente dirigenza pubblica non era contrattualizzata, parte delle Forze armate con la docenza universitaria nella non fruizione di trattamenti riservati a tale dirigenza. L'inusuale legame di militari e docenza universitaria si è perpetuato, fra l'altro, con il mantenimento delle due categorie al di fuori anche di una modesta parte degli esagerati, e non noti ai più, trattamenti economici consentiti dal Governo per la dirigenza (recentemente corroborati da un aumento del 30%).

Viene proprio da chiedersi se non si sia inteso sanare un inadeguato trattamento economico con l'eventuale rilascio di nuovi e fantasiosi titoli di studio e se non sia da formulare un sentito ringraziamento alle Facoltà di Giurisprudenza e Scienze politiche per i fattivi interventi tramite i quali consentire alle contenuti e articolazioni coerenti anche ad eventuali nuovi corsi di laurea. Questi ultimi, se istituiti (sembra abbondino neo "scienze strategiche" nei formulandi "Decreti d'Area"), non devono rischiare di divenire titoli di fatto ghettizzanti o dai contenuti sfuggenti capaci di mettere di buon umore chiunque dei medesimi senta parlare, o titoli "by pass" usati per consentire, di fatto, agli stessi la valenza di altri in virtù di premeditate equipollenze fra titoli, punitive per chi con fatica ha ottenuto per via diretta i titoli "di arrivo".

                                                                                                                                     Vittorio Mangione
                                                                                                                                     Consigliere C.U.N.

ALCUNI AGGIORNAMENTI A PROPOSITO

OSSERVAZIONE A PROPOSITO DELLE NOTIZIE RELATIVE ALLE INIZIATIVE GOVERNATIVE IN MATERIA DI FORZE ARMATE.

FRA LE CLASSI NON INVIATE ALL'ATTENZIONE DEL C.U.N., OLTRE AD ALCUNE CLASSI INTERESSANTI IL SETTORE SANITARIO, VE NE SONO PREANNUNCIATE BEN 5 DENOMINATE SCIENZE STRATEGICHE, NON ANCORA PROPOSTE FORMALMENTE IN QUANTO "IN ATTESA DI ACCORDI CON ALTRI MINISTERI"!!!!(Due sarebbero relative alle materie Socio-economiche, le altre tre a materie pseudoingegneristiche!!!!).

IL C.U.N. HA RITENUTO DI RECEPIRE ALCUNE DELLE PREOCCUPAZIONE DA ME ESPRESSE ED A VOI GIA' COMUNICATE IN PRECEDENZA SDU TALE QUESTIONE. NEL TESTO DEL DOCUMENTO CHE SEGUE PIU' AVANTI ,IN BEN DUE PUNTI SI FA RIFERIMENTO AL PROBLEMA.

A COMPLETAMENTO DEI TRISTISSIMI EVENTI A CUI MI RIFERISCO, VI COMUNICO FORMALMENTE CHE QUALUNQUE UFFICIALE DI CARRIERA (QUINDI USCITO DA UNA ACCADEMIA) CHE LOI RITENESSE, CON LA MODICA SPESA DI L. 500.000 PUO' CHIEDERE GLI VENGA RILASCIATA LA ATTUALMENTE UNICA LAUREA IN SCIENZE STRATEGICHE ESISTENTE (UNIVERSITA' DI TORINO, FACOLTA' DI SCIENZE POLITICHE

LA LEGGINA (464/97) CHE IN MODO A MIO AVVISO IMPROPRIO CONSENTE CIO' (MANCA LA DECRETAZIONE DEL MINISTRO CHE LA LEGGE RICHIEDEVA

MA QUESTO CORSO FANTASMA A TORINO E' GIA' OPERATIVO NEL RILASCIARE TITOLI A DESTRA E A MANCA, DI FATTO CONSENTE; CON RIFERIMENTO AGLI UFFICIALI DELLE FORZE ARMATE, IL RILASCIO DEL TITOLO SE LA CARRIERA; LA PROFESSIONALITA' ETC: dell'UFFICIALE POSSA RITENERSI ABBIAI CONTENUTI DI FATTO ASSIMILABILI A QUELLI CHE SI OTTERREBBERO SEGUENDO I CORSI; ANCORA INESISTENTI, DI TALE CORSO DI LAUREA.

PENSO DI NON DOVERE AGGIUNGERE ALTRO: argomentazioni di tale tipo in un qualunque altro settore porterebbero a probabili denunce per manifesta follia..

IL CONTESTO DEL RAPPORTO FRA UNIVERSITA' E FORMAZIONE VIENE SCONVOLTO: NON È PIÙ GRAZIE A CORSI UNIVERSITARI CHE SI PERVIENE AD UNA EVENTUALE POSSIBILE PROFESSIONALITÀ, MA VICEVERSA LA LAUREA È VISTA COME MEDAGLIA DFI RICONOSCIMENTO AD ESPERIENZE ACQUISITE.

SERI I DUBBI DI INCOSTITUZIONALITA' PER QUANTO LA LEGGE CONSENTE: NON SI VEDE, INFATTI, PER QUALE MOTIVIO SOLO AI MILITARI SAREBBE POSSIBILE FARE CIO' E NON AD UN QUALSIASI CITTADINIO CHE, IN QUALUNQUE SETTORE, ABBIA MATURATO ESPERIENZE E PROFESSIONALITA' E QUALCHE ESAMUCCIO QUI E LI', GLOBALMENTE RITENUTE DA QUALCHE ORGANISMO APERTO AL NUOVO (FORSE LE FACOLTA' DI SCIENZE POLITICHE DELLA REPUBBLICA?) ADEGUATE AD OTTENERE UN QUALCHE TITOLO FRA GLI ESISTENTI (E SE NON ESISTONO SI INVENTANO AD HOC).

UNA ULTIMA CONSIDERAZIONE: CON L'AVVENTO DEI CREDITI E VISTO CHE LE ACCADEMIE MILITARI SORTISCONO L'EFFETTO DI FORMARE UFFICIALI CHE ENTRANO IN UNA CARRIERA PERMANENTE ED EFFETTIVA, CON VARI GRADI, PASSAGGI e COMPAGNIA BELLA, PER QUALE MOTIVO NON SI E' RITENUTO DI RICONOSCERE CON GLI OPPORTUNI CREDITI TUTTI GLI EVENTUALI ESAMI DI LIVELLO UNIVERSITARIO SOSTENUTI E INVITARE GLI ALLIEVI A PROSEGUIRE DOVE Lo RITENESSERO OPPORTUNO I PROPRI STUDI?? NON E' GIA' STATO RAGGIUNTO L'EFFETTO "SECONDARIO" GARANTITO DALLE MATERIE MILITARI DI GARANTIRE, APPUNTO, UNA CARRIERA MILITARE ASSICURATA NELLE SUE GRANDI LINEE??

PER FINIRE, IL SOTTOSEGRETARIO GUERZONI, EVIDENTEMENTE ASSAI AFFEZIONATO ALLA SOLUZIONE PROPOSTA DAL MINISTERO ED ANCORA IN ITINERE SOLO PER BEN COMPRENSIBILI DISACCORDI INTERNI ALLE FORZE ARMATE (così come il citato ha comunicato al C.U.N.), AD UNA MIA ESPLICITA DOMANDA CON LA QUALE CHIEDEVO, VISTA LA INELUTTABILTA' CON LA QUALE MINISTRO E SOTTOSEGRETARIO COMUNICAVANO NOMI DI CLASSI PER NOI ASSOLUTAMENTE PRIVE DI UN QUALCHE RIFERIMENTO INTRODOTTE PER FINALITA' DI CUI ALLA LEGGE 464/97, SE LE ISTANZE DI CUI ALLA LEGGE POTESSERO ESSERE RAPPRESENTATE E CONCRETIZZATE IN INTERVENTI DI TIPOLOGIA DEL TUTTO DIFFERENTE DA QUELLA PROPOSTA ED INOPINATAMENTE IN QUALCHE MODO GIA' ANTICIPATA NON STANTE LA MANCANZA DI DECRETAZIONE, HA RISPOSTO SENZA ALCUNA ESITAZIONE DI SI'. Se ne deduce che per fatti politici, e non scientifico- didattici, le proposte sono quelle che in qualche modo vi ho illustrato.
            All'ultimo momento (Marzo 2001) le cinque classi sono diventate ... una ed il nome è divenuto "Classe della Scienze della  Difesa e della Sicurezza". Il pateracchio è così completo (la classe contiene di tutto!!!) e di fatto si è creata un uninersità dentro la universtà e a costi assai elevati. Probabilmente, visto l'anno in meno per il periodo pre universitario e l'anno in meno per ottenere una Laure, le varie Armi avrebbero potuto fare il reclutamento dei volontari fra ... i laureati, evitando al Paese mostruosità tipo quella che sta nascendo. Ovviamete a nulla è valso il parere, assai critico, del CUN: si tratta di cose concertate fra due ministeri e quindi, in un Paese democratico come il nostro e a pochi giorni dalle elezioni, blindate.

Alla luce di tutto ciò sembra alquanto patetico che il nuovo Capo di Stato maggiore dell'esercito citi, fra i propri titoli, la laurea in ..... Scienze strategiche!
                                                               Vittorio Mangione